Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18925 del 26/09/2016
Cassazione civile sez. VI, 26/09/2016, (ud. 22/06/2016, dep. 26/09/2016), n.18925
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4852/2015 proposto da:
AGENZIA DELLE EMTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
DOLCI TENTAZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Via VITO GIUSEPPE GALATI
100-C, presso lo studio dell’avvocato ENZO GIARDIELLO, rappresentato
e difeso dall’avvocato GIOVANNI ANTONIO CILLO, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7950/4/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della CAMPANIA – SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata
i123/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
22/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a due motivi, nei confronti della Dolci tentazioni s.r.l., che resiste con controricorso, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania – sezione distaccata di Salerno, in accoglimento dell’appello proposto dalla contribuente, ha riformato la decisione di primo grado, annullando la cartella di pagamento, portante IRES per l’anno (OMISSIS) ed emessa del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis.
In particolare, il Giudice di appello ha ritenuto che, nel caso in esame, avendo l’Ufficio disconosciuto con la cartella impugnata, il credito di imposta della L. n. 388 del 2000, ex art. 7, comma 10, non ricorrevano i presupposti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, per l’emissione della cartella ma si sarebbe dovuto emettere un motivato avviso di accertamento, viceversa omesso.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 112 c.p.c., laddove la Commissione regionale aveva pronunciato ultrapetita, dato che la ricorrente, sia nel ricorso introduttivo che nel giudizio di appello, non aveva mai contestato l’iscrizione a ruolo ma, unicamente, l’illegittimità della cartella emessa senza che fosse stato notificato l’avviso bonario.
1.1. La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza laddove, ed anche a fronte delle specifiche contestazioni svolte in controricorso, la ricorrente non riproduce, neppure per stralci idonei allo scopo (nè tantomeno allega), il ricorso introduttivo nè l’atto di appello proposti dalla contribuente.
2. Con il secondo motivo – rubricato: violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt.36 bis e 54 bis – la ricorrente deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la C.T.R. perchè, nella specie, non era stato disconosciuto alcun credito di imposta, come affermato dal Giudice di merito, ma la cartella impugnata derivava da un mero controllo formale automatizzato che aveva evidenziato la mancata compilazione del quadro RU (e, quindi, il mancato riporto del credito compensato).
2.1. La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza. Invero, a fronte dell’accertamento compiuto dal Giudice di merito (il quale ha ritenuto che, con la cartella impugnata, l’Ufficio avesse provveduto a disconoscere la sussistenza dei presupposti per godere del beneficio fiscale), la circostanza dedotta in ricorso, secondo cui, nella specie, non sarebbe stato effettuato alcun controllo sostanziale ma un mero controllo cartolare automatizzato (che avrebbe rilevato una indebita compensazione effettuata con un credito non risultante, per la mancata compilazione del quadro RU, nè nella dichiarazione liquidata nè in quelle precedenti) rimane mera affermazione, non avendo la ricorrente indicato quando e come tale fatto abbia fatto rituale ingresso in processo.
3. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna dell’Agenzia delle Entrate, soccombente, al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione in favore della controricorrente delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 4.000,00 oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016