Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18925 del 05/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 05/07/2021), n.18925

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1447-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UBI LEASING SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, V. NEMORENSE 100,

presso lo studio dell’avvocato CRISTINA GOTTI PORCINARI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5740/2016 della COMM.TRIB.REG. LAZIO,

depositata il 04/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 5740/2016, depositata il 4 ottobre 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello di Ubi Leasing S.p.a., Gruppo Ubi Banca, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che, suo conto, aveva parzialmente accolto l’impugnazione proposta dalla contribuente avverso avviso di liquidazione col quale l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato, ai fini delle imposte ipotecaria e catastale, il valore di mercato di un complesso immobiliare oggetto di compravendita registrata in data 15 luglio 2010;

1.1 – il giudice del gravame, per quel che qui rileva, ha ritenuto che:

– la rettifica di valore era stata operata dall’Agenzia al di fuori dei limiti posti dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51;

– difatti, nell’avviso di liquidazione non v’era “se non una generica traccia degli elementi utilizzati dall’Ufficio per la nuova determinazione della rendita, ma non è dato rinvenire una valutazione delle caratteristiche oggettive estrinseche ed intrinseche dell’immobile nè riferimento a beni similari.”, laddove una “stima diretta analitica dell’immobile” emergeva dalla perizia di parte prodotta dalla contribuente;

– lo stesso riferimento ai valori OMI non rivestiva maggior concludenza trattandosi di valori “di “larga massima”” che non integravano “elementi oggettivi di valutazione”;

2. – l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi;

– Ubi Leasing S.p.a., Gruppo Ubi Banca, resiste con controricorso ed ha depositato istanza di acquisizione del fascicolo di ufficio dei gradi di merito, illustrata da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle Entrate denuncia nullità della gravata sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 14 e 53, e dell’art. 331 c.p.c., assumendo, in sintesi, che il definito gravame era stato promosso dalla contribuente con atto notificato solo ad essa esponente, non anche a MPS Leasing & Factoring S.p.a., condebitore solidale delle imposte in quanto acquirente del complesso immobiliare, con Ubi Leasing S.p.a., Gruppo Ubi Banca, in forza del medesimo contratto di compravendita, – il cui ricorso, peraltro, era stato definito, previa riunione, dalla medesima pronuncia del giudice di primo grado;

– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, espone anch’esso la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., oltrechè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18, 36 e 61, deducendo la ricorrente che il giudice del gravame aveva “completamente equivocato l’oggetto del giudizio”, – così come desumibile dal proposto ricorso e dalle ragioni poste a fondamento dell’atto impositivo, – nei riferimenti operati alla rendita catastale, ed ai sottesi criteri di determinazione, laddove, nella fattispecie, veniva in rilievo (solo) “un provvedimento di rettifica delle imposte ipocatastali dovute in relazione ad un trasferimento immobiliare… basato sui poteri accertativi di cui ai richiamati del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52”;

– col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, al D.Lgs. n. 347 del 2000, art. 13, al R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10, alla L. n. 241 del 1990, art. 3, ed alla L. n. 212 del 2000, art. 7, deducendo, in sintesi, che la gravata sentenza aveva risolto la lite contestata facendo applicazione di criteri di valutazione, – quelli inerenti, in particolare, la determinazione della rendita catastale, – estranei alla fattispecie costitutiva del potere impositivo esercitato (fondato, in quanto tale, sull’accertamento del valore venale in comune commercio del complesso immobiliare compravenduto), così cadendo in error iuris, al cospetto delle stesse deduzioni difensive da essa esponente svolte, laddove alle valutazioni OMI si era inteso attribuire un valore di mera conferma della correttezza dell’accertamento, – dietro attribuzione di un rilievo dirimente alla stima dell’immobile (diversamente rilevante solo sul piano dell’attribuzione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale);

2. – il primo motivo è destituito di fondamento;

2.1 – come reiteratamente ribadito dalla Corte, con riferimento alle obbligazioni solidali tributarie (qui rilevando il disposto di cui al D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 11), – obbligazioni la cui regolamentazione va tratta, in linea di principio, dalla disciplina delle obbligazioni solidali di diritto comune (v. già Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053), – alla solidarietà passiva di imposta si correla un litisconsorzio meramente facoltativo (v., in motivazione, Cass., Sez. U., 18 gennaio 2007, n. 1052 cui adde Cass., 14 aprile 2020, n. 7792; Cass., 27 marzo 2017, n. 7840; v. altresì, ex plurimis, Cass., 24 gennaio 2018, n. 1698; Cass., 12 novembre 2014, n. 24098);

– la Corte ha avuto modo di precisare, altresì, che la disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, – alla cui stregua “Il ricorso in appello è proposto… nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado”, – non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili (Cass., 27 ottobre 2017, n. 25588; Cass., 18 settembre 2015, n. 18361; Cass., 12 novembre 2014, n. 24083; Cass., 3 gennaio 2014, n. 45), categoria, la seconda, cui deve ascriversi il litisconsorzio facoltativo correlato alla solidarietà passiva (v. Cass., 18 settembre 2015, n. 18361; v. altresì, nella giurisprudenza civile della Corte, Cass., 12 febbraio 2016, n. 2854; Cass., 30 agosto 2011, 17795; Cass., 30 maggio 2008, n. 14469; Cass., 21 novembre 2006, n. 24680);

2.2 – nella fattispecie, – connotata dalla riunione, nel primo grado del giudizio, dei ricorsi separatamente (pendenti e) proposti dai condebitori solidali delle imposte in contestazione, – in difetto dei presupposti di applicabilità dell’art. 331 c.p.c., – e, dunque, dell’ordine di integrazione del contraddittorio da detta disposizione previsto, – ritualmente l’impugnazione è stata proposta nei soli confronti dell’Agenzia delle Entrate, così risultando non pertinente l’evocazione, da parte della ricorrente, della giurisprudenza della Corte formatasi in punto di identificazione della nozione di dipendenza di cause (art. 331 c.p.c.) che risultino “logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune” (Cass., 28 febbraio 2018, n. 4597; Cass., 13 luglio 2016, n. 14253; Cass., 19 gennaio 2007, n. 1225; Cass., 2 settembre 2004, n. 17698); laddove lo stesso ordine di notificazione dell’impugnazione, disciplinato dall’art. 332 c.p.c. (nei termini di una litis denuntiatio; v. Cass., 12 marzo 2020, n. 7031), risultava precluso dalla maturazione del termine lungo di impugnazione (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3) che, a fronte di sentenza depositata in data 13 maggio 2015 (e di appello proposto con atto depositato il 13 gennaio 2016), era scaduto il 31 dicembre 2015;

3. – anche il secondo ed il terzo motivo, – che vanno congiuntamente esaminati in quanto connessi, – sono destituiti di fondamento;

3.1 – come deduce la ricorrente, è ben vero che la gravata sentenza ha operato (ripetuto) riferimento ai criteri di determinazione della rendita catastale ma detti rilievi, – così come, del resto, emerge dal contenuto del terzo motivo di ricorso ove risultano ritrascritte le difese svolte in giudizio dall’Agenzia, – conseguivano agli stessi criteri utilizzati per la rettifica di valore (v., al riguardo, Cass., 13 novembre 2018, n. 29143), criteri che, secondo il dictum del giudice del gravame, erano esposti in termini generici nell’atto impositivo e rimanevano inconcludenti ai fini perseguiti, posto che non davano conto di quelle “caratteristiche oggettive estrinseche ed intrinseche dell’immobile” che, diversamente, emergevano dalla perizia di parte;

– il giudice del gravame, – ben rimanendo ancorato, nella verifica istruttoria, ai presupposti sostanziali del potere impositivo nella fattispecie esercitato (con riferimento, quindi, all’accertamento del valore venale in comune commercio degli immobili compravenduti), ha conclusivamente svolto un accertamento in fatto che, specificamente correlato a detti presupposti, non difetta di esplicitazione delle relative ragioni fondative, così che la gravata sentenza, per un verso, non reca immutazione del titolo della domanda nè un apparato motivazionale apparente o intrinsecamente contraddittorio, e, per il restante, non ha posto a fondamento del decisum criteri normativi di decisione in violazione delle disposizioni di disciplina del potere impositivo oggetto della controversia;

– e il ripetuto richiamo alle difese svolte nel corso del giudizio di merito si risolve, nella fattispecie, in una prospettazione alternativa del significato dimostrativo dei dati fattuali che il giudice del gravame ha ritenuto inconcludenti ai fini della rettifica di valore, prospettazione, questa, che non consente, da parte della Corte, un riesame del materiale istruttorio al di fuori delle coordinate di verifica della motivazione della sentenza del giudice di merito qual poste dal riformulato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

4. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente;

– non ricorrono i presupposti del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, trattandosi di ricorso proposto da un’amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr., ex plurimis, Cass., 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., 5 novembre 2014, n. 23514; Cass. Sez. U., 8 maggio 2014, n. 9938; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 10.000,00, oltre rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021

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