Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18917 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2011, (ud. 19/04/2011, dep. 16/09/2011), n.18917

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

nei cui Uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

HEBE SRL, con sede in (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta delega a

margine del controricorso, dall’Avv. INZERILLO Francesco,

elettivamente domiciliata nello studio dell’Avv. Massimo Errante, in

Roma, Via dello Statuto, 32;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 75/29/2005 della Commissione Tributaria

Regionale di Palermo – Sezione n. 29, in data 24.10.2005, depositata

l’08 maggio 2006.

Udita la relazione della causa, svolta nella Pubblica Udienza del 19

aprile 2011 dal Relatore Dott. Renato Polichetti;

Udito, pure, il P.M., Dr. CENICCOLA Raffaele, che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La contribuente in epigrafe indicata impugnava in sede giurisdizionale il silenzio rifiuto, opposto dall’Amministrazione Finanziaria, alla domanda, in data 07.10.1999, sottesa al conseguimento degli interessi, sulla somma relativa ad IVA dell’anno 1985, rimborsata sulla base di precedente richiesta, avanzata con la dichiarazione annuale dell’anno 1986.

L’adita CTP di Agrigento, accoglieva il ricorso, ritenendo e dichiarando che non tornava, nel caso, applicabile l’eccepita prescrizione decennale, stante che l’inizio della relativa decorrenza doveva farsi coincidere con la data di liquidazione della sorte capitale del credito d’imposta, avvenuta il 22.03.1999. Sull’appello dell’Agenzia Entrate, tale decisione veniva confermata dai Giudici di Secondo Grado.

La CTR, in particolare, con la decisione in epigrafe Indicata ed in questa sede impugnata, dopo aver dato atto di un contrasto giurisprudenziale sulla questione, ha espresso valutazioni adesive per quell’orientamento che fa coincidere l’inizio della decorrenza del termine prescrizionale con la data in cui, avvenuta la liquidazione del credito d’imposta, il diritto agli interessi può essere fatto valere.

Con ricorso notificato l’11/17 novembre 2006, l’Agenzia Entrate ha chiesto la cassazione dell’impugnata decisione.

L’intimata società, giusto controricorso notificato il 23 dicembre 2006, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile e, comunque, rigettato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La CTR ha respinto l’appello dell’Agenzia Entrate, opinando, come anzi rilevato, che dovendo farsi coincidere, il dies a quo per l’inizio della decorrenza della prescrizione, con la data di avvenuto rimborso delle somme versate in eccedenza con la dichiarazione IVA, nel caso, il termine prescrizionale per la richiesta degli interessi non poteva ritenersi maturato, stante che la liquidazione della sorte capitale era avvenuta il 22.03.1999 e la domanda relativa agli interessi era stata avanzata in data 07.10.1999.

Con l’unico mezzo, l’impugnata sentenza viene censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis.

Si sostiene che, contrariamente a quanto deciso dal Giudice di appello, il diritto al rimborso degli interessi sul capitale IVA ammesso al rimborso, si prescriva nel termine decennale, decorrente dalla scadenza del terzo mese successivo alla data di presentazione della dichiarazione IVA. La contribuente, con il controricorso notificato il 23 dicembre 2006, in via preliminare, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per inesistenza della notifica, per tardiva proposizione e per mancanza di autosufficienza; nel merito, deduce l’infondatezza del ricorso.

Le preliminari questioni poste dalla controricorrente, si ritiene possano essere esaminate e decise in base ai principi fissati da pregresse pronunce di questa Corte. E’ stato, infatti, deciso che “La notificazione del ricorso per cassazione presso il domicilio che la controparte aveva eletto per il giudizio di appello anzichè presso il domicilio che la medesima aveva eletto nell’atto di notificazione della sentenza impugnata comporta non la nullità della impugnazione, ma la nullità della notificazione dell’atto di gravame, sanabile con effetto “ex tunc”, per l’avvenuto raggiungimento dello scopo, qualora l’intimato cui la notificazione era diretta si costituisca in giudizio, anche se la costituzione avviene dichiaratamente al solo fine di eccepire la nullità (Cass. n. 7062/2002, n. 1862/1996, n. 8468/1994).

E’ stato, altresì, affermato che “In tema di notificazioni, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002 e n. 28 del 23 gennaio 2004, costituisce principio ormai recepito nell’ordinamento processuale civile che la notificazione a mezzo del servizio postale si perfeziona, per il notificante, al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, senza che possa ritenersi attribuito al giudice un potere, assolutamente discrezionale, di verificare, di volta in volta, se il piego sia stato consegnato, o meno, all’ufficiale giudiziario, in termini tali da rendere concretamente possibile il perfezionamento dell’iter notificatorio nel termine di legge.

Pertanto, la verifica, in concreto, del rispetto di termini perentori, quali quelli per la proposizione di impugnazioni, deve ritenersi rimessa a criteri obiettivi – come, per l’appunto, quello della consegna del plico all’ufficiale giudiziario – , senza che possano operare valutazioni discrezionali e soggettive del giudicante o del destinatario dell’atto notificato” (Cass. n. 15809/2005, n. 8447/2004).

E’ stato, pure, precisato che “Il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile in generale, in relazione al principio dell’autosufficienza che lo connota, quando da esso, pur mancando l’esposizione dei motivi dei gravame che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo grado, non risulti impedito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte” (Cass. n. 26234/2005, n. 317/2002).

Alla stregua dei trascritti principi, le formulate eccezioni risultano infondate.

Il Collegio, per quanto, poi, attiene alla questione di merito, è dell’avviso che vada risolta sulla base del condiviso principio secondo cui “In materia di IVA, ove il contribuente opti per la procedura di rimborso accelerato, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1973, n. 633, art. 38 bis, comma 2, il diritto al pagamento diviene liquido ed esigibile con il decorso del più breve termine di tre mesi dalla richiesta. Ne consegue che dalla scadenza del terzo mese successivo alla data di presentazione della dichiarazione decorre il termine ordinario di prescrizione, sia per quanto relativo al capitale che per gli interessi” (Cass. n. 6538/2004, n. 4316/2005).

La decisione impugnata disattende tale principio e va, quindi, cassata.

Non essendo, d’altronde, necessari ulteriori accertamenti di fatto, essendo pacifiche le circostanze relative alla data di presentazione della dichiarazione IVA (1986) ed a quella di inoltro della domanda di rimborso degli interessi (07.10.1999), il diritto al conseguimento degli interessi deve ritenersi estinto, per intervenuta prescrizione decennale, e quindi va respinta la relativa domanda di rimborso.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro mille, oltre quelle prenotate a debito, mentre quelle dei gradi di merito, avuto riguardo all’ondivago orientamento giurisprudenziale, vanno compensate.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, nei sensi di cui alla parte motiva, cassa in relazione l’impugnata sentenza, e rigetta l’originario ricorso e la domanda di rimborso; Condanna la società al pagamento, in favore dell’Agenzia Entrate, delle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro mille, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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