Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18912 del 05/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 05/07/2021), n.18912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8848/11 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

D.G., rappresentato e difeso, giusta procura in calce al

controricorso, dall’avv. Sandro de Paola, con domicilio eletto

presso lo studio dell’avv. Ennio Mazzocco, in Roma, via Ippolito

Nievo, n. 61, scala D;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Molise

n. 17/4/10 depositata in data 19 febbraio 2010

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 29 aprile 2021

dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore generale, Dott. Salzano Francesco, che ha chiesto

dichiararsi l’estinzione del processo per cessata materia del

contendere o, in subordine, il rigetto del ricorso

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Isernia D.G. impugnò l’avviso di accertamento notificatogli dall’Agenzia delle Entrate, con riguardo all’anno di imposta 1999, con il quale erano stati ripresi a tassazione oneri, ritenuti indebitamente dedotti, relativi a contributi trattenuti dalla Regione Molise sulla indennità di carica di consigliere regionale.

A sostegno del ricorso il contribuente eccepì che l’avviso di accertamento era stato tardivamente notificato oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36-ter e 43 e, nel merito, la infondatezza della pretesa fiscale, in quanto l’indennità che la Regione avrebbe dovuto corrispondergli non aveva natura retributiva, ma previdenziale.

2. La Commissione tributaria provinciale adita accolse il ricorso con decisione che venne impugnata dall’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale che respinse il gravame, ritenendo che l’attività posta in essere dall’Ufficio dovesse essere inquadrata in una mera attività di liquidazione operata sulla base della stessa dichiarazione presentata dal contribuente, sicchè l’accertamento era illegittimo in quanto emesso oltre la scadenza dei termini.

3. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, con un unico motivo, cui resiste D.G. mediante controricorso.

All’esito dell’adunanza camerale del 18 maggio 2018, questa Corte, ritenuto necessario richiedere all’Avvocatura generale dello Stato chiarimenti in merito al documento prodotto dal contribuente (all. 1 al controricorso) da cui risultava l’acquiescenza, da parte dell’Agenzia delle entrate, alla sentenza d’appello, ha rinviato la causa a nuovo ruolo.

Alla adunanza camerale del 29 gennaio 2020, in difetto di chiarimenti dell’Avvocatura generale dello Stato, la causa è stata rinviata alla pubblica udienza al fine di acquisire l’originale del provvedimento di acquiescenza, allegato in fotocopia dal contribuente.

4. In prossimità dell’udienza pubblica, l’Agenzia delle entrate ha depositato istanza di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, in ragione dell’intervenuto perfezionamento della procedura di definizione agevolata della controversia, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con un unico motivo la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36-bis, 36-ter e 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e sostiene che il contribuente avrebbe dovuto dichiarare al lordo gli emolumenti corrispostigli dal Consiglio regionale del Molise a titolo di indennità di carica e che, avendo, invece, dichiarato tali emolumenti al netto dell’ammontare dei contributi trattenuti dall’Ente regionale per finanziare la erogazione dell’assegno vitalizio, aveva presentato una dichiarazione infedele, che era stata rettificata mediante accertamento del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38.

Ribadendo che la ripresa fiscale concerne l’omessa dichiarazione di una quota parte del reddito erogato dal Consiglio Regionale del Molise e non l’indebita deduzione di oneri, sostiene che, nel caso di specie, non si è in presenza di una ipotesi di liquidazione o di controllo formale, proprio perchè il contribuente, sulla base di una unilaterale qualificazione giuridica degli emolumenti percepiti, aveva indebitamente decurtato la propria base imponibile in misura pari al contributo trattenuto dalla Regione sulla indennità di carica, sicchè si era resa necessaria, da parte dell’Amministrazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, una adeguata motivazione in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che l’avevano indotta a denegare la deducibilità del contributo.

Sottolinea, altresì, che le somme trattenute dalla Regione sull’indennità di carica dei propri consiglieri, per finanziare l’erogazione di un assegno vitalizio, non hanno natura previdenziale e sono quindi assoggettabili a tassazione.

2. L’adozione della presente pronuncia avviene con la forma dell’ordinanza, dovendosi fare applicazione dell’art. 391 c.p.c., comma 1, come sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. i), convertito con modificazioni, nella L. n. 197 del 2016 (testo che è applicabile al presente ricorso dello stesso D.L. n. 168 del 2016, ex art. 1, comma 2, essendo stata fissata l’odierna pubblica udienza dopo l’entrata in vigore della detta legge di conversione) e del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 19169 del 2017.

3. In pendenza del giudizio, come sopra esposto, il contribuente ha formulato tempestiva domanda di definizione agevolata della controversia, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018, provvedendo al pagamento di quanto dovuto ai fini del perfezionamento della definizione in relazione all’avviso di accertamento oggetto di impugnazione, come emerge dalla comunicazione di regolarità proveniente dall’Agenzia delle entrate.

In conformità alla richiesta formulata dalla ricorrente, non residuano, dunque, ragioni per non realizzare immediatamente la ratio legislativa che nella specie è quella di pervenire all’estinzione del processo pendente, risultando perfezionata la fattispecie estintiva delineata dalla citata norma.

Le spese del processo estinto, ai sensi dell’ultimo periodo del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, restano a carico della parte che le ha sostenute.

P.Q.M.

dichiara estinto il giudizio per il verificarsi della fattispecie di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, convertito, con modificazione, dalla L. n. 136 del 2018 e dichiara cessata la materia del contendere.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021

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