Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1892 del 25/01/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 1892 Anno 2018
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

sul ricorso 21470/2011 proposto da:
Ferrara Giancarlo, elettivamente domiciliato in Roma, Via Toscana
n.10, presso lo studio dell’avvocato Rizzo Antonio, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pincione Roberto,
giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente contro
Allianz S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via Panama n.88, presso lo
studio dell’avvocato Spadafora Giorgio, che la rappresenta e
difende, giusta procura in calce al controricorso;

Data pubblicazione: 25/01/2018

- controricorrente CO ntro

Borello Pasquale, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza SS.
Apostoli n.81, presso lo studio dell’avvocato Maini Alessandro

Venco Mario, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente contro

Zurich Insurance Public Limited Company (già Zurich Insurance
Company S.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via G.G. Belli n.27, presso lo
studio dell’avvocato Pieri Nerli Giovanni, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato Cattaneo Daniele, giusta procura a
margine del controricorso;
-controricorrente contro

Pozzoli Goffredo, elettivamente domiciliato in Roma, Via Angelo Emo
n.106, presso lo studio dell’avvocato Chiapparelli Franco, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Girino Emilio, giusta
procura a margine del controricorso;
-controricorrente –

avverso la sentenza n. 1036/2011 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 14/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/06/2017 dal cons. ACIERNO MARIA;
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Amedeo Iwan, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto
Procuratore Generale Alberto Cardino che chiede che Codesta
Suprema Corte voglia rigettare il ricorso.

La Corte d’Appello di Milano, confermando la pronuncia di primo
grado ) ha respinto la domanda proposta da Giancarlo Ferrara nei
confronti dei Pasquale Borello e Goffredo Pozzoli, rispettivamente
curatore e legale della procedura fallimentare De Nobili, per aver
promosso azione revocatoria nei suoi confronti senza autorizzazione
del giudice delegato nonché per avere affermato che egli era stato
l’ispiratore e l’organizzatore del fallimento De Nobili e di sottrazione di
cespiti a danno del ceto creditorio.
Il Ferrara, in data 24/12/99, in qualità di promissario acquirente )
aveva sottoscritto con Giampaolo De Nobili un preliminare di
compravendita immobiliare. Scaduta la data nella quale era stata
fissata la stipulazione del contratto definitivo, il Ferrara aveva
proposto domanda ex art. 2932 cod. civ.; il venditore i tuttavia ) poco
dopo l’instaurazione del giudizio aveva venduto il complesso
immobiliare alla Union s.r.l. In ragione della trascrizione del
preliminare e dell’atto di citazione, la s.r.l. Union vendeva al Ferrara il
compendio in questione con costituzione di duplice ipoteca dovuta a
due mutui contratti dal compratore. Sei mesi dopo la vendita la s.n.c.
D.S.D e il socio Giampaolo De Nobili venivano dichiarati falliti e il
fallimento proponeva azione revocatoria anche ordinaria sia della
compravendita alla s.r.l. Union sia della successiva al Ferrara. In
questo atto, secondo il Ferraraerano contenute falsità (violazione del
divieto del patto commissorio e congetture di bancarotta fraudolenta
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FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

in concorso) ed in particolare veniva affermato che il Ferrara era
stato l’ispiratore e l’organizzatore del fallimento. L’attore lamentava
ingenti danni patrimoniali dovuti a tale azione e sottolineava che la
trascrizione della stessa doveva ritenersi un atto emulativo, dal
momento che per l’esistenza delle ipoteche iscritte sarebbe stato

I convenuti Borello e Pozzoli chiedevano il rigetto della domanda
opponendo che il difetto di autorizzazione del giudice delegato era
stato sanato dalla successiva ratifica intervenuta con provvedimento
del Tribunale fallimentare con il quale era stata autorizzata la rinuncia
alla domanda e all’azione revocatoria promossa con spese
compensate. Venivano chiamate in manleva le società assicuratrici
dei convenuti.
A sostegno del rigetto della domanda la Corte d’Appello ha affermato:
il difetto di autorizzazione del giudice delegato si risolve nella carenza
di legittimazione ad processum con conseguente sanabilità
successiva. Nella specie il curatore chiedeva di essere autorizzato alla
transazione dell’azione revocatoria nei confronti della s.r.l. Union e
del Ferrara nonché dell’opposizione allo stato passivo proposta dalla
Union e dall’insinuazione tardiva del Ferrara, così come proposta dai
legali delle controparti a spese compensate. L’accettazione della
transazione onnicomprensiva veniva autorizzata dal Tribunale. Con
questo provvedimento la parte non validamente rappresentata nel
giudizio relativo all’azione revocatoria ha dimostrato di volere
considerare legittimo l’iter processuale precedente. Nel
provvedimento il Tribunale dà espressamente atto della costituzione
del fallimento in tutte le cause (e dunque anche nell’azione
revocatoria) così sanando il vizio iniziale.

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impossibile ottenere la restituzione del bene immobile.

E’ irrilevante al riguardo la dedotta mancata consapevolezza del
giudice delegato in ordine all’azione originariamente intrapresa, dal
momento che l’autorizzazione del tribunale si fonda sull’esame di tutti
gli atti processuali relativi alle controversie coinvolte dalla
transazione. Il tribunale nel provvedimento autorizzativo indica con

valutazione della convenienza della transazione con riferimento
specifico a ciascuna delle parti.
La dedotta rappresentazione del curatore al giudice delegato di un
accordo diverso rispetto a quello oggetto della transazione è del tutto
irrilevante nei rapporti con il Ferrara potendo valere solo nei rapporti
tra curatore e fallimento. Nella transazione di natura onnicomprensiva
era previsto l’incasso di una somma in favore del fallimento. Pertanto
per la procedura era privo di rilievo quale fosse il soggetto tenuto.
L’accordo tra fallimento e Ferrara, importando reciproca rinuncia alle
controversie intraprese tra le due parti, aveva natura giuridica di
transazione e non era necessario che avesse ad oggetto la dazione di
una somma di danaro essendo sufficiente la reciproca rinuncia alle
rispettive pretese.
La piena efficacia sanante della transazione ha carattere assorbente
anche rispetto alla domanda di risarcimento del danno alla
reputazione, professionalità e immagine derivante dal lamentato
utilizzo di frasi offensive nell’ambito degli scritti difensivi, posto che la
domanda trova il suo fondamento nell’avere gli appellati proposto
l’azione revocatoria senza autorizzazione.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Ferrara
con sette motivi. Hanno resistito con controricorso Borello, Pozzoli, e
le terze chiamate s.p.a. Allianz e Zurich Insurance. Hanno depositato
memoria il ricorrente e le due società di assicurazione. La causa è
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esattezza entrambe le controparti nelle premesse e fornisce una

stata avviata alla trattazione camerale ed il Procuratore Generale ha
depositato requisitoria scritta ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ.
Nel primo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione
dell’art. 25 n. 6 legge fall. perché la ratifica del difetto di
autorizzazione a promuovere l’azione revocatoria è opera del

potuto sanare successivamente il difetto iniziale.
La censura è nuova, non risultando formulata nel giudizio di merito
alla luce dell’esame della pronuncia impugnata e degli atti difensivi
delle parti. Ne consegue la sua inammissibilità.
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Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1398, 1399, 1711 e 1712, oltre che dell’art. 1350 cod. civ.
e 115 e 116 cod. proc. civ. nonché il vizio di motivazione, per avere
la Corte d’Appello ritenuto sanato il difetto di autorizzazione all’azione
revocatoria mediante at~ l’autorizzazione alla transazione
proposta ed intercorsa con il ricorrente, non considerando che la
ratifica anche implicita richiede la volontà consapevole di rimuovere il
vizio pregresso. Questa volontà nell’autorizzazione a transigere in
ordine all’azione revocatoria non era stata manifestata, né aveva
assunto la medesima forma (scritta) dell’atto da sanare.
La censura deve ritenersi in parte inammissibile in parte infondata. E’
inammissibile in ordine all’indagine sulla volontà di sanare il vizio
relativo al difetto di autorizzazione per l’azione revocatoria da parte
del Tribunale falimentare, dal momento che la Corte d’Appello ha
svolto per un verso un esame puntuale dei fatti rilevando come il
Tribunale avesse esaminato analiticamente tutte le controversie
coinvolte nella transazione, includendo la revocatoria e precisandone
la convenienza per ciascuna di esse, per l’altro una valutazione
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Tribunale e non del’organo giudiziario (giudice delegato) che avrebbe

insindacabile della volontà manifestata anche dal ricorrente con
riferimento all’accordo transattivo da lui stesso proposto. E’ infondato
con riferimento al difetto del requisito di forma, atteso che tutti gli
atti del Tribunale sono in forma scritta ed in particolare
l’autorizzazione alla transazione che contiene come minus la sanatoria

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli
artt. 1362; 1363; 1366 cod. civ. oltre che degli artt. 115 e 116 cod.
proc. civ. nonché vizio di motivazione sul rilievo che la Corte
d’Appello avesse erroneamente interpretato il comportamento
complessivo delle parti e la loro volontà negoziale sia nella fase
anteriore che attuativa dell’accordo transattivo.
La censura è inammissibile in quanto non è sindacabile in sede di
giudizio di legittimità l’opzione interpretativa del giudice del merito,
peraltro del tutto esaurientemente motivata.
Nel quarto motivo viene dedotta la violazione dell’art. 2697 cod. civ.
per non avere la Corte d’Appello posto a carico del falsus procurator
l’onere di provare la ratifica ed aver desunto la circostanza da una
praesumptio de presumpto.
La censura, prospettata anche sotto il profilo del vizio di motivazione
è inammissibile perché mira a richiedere in sede di legittimità un
riesame ed una valutazione alternativa dei fatti accertati, peraltro
eseguita dal giudice del merito con motivazione del tutto esauriente.
La Corte d’Appello ha ritenuto provata la ratifica non da una
presunzione ma da una serie di fatti noti quale quello, incontestato,
della rinuncia alla solidarietà, così ritenendo insindacabilmente assolto
l’onere della prova.
Nel quinto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione
degli art. 1363,1365 e 1366, nonché degli artt. 1325, 1350 e 1418
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del difetto di autorizzazione relativo all’azione revocatoria.

cod. civ., 1965, 1967 e 2697 cod. civ. e degli art.115 e 116 cod.
proc. civ. per aver ritenuto perfezionato un accordo transattivo
laddove il ricorrente aveva proposto soltanto di abbandonare la causa
di opposizione allo stato passivo e di accettare la rinuncia all’azione
giudiziaria proposta dal fallimento.

dal curatore al Tribunale al fine di ottenere l’autorizzazione alla
transazione che prevedeva tra l’altro un impegno economico
reciproco. La transazione doveva pertanto ritenersi nulla. Su tale
profilo la Corte d’Appello ha omesso di pronunciarsi.
La censura così come prospettata è inammissibile in quanto non
colpisce la ratio decidendi della pronuncia impugnata, la quale non
deriva la ratifica dalla validità ed efficacia del negozio transattivo ma
dall’autorizzazione del tribunale a transigere tutti i rapporti
controversi dopo aver esaminato tutte le posizioni e verificato la
preesistenza di situazioni di contrasto tra le parti dedotte in un
giudizio.
Nel sesto motivo viene dedotto ex art. 112 cod.proc.civ. che
l’estinzione del giudizio relativo alla revocatoria dovuta alla rinuncia
agli atti di entrambe le parti era del tutto preclusivo della sanatoria.
La censura è manifestamente infondata. L’estinzione dovuta alla
rinuncia agli atti costituisce la conseguenza processuale del negozio
transattivo autorizzato dal Tribunale fallimentare. E’ quest’ultimo
l’atto che, con effetti ex tunc ha prodotto la sanatoria del vizio
processuale preesistente. Nè la rinuncia agli atti di entrambe le parti
ha costituito un comportamento processuale incompatibile con
l’effetto sanate già realizzatosi. Tanto meno, infine, la preclusione (
l’inefficacia successiva di tale effetto può essere desunta
dall’estinzione anche alla lucee del costante orientamento di questa
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La volontà espressa era pertanto del tutto diversa da quella riferita

Corte, secondo il quale “La mancanza di autorizzazione da parte
del giudice delegato al curatore, affinchè svolga attività processuale
nell’interesse del fallimento, è suscettibile di sanatoria, con effetto ex
tunc, purchè l’inefficacia degli atti compiuti in precedenza dal curatore
non sia stata già accertata e sanzionata dal giudice di primo

Nel settimo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione
dell’art. 204 cod. civ. oltre che il vizio di motivazione e il vizio di
omessa domanda in ordine all’accertamento della natura ingiuriosa e
diffamatoria contenuta negli atti difensivi delle controparti del
ricorrente nel giudizio in contestazione.
La Corte d’Appello ha ritenuto che “come specificamente indicato nei
motivi d’appello la domanda trova comunque il suo fondamento nella
responsabilità degli appellati per aver agito senza la prescritta
autorizzazione”.
Deve, pertanto, ritenersi, che, ancorchè sinteticamente il rigetto
abbia una giustificazione in una ratio decidendi esplicitata. La Corte
d’Appello ha ritenuto che la domanda, secondo la declinazione dei
motivi fornita da parte dell’appellante, relativa alle espressioni
ritenute ingiuriose (e non dedotte nel motivo di ricorso) poteva
essere esaminata solo se gli atti nei quali erano contenute fossero
stati invalidi e conseguentemente frutto esclusivo dell’iniziativa
personale del curatore. In un giudizio validamente instaurato,
potevano ritenersi pertinenti e continenti oltre che scriminate dalla
dialettica anche vivace che può caratterizzare un conflitto giudiziale.
Si tratta di una giustificazione insindacabile in quanto fondata su una
valutazione di fatto.
In conclusione il ricorso deve essere respinto con applicazione del
principio della soccombenza in ordine alle spese del presente giudizio.
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grado”.(Cass. 14469 del 2015).

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali
del presente giudizio liquidandole in E 4000 per compensi ed E 200
per esborsi nei confronti rispettivamente dei controricorrenti Borello e

rispettivamente delle controricorrenti S.P.A Allianz e Zurich Insurance
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Così deciso nella camera di consiglio del 23 giugno 2017

Pozzoli; in E 5000 per compensi e 200 per esborsi nei confronti

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