Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18925 del 15/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 15/07/2019), n.18925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11193-2016 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

VINCENZO RICCARDI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli

avvocati LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO

PREDEN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7060/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DORONZO

ADRIANA.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza pubblicata in data 16/11/2015, ha rigettato l’appello proposto da F.C. contro la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, che aveva rigettato la domanda proposta dall’appellante volta ad ottenere il riconoscimento del beneficio contributivo previsto L. n. 257 del 1992, ex art. 13 per l’esposizione all’amianto nel periodo dedotto in causa, in qualità di dipendente della De Simone S.r.l.;

la Corte territoriale ha confermato la decisione del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto la decadenza del ricorrente dal diritto al beneficio contributivo, rilevando che l’istanza amministrativa era stata presentata in data 25/6/2002 ed il ricorso giudiziario era stato presentato il 24/9/2010, oltre il termine dei tre anni e 300 giorni previsti per legge;

contro la sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione formulando tre motivi, cui ha resistito con controricorso l’Inps;

la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RILEVATO

che:

in via preliminare, deve dichiararsi la inammissibilità della memoria del ricorrente ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e) convertito con modificazioni nella L. 25 ottobre 2016, n. 197), pervenuta per mezzo del servizio postale in data 6 marzo 2019, e dunque oltre il termine di cinque giorni prima dell’adunanza: al fine di valutarne la tempestività, invero, rileva la data della sua ricezione da parte della cancelleria, e non quella della spedizione, non essendo applicabile analogicamente l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, il quale consente di dare per avvenuto il deposito nel giorno della spedizione esclusivamente con riferimento al ricorso ed al controricorso (Cass. 27/11/2018, n. 30592, ed ivi ulteriori richiami);

i motivi di ricorso prospettati sono tre:

violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

violazione o falsa applicazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

violazione o falsa applicazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo del mancato accertamento della esposizione decennale;

con il primo motivo, in estrema sintesi, la parte propugna un’interpretazione del citato D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, alla luce della sentenza di questa Corte Sez. Un. 12718 e 12720 del 12/5/2009 e della norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. 29 marzo 1991, n. 103 convertito in L. 1 giugno 1991, n. 166, art. 6, nel senso che la estinzione del diritto per l’intervenuta decadenza può al più riguardare il diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali, non anche il diritto a pensione che invece è imprescrittibile e non suscettibile di decadenza; sollecita al riguardo un intervento delle sezioni unite di questa Corte per dirimere il contrasto sorto tra le citate sentenze delle Sezioni unite del 2009 e le successive sentenze n. 7934/2014 e 8926/2011;

con il secondo ed il terzo motivo denuncia l’omesso esame da parte della Corte territoriale del merito della controversia, ribadendo la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del suo diritto alla rivalutazione contributiva, ossia l’esposizione all’amianto per un periodo ultradecennale e il superamento del valore soglia;

il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, perchè il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa;

questa Corte, decidendo numerose analoghe controversie (cfr., in particolare, Cass., ord., 27 aprile 2016, n. 8307; Cass., ord., 30 giugno 2015, n. 13398; Cass., ord. 4 aprile 2014, n. 7934, con ampi richiami; da ultimo, Cass. 17/7/2018, n. 19029; e Cass. 28/11/2018, n. 30829), ha affermato il principio in forza del quale la decadenza dall’azione giudiziaria, prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992), trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione;

va pure ricordato il costante orientamento di questa Corte (v. Cass. ord. n. 8657/2017; Cass. 29/02/2016, n. 3990; Cass.19/3/2014, n. 6331; Cass. 09/09/2011, n. 18528), secondo cui la decadenza dall’esercizio dell’azione giudiziaria, prevista dal D.P.R. n. 639, del 1970, art. 47 come modificato dal D.L. n. 284 del 1992, art. 4, conv. in L. n. 438 del 1992, è un istituto di ordine pubblico dettato a protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici, ed è pertanto rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato, nella specie peraltro non verificatosi; inoltre, è consolidato l’orientamento secondo cui, in caso di domanda giudiziale intesa ad ottenere la rivalutazione per esposizione all’amianto, non può trovare applicazione la disciplina della decadenza c.d. mobile (o per ciascun rateo), atteso che in tale tipo di controversia non si tratta di rivalutare l’ammontare di singoli ratei, bensì i contributi previdenziali necessari calcolare la pensione originaria (cfr. Cass. 19/5/2008, n. 12685; Cass. 29/3/2011, n. 7138; Cass. 31/5/2011, n. 12052, Cass. 19/4/2011, n. 8926; 24/4/ 2012, n. 6382; Cass. n. 30829/2018, cit.);

i suddetti benefici aggiuntivi, richiesti in via amministrativa, vanno cosi rivendicati giudizialmente entro un termine del tutto ragionevole, senza che, in caso di inutile decorso del termine, possa dirsi lesa l’effettività del diritto (nel suo nucleo sostanziale) riconosciutogli all’art. 38 Cost. (Cass. 12/12/2017, n. 29819, ed ivi ampi richiami di giurisprudenza); anche la questione di legittimità costituzionale è stata da questa Corte più volte ritenuta manifestamente infondata: al riguardo si richiama da ultimo Cass. 10/11/2016, n. 22948 (che richiama a sua volta Cass. n. 6382/2012), dalle cui motivazioni non vi è ora ragione di discostarsi in quanto le ragioni esposte nel ricorso sono sorrette da argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte e non appaiono comunque di tale evidenza e gravità da esonerare la Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti (vedi pure Cass. n. 3029/2016; 19699/2015);

per le stesse ragioni, non sussistono i presupposti per una rimessione della causa alle Sezioni unite di questa Corte;

l’inammissibilità del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento delle altre censure, le quali riguardano il merito della pretesa avanzata; il ricorso pertanto non può essere accolto;

nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato avendo il ricorrente reso l’autodichiarazione prevista dall’art. 152 disp.att. c.p.c., debitamente trascritta in ricorso;

sussistono le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore somma pari a quella già versata per il contributo unificato, essendo stato il ricorso per cassazione notificato in data successiva al 30 gennaio 2013.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2019

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