Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18919 del 11/09/2020
Cassazione civile sez. II, 11/09/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 11/09/2020), n.18919
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8735/2017 proposto da:
G.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TOMMASO DA CELANO n. 110 P. 5 A, presso lo studio dell’avvocato
DARIA DELL’AQUILA, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO
FOLINO;
– ricorrente –
contro
V.B.R., e GI.VI., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI n. 61, presso lo
studio dell’avvocato CLARA VENETO, rappresentati e difesi
dall’avvocato ANTONIETTA GIGLIOTTI DENICOLO’;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 152/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositata il 02/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
11/02/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA
udito il Procuratore Generale nella persona del Sostituto Dott.
ALESSANDRO PEPE, il quale ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;
uditi gli avvocati DOMENICO FOLINO per parte ricorrente, il quale ha
concluso per l’accoglimento del ricorso, e CLARA VENETO per delega
dell’avvocato GIGLIOTTI per parte controricorrente, la quale ha
concluso per il rigetto.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con distinti atti di citazione notificati il 6.9.2011 e il 23.10.2011, poi riuniti, Gi.Vi. e V.B.R. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 334/2001 emesso nei loro confronti dal Tribunale di Catanzaro per il pagamento in favore di T.G. della somma di Lire 142.000.000 oltre spese a titolo di saldo dei lavori, eseguiti dall’ingiungente, di ristrutturazione e trasformazione in casa di riposo di un fabbricato sito in territorio del Comune di (OMISSIS). Gli opponenti eccepivano in particolare la non corrispondenza della somma pretesa a saldo dall’appaltatore con quanto indicato dal contratto e nelle singole fatture allegate al ricorso monitorio. La Gi. disconosceva inoltre la sua sottoscrizione sul contratto di appalto del 22.12.1990 e sulla successiva integrazione, nonchè su un assegno bancario del valore di Lire 19.000.000.
Si costituiva il T., resistendo all’opposizione.
Con sentenza n. 790/2009 il Tribunale di Catanzaro accoglieva l’opposizione revocando il decreto opposto e condannando il T. alle spese del grado.
Interponeva appello G.M.T., erede del T., e si costituivano in seconde cure gli originari opponenti, con distinte comparse, resistendo al gravame.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 152/2017, la Corte di Appello di Catanzaro rigettava l’impugnazione condannando l’appellante alle spese del grado.
Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia G.M.T. affidandosi a tre motivi. Resistono con controricorso Gi.Vi. e V.B.R..
Il ricorso, originariamente chiamato all’adunanza camerale del 15.3.2018 dinanzi alla sesta sezione civile di questa Corte, è stato rinviato all’udienza pubblica con ordinanza interlocutoria n. 11228/2018.
In prossimità dell’udienza pubblica la parte ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1988,2702,2697,2730 e 2733 c.c., artt. 115 e 215 c.p.c., R.D. n. 1669 del 1933, art. 66 e R.D. n. 1736 del 1933, art. 58, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe dovuto valutare il disconoscimento, e la successiva mancata verificazione delle scritture, solo in favore della Gi., posto che il V. non le aveva mai disconosciute ed anzi, nell’interrogatorio del 21.10.2003, aveva ammesso l’esistenza del contratto, la regolare esecuzione dei lavori concordati con l’appaltatore e l’esistenza del suo debito, del quale pure non aveva precisato l’importo.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè la Corte di Appello avrebbe dovuto apprezzare in modo distinto le posizioni dei due appellati ( Gi. e V.) valorizzando il disconoscimento solo in favore della prima e dando invece, quanto al secondo, rilievo alla confessione giudiziale da quegli operata in sede di interrogatorio.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe omesso di apprezzare numerosi documenti allegati agli atti del giudizio, tutti confermativi della fondatezza della tesi del ricorrente.
Le prime due censure, che meritano un esame congiunto, sono fondate. La Corte di Appello ha infatti ritenuto non utilizzabile nel giudizio di opposizione la documentazione prodotta dall’appaltatore, che era stata disconosciuta dalla sola Gi., senza apprezzare in alcun modo nè il mancato disconoscimento della stessa da parte del V., nè le dichiarazioni da quest’ultimo rese nell’interrogatorio in prime cure. In proposito, va ribadito il principio per cui “L’onere del disconoscimento della scrittura privata e, correlativamente, l’eventuale verificarsi del riconoscimento tacito ai sensi dell’art. 215 c.p.c., presuppongono che il documento prodotto contro una parte provenga dalla stessa, ovvero da un soggetto che la rappresenti, in quanto munito di procura, ovvero, trattandosi di persona giuridica, in ragione del rapporto organico in base al quale può impegnare la responsabilità dell’ente” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13357 del 19/07/2004, Rv.576110; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11074 del 22/12/1994, Rv.489371). Qualora invece il documento provenga da un soggetto diverso, estraneo al processo, la procedura di cui agli artt. 214 c.p.c. e segg., non è applicabile e la scrittura dev’essere valutata secondo gli ordinari criteri sulla prova (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4719 del 27/05/1987, Rv. 453362). Da ciò deriva che, in presenza di documento firmato da due diversi soggetti, entrambi parti del processo, il disconoscimento operato da uno soltanto di essi spiega effetti limitatamente alla posizione processuale di quest’ultimo, mentre nei confronti dell’altro firmatario, che non abbia disconosciuto la propria sottoscrizione, il documento spiega piena efficacia probatoria. Il giudice di merito avrebbe pertanto dovuto apprezzare in modo differenziato le due posizioni della Gi. e del V., condebitori solidali in relazione all’unico rapporto contrattuale dedotto in giudizio, e pronunciarsi di conseguenza.
L’accoglimento delle prime due censure implica l’assorbimento della terza, poichè il giudice del rinvio dovrà procedere ad un nuovo apprezzamento della fattispecie, alla luce del materiale istruttorio acquisito agli atti del giudizio e tenendo conto che il disconoscimento operato dalla sola Gi. può operare solo in favore di quest’ultima, e non anche del V..
In definitiva, vanno accolti i primi due motivi di ricorso e dichiarato assorbito il terzo, con conseguente cassazione della decisione impugnata in relazione alle censure accolte e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Catanzaro, in differente composizione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Catanzaro, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2020