Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1892 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 28/01/2021), n.1892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4593/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Veneto n. 12/04/2013, pronunciata in data 15 gennaio 2013 e

depositata il 16 gennaio 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre

2020 dal Consigliere Dott. Fracanzani Marcello Maria;

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il contribuente, professionista abilitato alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali, veniva attinto da un atto impositivo avente ad oggetto l’irrogazione di sanzioni ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 7 bis. In particolare l’Ufficio contestava la tardiva trasmissione, in tempi diversi, di plurimi files contenenti distinte dichiarazioni per gli anni 2004 e 2005, per l’effetto applicando il cumolo giuridico in applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 8.

1.1 II professionista adiva così il giudice di prossimità, censurando la legittimità dell’atto impugnato per errata applicazione del cumulo giuridico. In accoglimento del gravame proposto, la CTP riteneva applicabile alla fattispecie in esame il D.Lgs. n. 472 del 1992, art. 12, che disciplina il concorso materiale di violazioni formali, all’uopo riducendo anche la misura delle sanzioni. Proponeva appello l’Amministrazione finanziaria, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 7 bis e art. 39, comma 1, oltre che del citato art. 12: la violazione imputata al professionista non poteva essere considerata nè formale nè sostanziale e non poteva pertanto essere assoggettata alla disciplina del D.Lgs. n. 472 del 1992, art. 12. Di contro era applicabile la L. n. 689 del 1981, art. 8, con conseguente applicazione del cumulo giuridico. Respingendo l’appello, la CTR confermava la decisione di primo grado, ribadendo la portata generale dell’art. 12 con conseguente sua applicabilità al caso di specie ed avvalorando per l’effetto la riduzione della sanzione operata dal giudice di primo grado.

Ricorre per cassazione l’Amministrazione finanziaria con un unico motivo di ricorso.

Il contribuente rimane intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 241 del 1997, artt. 7-bis e 39 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, nonchè della L. n. 689 del 1981, art. 8, anche nel relativo combinato disposto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Invero, dopo aver operato un mero rinvio formale agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di causa, l’Ufficio censura la decisione della Corte veneziana nella parte in cui ha affermato che la condotta imputabile al professionista intermediario, ossia l’invio tardivo dei files contenenti le dichiarazioni fiscali, non può essere considerata nè formale nè sostanziale, trattandosi di un soggetto diverso dal contribuente e non direttamente collegato all’adempimento dell’obbligo di versamento delle imposte. Non può pertanto trovare applicazione il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 che disciplina il cumulo giuridico, mentre può trovare applicazione la L. n. 689 del 1981, art. 8 che delinea le sanzioni applicabili in caso di più violazioni commesse con un’unica azione od omissione.

1.1. Il motivo di ricorso è infondato.

Questa Corte ha già avuto modo di ricondurre anche all’intermediario (oltre che al contribuente) la differenza tra infrazioni formali e non formali. In particolare è stato affermato che anche nell’ambito delle infrazioni commesse dall’intermediario sono ipotizzabili fattispecie in cui la condotta dell’intermediario agevoli l’evasione o comunque determini un minor incasso erariale (infrazioni non meramente formali) ed ipotesi in cui tale condotta arrechi solo un qualche ritardo o difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione (infrazioni formali) (Cass. n. 11741 del 2015). Già acclarata sotto questo profilo l’infondatezza del motivo di ricorso, questa Corte ha recentemente affermato anche l’ulteriore principio, contrario a quello pronunciato con la decisione n. 23123/2013 rimasta isolata, secondo cui nel caso di plurimi “files” di trasmissione telematica tardiva della dichiarazione da parte dell’intermediario non trova applicazione il cumulo materiale, bensì quello giuridico del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12 in forza del principio del “favor rei” (Cass. n. 4458 del 2017).

A ciò aggiungasi l’applicazione generale di detto principio anche in virtù del nuovo D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7 bis del secondo cui “L’adozione dei provvedimenti sanzionatori… di competenza dell’Agenzia delle entrate… è soggetta alle disposizioni del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472…, ad eccezione dell’art. 16, comma 2”. Il rinvio ai principi generali recati dal D.Lgs. n. 472 del 1997, con l’unica esclusione della preventiva notifica dell’atto di contestazione previsto dall’art. 16, comma 2 di tale decreto, comporta che nella determinazione della sanzione in parola debba trovare applicazione anche il principio del “favor rei” di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3. Ne consegue che ove uno dei soggetti indicati nel D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 3, comma 3, incorra in più violazioni del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 7 bis (in materia di trasmissione telematica delle dichiarazioni) avendo omesso o ritardato la trasmissione di più dichiarazioni fiscali, trova applicazione il D.Lgs. n. 472 del 1997 art. 12 (cfr. Cass. Sez. V, n. 27059/2017). Il motivo di ricorso è pertanto infondato e va respinto.

Non vi è pronuncia sulle spese, stante la mancata esplicazione di attività difensiva da parte dell’intimato.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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