Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18920 del 17/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 18920 Anno 2018
Presidente: CRUCITTI ROBERTA
Relatore: VENEGONI ANDREA

ORDINANZA
sui ricorso 17232-2012 proposto da:
MAZZUCATO LUISA, elettivamente domiciliata in ROMA
VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO D’AYALA VALVA, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati MARCELLO POGGIOLI, MAURO
BEGHIN, GIUSEPPE PIVA;
– ricorrente –

2018
615

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che 1o rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 17/07/2018

- controricorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI
VICENZA;

intimata

\-YN

VENE, depositata il 30/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 27/02/2018 dal Consigliere Dott. ANDREA
VENEGONI.

avverso la sentenza n. 72/2011 della COMM.TRIB.REG. dùt

1

RITENUTO CHE:
La contribuente Mazzuccato Luisa impugnava l’avviso n. R87050200547/2008 con il
quale, per l’anno di imposta 2003, veniva accertato un maggior reddito imponibile di
euro 61.259 con determinazione sintetica, deducendo illegittimità dell’atto per
violazione dell’art. 42, comma 1, dpr 600 del 1973 (difetto di valida sottoscrizione),
illegittimo utilizzo del metodo sintetico e carenza di prova;

Per la cassazione di tale ultima sentenza ricorre la contribuente sulla base di tre motivi
di ricorso.
Si costituisce l’Agenzia delle Entrate con controricorso
La ricorrente deposita memoria del 14.2.2018.

CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce violazione e falsa applicazione
degli artt. 42 dpr 600 del 1973 e 20 dpr 266 del 1987, in relazione all’art. 360,
comma 1, n. 3 c.p.c., per essere l’avviso stato sottoscritto da funzionario che non
rivestiva la qualità di direttore o di capo dell’ufficio, o comunque da funzionario
delegato;
con il secondo motivo di ricorso deduce omessa o insufficiente motivazione, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. in relazione alla legittimità della sottoscrizione
dell’avviso da parte di soggetto diverso dal “capo dell’ufficio”.
I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente attesa la comune tematica,
sono infondati.
Nella specie risulta che l’avviso fu sottoscritto dalla dott.ssa Gramola che, quel giorno
specifico, era sostituta, quale reggente l’ufficio di Thiene, della titolare dott.ssa
Piccinini. La circostanza emerge dal documento in atti, cui fa riferimento la stessa
ricorrente, nel quale il capo ufficio della Direzione Regionale del Veneto dell’Agenzia
delle Entrate, dott.ssa Belluco, prende atto dell’impedimento, per quel giorno, della
titolare dell’ufficio di Thiene e della reggenza di tale ufficio da parte di colei che ha
sottoscritto l’avviso di accertamento in questione, approvando e, in sostanza,
convalidano tale situazione. E’ quindi corretto che tale documento provenga dall’ufficio
regionale, cioè dall’ufficio del superiore gerarchico sia del capo titolare dell’ufficio di
Thiene sia della reggente, proprio perchè si tratta dell’investitura temporanea di un
nuovo capo di tale ultimo ufficio, ed esso non rappresenta una delega alla dott.ssa
Gramola da parte del capo dell’ufficio di Thiene (circostanza che avrebbe, invece,
giustificato un atto interno a quest’ultimo ufficio, emesso dal capo titolare).
Non viene quindi in rilievo, nella specie, la problematica della “delega ad altro
impiegato della carriera direttiva” da parte del capo dell’ufficio, di cui all’art. 42 dpr
600 del 1973, perchè nella specie l’atto è stato firmato da chi, quel giorno, esercitava
le funzioni di capo dell’ufficio. Non attiene al caso di specie, pertanto, la numerosa
giurisprudenza sviluppatasi, anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 37
del 2015, sul funzionario delegato a firmare l’avviso di accertamento perchè, come si
Proc. 17232/12 — est. dott. Andrea Venegoni

la CTP di Venezia Mestre rigettava il ricorso e la CTR del Veneto confermava la
sentenza di primo grado, rigettando l’appello della contribuente.

2

ripete, nel caso concreto l’atto non è stato sottoscritto da un funzionario delegato, ma
da un funzionario che, in quel momento, esercitava le funzioni di capo, seppure
reggente temporaneo, dell’ufficio.

Questo, tuttavia, non esaurisce i termini del problema, perchè dalla suddetta prima
parte dell’art. 42 si ricava che, quando l’avviso è sottoscritto dal capo dell’ufficio, egli,
nell’interpretazione che questa Corte ha dato della norma – in quello che peraltro può
considerarsi un mero iter argomentativo a supporto della decisione, e non il cuore
della stessa -, deve essere, a sua volta, un impiegato della carriera direttiva (Sez. V,
n. 22810 del 2015), e la contribuente ha contestato la carenza di prova sul fatto che
la firmataria dell’avviso – colei che quel giorno esercitava le funzioni di capo reggente
dell’ufficio – fosse un impiegato della carriera direttiva “di nono livello”.
Al riguardo, però, dall’art. 20 dpr 266 del 1987 si ricava che solo il personale di quella
che all’epoca era la nona qualifica funzionale può esercitare le funzioni di sostituzione
dei dirigenti (personale, quindi, a maggior ragione appartenente alla carriera direttiva)
o di reggenza di un ufficio.
In conclusione, laddove la CTR, al di là di alcune espressioni e considerazioni
certamente atecniche, afferma, però, nella sostanza, che l’atto è stato sottoscritto dal
reggente fiduciario dell’ufficio, in sostituzione del titolare, ed è pertanto legittimo,
racchiude in questa sintetica affermazione una analisi non in contrasto con la
normativa in materia, anche se in parte implicita.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce omessa pronuncia del giudice di
secondo grado circa la sussistenza nell’anno 2003 di redditi tassati in via definitiva alla
fonte (cedole su obbligazioni) sufficienti a giustificare gli indici di spesa intercettati col
metodo sintetico e conseguente nullità in parte qua della sentenza di secondo grado
per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c.
La ricorrente afferma di avere dedotto nei gradi precedenti che parte del maggior
reddito proveniva da redditi esenti e la sentenza di appello ha omesso di prendere in
considerazione questo aspetto.
Il motivo è infondato.
E’ principio affermato costantemente da questa Corte quello per cui
la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su
un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.,
applicabile “ratione temporis”, si coglie nel senso che, mentre nella prima
l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in
causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della
“domanda” di appello), nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si
assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una
circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su
uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti

Proc. 17232/12 — est. dott. Andrea Venegoni

In altri termini, non si versa nella previsione dell’art. 42 secondo cui l’avviso può
essere firmato da “altro impiegato della carriera direttiva delegato dal capo”
dell’ufficio, ma nell’ipotesi che, nella lettera della norma, precede quest’ultima, e cioè
quella secondo cui l’avviso deve essere firmato “dal capo dell’ufficio”.

3

principali della controversia. (Sez. II, n. 1539 del 2018, Rv. 647081; Sez. V, n. 25761
del 2014, Rv. 633829).

Lamentare che la CTR non si sia soffermata su tale elemento potrebbe, allora,
integrare in via teorica insufficiente od omessa motivazione (deducibile ex art. 360 n.
5 c.p.c.) su uno degli elementi di fatto che componevano il motivo di appello, e quindi
un incompleto esame dello stesso, ma non omessa pronuncia sulla domanda
introdotta in appello, che riguardava l’insussistenza dei presupposti per l’accertamento
sintetico. La domanda, sotto questo profilo, è stata, invece, analizzata, sebbene sulla
base degli altri elementi addotti dalla contribuente.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Le spese seguono la soccombenza. Sono, conseguentemente, a carico del ricorrente e
si liquidano in euro 2.000, oltre spese prenotate a debito.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna ile_ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 2.000,
oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 febbraio 2018.

Orbene, dallo stesso ricorso in cassazione delkontribuente emerge che eMeaveva
dedotto quale motivo di appello la illegittimità della sentenza di primo grado per
carenza dei presupposti del’accertamento sintetico. Su questo motivo di appello la CTR
si è soffermata lungamente illustrando le ragioni per cui ha ritenuto di confermare
l’atto accertativo. L’esistenza di redditi già tassati alla fonte era solo uno degli
elementi fattuali che erano stati posti a base del motivo di appello per evidenziare
l’erroneità dell’accertamento e della sentenza di primo grado.

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