Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18918 del 16/09/2011
Cassazione civile sez. trib., 16/09/2011, (ud. 19/04/2011, dep. 16/09/2011), n.18918
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – est. Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –
Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 31960/2006 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrenti –
contro
CRE.BE.BO. SRL IN FALLIMENTO in persona del Curatore fallimentare,
elettivamente domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo
studio dell’avvocato BADO’ FABRIZIO, rappresentato e difeso
dall’avvocato DEL CIONDOLO Francesco, giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 56/2005 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,
depositata il 17/10/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/04/2011 dal Consigliere Dott. RENATO POLIGHETTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GIACOBBE, che si riporta agli
scritti e insiste nell’accoglimento;
udito per il resistente l’Avvocato PAOLETTI, per delega Avvocato DEL
CIONDOLO, che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
In data 24.08.1999 il Dr. A., nella qualità di liquidatore giudiziario della s.r.l. Cre.be.bo presentava all’Ufficio Iva di Siena una relazione nella quale evidenziava una serie di irregolarità fiscali commesse dalla società.
L’Ufficio Iva disponeva quindi una verifica al termine della quale veniva emesso atto di contestazione con il quale l’Ufficio irrogava alla società una sanzione ammontante ad Euro 74.731,31, con riguardo all’anno di imposta 1998.
Proponeva opposizione la società contribuente assumendo che la contabilità ufficiale non era quella in possesso del liquidatore e con specifico riferimento alla fattura n. (OMISSIS) per un importo di L. 1.417.000.000 la stessa era stata regolarmente emessa e che le altre fattura di vendita per L. 8.113.000 erano state tempestivamente registrate.
Resisteva l’Ufficio Iva assumendo che l’omessa o tardiva emissione di fatture sono ugualmente sanzionate sicchè nulla mutava in ordine alla sanzione irrogata.
La C.T.P. adita respingeva l’opposizione.
Spiegava appello la società e la C.T.R. di Firenze accoglieva parzialmente l’opposizione con riferimento alla sanzione irrogata, sul presupposto che nella specie avrebbe operato il c.d. ravvedimento operoso, confermava nel resto l’impugnata sentenza.
Per la cassazione della sentenza della C.T.R. propongono ricorso, fondato su unico motivo il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate.
Resiste con controricorso la soc. Cre.Be.Bo..
Diritto
Preliminarmente va dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai Ministero delle Finanze non essendo lo stesso più legittimato a seguito dell’entrata in vigore della legge istitutiva delle Agenzie delle entrate.
Ciò premesso si osserva che con l’unico mezzo di cassazione l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13 comma 4, nonchè omessa o insufficiente motivazione su un punto rilevante della controversia.
Assume l’Agenzia ricorrente che nella specie non potrebbe trovare applicazione il c.d. ravvedimento operoso per due ordini di motivi:
a) perchè l’emissione della fattura è chiaramente posteriore all’inizio della verifica;
b) perchè non si tratta di irregolarità meramente formale posto che la tardiva emissione della fattura ha ostacolato l’attività di accertamento in corso.
Il motivo è infondato.
Invero per quanto attiene alla censura sub a) si osserva che dal ricorso non risulta la data esatta dell’atto di compravendita dell’immobile, la data dell’emissione della fattura e la data dell’inizio dell’ispezione.
Ne consegue che il ricorso deve ritenersi prima che infondato assolutamente inammissibile per carenza di autosufficienza.
Infatti in tanto non opera il c.d. ravvedimento operoso in quanto lo stesso sia successivo all’inizio della verifica, ipotesi che nella specie non può essere accertata dal Collegio per difetto, nel ricorso, delle necessarie indicazioni.
La prima censura va quindi dichiarata inammissibile.
Infondata deve poi ritenersi anche la seconda censura sia perchè l’Avvocatura dello Stato si è ben guardata dallo specificare come Il ritardo nell’emissione della fattura abbia ostacolato l’accertamento della imposta, ipotesi peraltro oltre che non dimostrata anche non credibile nella specie se si considera che l’Ufficio ha irrogato solo sanzioni senza procedere a recupero di imposta evidentemente già percepita come assunto, nel controricorso, dal controricorrente.
Pertanto il ricorso va respinto e l’Agenzia delle entrate va condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso del Ministero delle Finanze;
respinge il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate che condanna unitamente al Ministero al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessive Euro 12.000,00, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 19 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011