Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18922 del 05/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2021, (ud. 12/05/2021, dep. 05/07/2021), n.18922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30371/2018 R.G. proposto da:

GI GROUP SPA, rappresentata e difesa dall’avv. Nicola Salvarani e

dall’avv. Stefano Di Meo, elettivamente domiciliata in Roma, via

Pisanelli n. 2, presso lo studio dell’avv. Stefano Di Meo.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, sezione n. 21, n. 1452/21/18, pronunciata il 04/12/2017,

depositata il 03/04/2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 maggio

2021 dal Consigliere Dott. Guida Riccardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. GI Group Spa ricorre, con due motivi, illustrati con una memoria, contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Lombardia, indicata in epigrafe, nella quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, che tra l’altro (per quanto ancora rileva) recuperava a tassazione IRES, per il 2009, interessi attivi (nella misura di Euro 104.644,88) su finanziamenti erogati a favore della società “veicolo” Goldfinger Limited (di Hong Kong), disattendendo il gravame della società, ha confermato la sentenza (n. 6349/2016) della Commissione tributaria provinciale di Milano che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso introduttivo;

2. la C.T.R. ha premesso che era acclarato che, negli anni 2008 e 2009, GI Group Spa aveva finanziato le proprie consociate (italiane ed estere) a un tasso d’interesse, pari all’Euribor a un anno, oltre a uno spread variabile (dall’1% al 2%); che i contratti di finanziamento originariamente sottoscritti con Goldfinger Ltd (datati 29/02/2008 e 03/06/2009) prevedevano interessi pari all’Euribor a un anno maggiorato dell’1/0, che con comunicazioni scritte (unilaterali) di variazione (datate 11/03/2008 e 17/06/2008), erano stati azzerati. Ciò illustrato, il giudice d’appello richiama la disciplina del transfer pricing, come interpretata da Cass. 15/04/2016, n. 7493, per concludere che (vedi pag. 5 della sentenza) “le circostanze di fatto che hanno caratterizzato l’erogazione del finanziamento, nei confronti della consociata Goldfinger Limited (di Hong Kong), nonchè le argomentazioni esposte dalla difesa della Società contribuente, che non ha assolto l’onere probatorio circa l’effettiva sussistenza di una fase di start. up delle consociate cinesi, effettive beneficiarie delle provviste finanziarie erogate da GI Group S.p.A. a Goldfinger Limited di Hong Kong, fanno ritenere corretto il comportamento dell’Ufficio considerato, altresì, che in normali condizioni di libero mercato, un soggetto terzo indipendente, non avrebbe in nessun caso rinunciato alla remunerazione originariamente pattuita con la stipula dei contratti di finanziamento. (…) Risulta altresì infondata la censura (appena richiamata nell’atto di appello) relativa all’asserito errore di calcolo degli interessi, così come calcolati dall’Ufficio, in quanto priva di adeguati riscontri probatori.”.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso (“1) Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c. comma 1, n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nella parte della sentenza in cui ha ritenuto corretto il comportamento dell’Ufficio”), la ricorrente si duole della motivazione apparente della sentenza impugnata che si è limitata ad aderire, in modo acritico, alla tesi dell’ufficio, senza spiegare, neppure sinteticamente, le ragioni di condivisione del giudizio di antieconomicità dell’operazione di finanziamento formulato dall’Amministrazione finanziaria;

2. con il secondo motivo (“2) Nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c. comma 1, n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 nella parte della sentenza in cui ha ritenuto “infondata la censura (appena richiamata nell’atto di appello) relativa all’asserito errore di calcolo degli interessi, così come calcolati dall’Ufficio, in quanto priva di adeguati riscontri probatori””), la ricorrente addebita alla sentenza impugnata l’omessa esposizione delle ragioni dell’adesione al calcolo degli interessi attivi compiuto dall’ufficio, e, al riguardo, evidenzia di avere dettagliatamente illustrato la contestazione di un simile calcolo, mediante una tabella esplicativa del computo matematico trascritta all’interno del ricorso introduttivo del giudizio;

3. entrambi i motivi, da trattare insieme per connessione, sono infondati;

3.1. è giurisprudenza pacifica della Corte (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cìta, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) che “nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.”;

3.2. nella specie, al contrario di quanto afferma la ricorrente, una motivazione esiste e la C.T.R., come risulta dal passo della sentenza sopra trascritto (cfr. p. 2 del rilevato che), ha congruamente enunciato le ragioni del proprio convincimento, in relazione ad entrambi i profili critici in discorso. Per un verso (con riferimento alla questione oggetto del primo motivo di ricorso per cassazione), il giudice d’appello ha ritenuto corretta l’applicazione, al finanziamento concesso dalla contribuente alla propria controllata di Hong Kong, della disciplina del transfer pricing (attuale art. 109 t.u.i.r., comma 7), dopo avere valutato la sostanza economica dell’operazione ed avere escluso che la società avesse fornito la prova (ad essa spettante) che, in sostanza, quei finanziamenti fossero destinati a sostenere costi di start up di consociate cinesi. Per altro verso (per quanto attiene al calcolo degli interessi attivi), in disparte la probabile inammissibilità della censura, formulata in termini del tutto generici, il giudice d’appello ha rilevato che la critica rivolta dalla società al calcolo degli interessi attivi compiuto dall’ufficio era solo abbozzata (“appena richiamata nell’atto di appello”), e, ancora, che la contribuente non aveva dimostrato l’errore aritmetico attribuito all’A.F.;

4. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021

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