Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18918 del 05/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2021, (ud. 11/05/2021, dep. 05/07/2021), n.18918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2689/2015 R.G. proposto da:

l’avv. R.V., con l’avv. Sbardella Stefano, nel domicilio

presso il di lui studio in Roma, alla Piazza Mazzini n. 8;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per

l’Abruzzo – L’Aquila, n. 602/V/14, pronunciata il 15 maggio 2014 e

depositata il 30 maggio 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 11

maggio 2021 dal Consigliere Dott. Fracanzani Marcello Maria.

 

Fatto

RILEVATO

La contribuente era attinta l’otto gennaio 2010 da avviso di accertamento adottato dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Castel di Sangro per l’anno di imposta 2002 con cui l’Amministrazione finanziaria rideterminava in forma sintetica il suo maggior reddito in Euro 28.463,00 pari alla differenza tra il dichiarato di Euro 1.537,00 e la maggior somma di Euro 30.000 quale frazione pro anno del complessivo importo di Euro 150.000 per acquisto di una casa, avvenuto nel 2004, dove poi ella contribuente aveva trasferito la propria residenza. Precisa la contribuente di aver ricevuto nel 2009 questionario per rendere conto della disponibilità di beni-indice di maggior capacità contributiva, cui dava risposta puntuale riconsegnandolo a mano presso la medesima sede finanziaria di Castel di Sangro.

Insorgeva quindi la contribuente affermando l’incompetenza territoriale dell’Ufficio aquilano ad emettere accertamento a fine dicembre 2009, ancorchè sull’anno fiscale 2002, perchè ormai trasferitasi da tempo in agro laziale. Eccepiva ancora la tardività del provvedimento impositivo, contestando le fosse applicabile la proroga legata alla disciplina clemenziale del 2002; affermava infine di aver dato prova di aver acquistato con danaro prestato dai genitori.

I gradi di merito erano sfavorevoli alla contribuente che ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso.

In prossimità dell’udienza la parte privata ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Vengono proposti tre motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 58 e 60, nella sostanza lamentandosi l’incompetenza territoriale dell’Ufficio di Val di Sangro dell’Agenzia delle Entrate ad adottare e notificare (nella residenza-domicilio fiscale di Guidonia Montecelio) in data 2010 atto impositivo riferito al 2002. Critica la sentenza impugnata che ha respinto tale doglianza facendo riferimento alla residenza fiscale dell’anno di imposta accertato, eccependo che le regole sulla competenza dell’Ufficio o sul luogo della notificazione dei provvedimenti impositivi non prevedono eccezione alcuna in questo senso.

Sul punto è intervenuta questa Corte, affermando in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la competenza territoriale dell’ufficio è determinata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 31, con riferimento al domicilio fiscale indicato dal contribuente, la cui variazione, comunicata nella dichiarazione annuale dei redditi, costituisce pertanto atto idoneo a rendere noto all’Amministrazione il nuovo domicilio non solo ai fini delle notificazioni, ma anche ai fini della legittimazione a procedere, che spetta all’ufficio nella cui circoscrizione il contribuente ha indicato il nuovo domicilio. Tale “ius variandi” dev’essere peraltro esercitato in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario: pertanto, il contribuente che abbia indicato nella propria denuncia dei redditi il domicilio fiscale in un luogo diverso da quello precedente, non può invocare detta difformità, sfruttando a suo vantaggio anche un eventuale errore, al fine di eccepire, sotto il profilo dell’incompetenza per territorio, l’invalidità dell’atto di accertamento compiuto dall’ufficio finanziario del domicilio da lui stesso dichiarato (Cass. V, n. 11170/2013).

Altresì, si è ritenuto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la competenza territoriale dell’Ufficio accertatore è determinata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31 con riferimento al domicilio fiscale indicato dal contribuente; nel caso in cui questi abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi e non abbia mai comunicato in modo formale all’Amministrazione il proprio mutamento di domicilio fiscale, resta competente, per il principio dell’affidamento, l’Ufficio in relazione all’ultimo domicilio fiscale noto, con riguardo all’anagrafe tributaria del Comune, a nulla rilevando gli altri elementi fattuali (Cass. V, n. 23362/2020). Peraltro, nello specifico, si è anche ritenuto, in tema di accertamento delle imposte, ai fini della determinazione della competenza territoriale dell’ufficio del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 31, assume rilevanza anche la variazione di domicilio comunicata dal contribuente nella dichiarazione annuale dei redditi, trattandosi di atto idoneo a rendere nota tale circostanza all’Amministrazione finanziaria (Cass.V., n. 24292/2018).

Risulta non contestato in atti che la contribuente abbia trasferito la propria residenza già nell’autunno del 2004. Non risulta se tale comunicazione sia stata ritualmente comunicata all’Autorità finanziaria, nei termini indicati dai principi sopra enunciati, mentre la CTR ha mal governato l’insegnamento di questa Suprema Corte di legittimità, ritenendo di agganciare la competenza (funzionale e territoriale) al tempus facti e non al momento della contestazione. Donde il motivo è fondato, dovendo il giudice di rinvio verificare se ed in che modo fosse stata comunicata la variazione di residenza della contribuente all’Amministrazione finanziaria.

2. Con il secondo motivo, si prospetta ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla L. n. 289 del 2002, nel particolare contestando possa applicarsi la proroga dei termini di accertamento anche a chi, come la contribuente, non ha presentato in quell’anno denuncia dei redditi per esservi esentata. Sennonchè la giurisprudenza costituzionale e quella di legittimità sono concordi nel ritenere che la proroga dei poteri accertativi dell’Ufficio si applica indifferentemente ad ogni contribuente, trovando fondamento la norma nella necessità di contemperare il lavoro straordinario connesso al provvedimento clemenziale di quell’anno (Corte Cost. n. 356/2008; Cass. V, n. 14630/2019).

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

3. Con il terzo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, in violazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 132 c.p.c., nella sostanza lamentando che la CTR non abbia motivato adeguatamente nel ritenere fondata la pretesa dell’Ufficio per non aver fornito la contribuente prova contraria capace di vincere la presunzione di maggior reddito in ragione dell’acquisto effettuato. La lettura della gravata sentenza evidenzia in bilanciamento dell’apporto probatorio a favore dell’Ufficio, ritenendo inattendibile le affermazioni di parte private in ordine alla provenienza genitoriale delle risorse per l’acquisto della nuova casa, in assenza di risultanze bancarie, neppure indiziarie. Trattasi di valutazione di merito che esce dal perimetro di sindacato di questa Suprema Corte di legittimità. Ed infatti, come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).

Nè il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).

Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poichè è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la cui riformulazione, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).

Pertanto il motivo è infondato e va disatteso.

Il ricorso è quindi fondato per le ragioni attinte dal primo motivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per le ragioni attinte dal primo motivo, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Abruzzo – L’Aquila, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021

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