Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18924 del 15/07/2019
Cassazione civile sez. VI, 15/07/2019, (ud. 09/01/2019, dep. 15/07/2019), n.18924
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2929-2018 proposto da:
INAPP – ISTITUTO NAZIONALE PER LE PUBBLICHE, in persona del
Presidente in carica, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo difende ope legis;
– ricorrente –
contro
R.A., + ALTRI OMESSI elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato AMOS ANDREONI, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA SERRETI;
– controricorrenti –
e contro
R.A.R., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI 36, presso lo studio
dell’avvocato DINO DEI ROSSI, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2742/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 12/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 09/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa LEONE
MARGHERITA MARIA.
Fatto
RILEVATO
che il Tribunale di Roma rigettava le domande proposte con separati ricorsi dagli epigrafati intimati e controricorrenti nei confronti dell’ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori) ed intese ad ottenere l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato tra essi e l’ISFOL con conseguente declaratoria del loro diritto al trattamento retributivo adottato al momento dell’assunzione a termine, con condanna dell’ISFOL a corrispondere loro le differenze retributive per il periodo di lavoro svolto per il detto istituto ed al versamento della relativa contribuzione, all’accertamento del loro diritto ad essere stabilizzati con contratti di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dl 1 aprile 2009 o, in subordine, il loro diritto al risarcimento del danno conseguente quantificato in 20 mensilità;
che tale decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte di appello di Roma che, con sentenza del 21 luglio 2017, condannava l’ISFOL al pagamento in favore di ciascun appellante delle differenze retributive dovute per il riconoscimento della natura subordinata dell’attività lavorativa da loro svolta quali formali collaboratori, oltre accessori, nonchè al versamento all’INPS della contribuzione da lavoro dipendente in favore di ciascun appellante per i periodi svolti quali formali collaboratori;
che la Corte territoriale, per quello ancora di rilievo in questa sede, dalle risultanze istruttorie, in particolare dalla documentazione acquisita agli atti e dalla prova testimoniale espletata, erano emersi i tratti propri del rapporto di lavoro subordinato nell’attività svolta dai lavoratori presso l’ISFOL nei periodi in cui avevano lavorato in forza di contratti di collaborazione coordinata a continuativa prima e, poi, a tempo determinato;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’I.N.A.P.P. (Istituto Nazionale per le Politiche Pubbliche) affidato ad un unico articolata motivo cui resistono i lavoratori due separati controricorsi;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
che i controricorrenti R.A., + ALTRI OMESSI depositavano successiva memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5,) per non avere la Corte territoriale adeguatamente scrutinato la prova testimoniale, in particolare le deposizioni dei testi P. e L. che, invece, erano del tutto generiche omettendo di valutare, con riferimento a ciascun singolo lavoratore, la sussistenza degli indici propri della subordinazione; che il motivo è inammissibile in quanto, nonostante il richiamo a violazione di legge contenuto nella prima parte dell’intestazione, finisce con il sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione; invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr, e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003). L’inammissibilità sussiste anche con riferimento al denunciato omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in quanto, come sopra detto, non si individua il fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte territoriale, ma si censura la valutazione delle deposizioni dei testi escussi, ovvero, ancora una volta sollecitando una nuova rivisitazione del merito;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo;
che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, trattandosi di soccombenza di amministrazione pubblica ammessa a prenotazione a debito (Cass. N. 16441/19).
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Raccioppo e degli ulteriori controricorrenti di cui al medesimo controricorso, delle spese processuali liquidate in Euro 11.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge; condanna altresì il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente R. e degli altri controricorrenti di cui al medesimo controricorso, delle spese processuali liquidate in Euro 13.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2019