Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18911 del 31/08/2010

Cassazione civile sez. I, 31/08/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 31/08/2010), n.18911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – rel. Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23372/2008 proposto da:

B.C.S.B.S., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE A. SAFFI 95, presso l’avvocato CLAUDIO COPPACCHIOLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GALASSI Eugenio, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI TERAMO;

– intimata –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di TERAMO, depositato il

01/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/06/2010 dal Presidente Dott. PAOLO VITTORIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Il giudice di pace di Teramo, con sentenza 1.8.2008, ha rigettato il ricorso proposto da B.C.S.B.S. avverso il provvedimento di espulsione amministrativa dal territorio dello Stato emesso in suo confronto dal prefetto di Teramo.

Ha considerato:

che non aveva richiesto il rinnovo del permesso del soggiorno prima dei trenta giorni dalla sua scadenza (D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 4) ed erano trascorsi dalla sua scadenza oltre sessanta giorni (art. 13, comma 2, del T.U.);

– che non poteva essere ritenuto scusabile l’errore in cui la straniera aveva dedotto d’essere incorsa, aver considerato non più necessario richiedere il rinnovo del permesso per esserle stata rilasciata la carta di identità;

– che non ricorreva nel caso la condizione, che è di ostacolo all’espulsione secondo l’art. 19, comma 2, lett. b) del T.U., costituita dalla convivenza con parente entro il quarto di grado di nazionalità italiana;

– che d’altra parte non risultava che la madre avesse chiesto al tribunale per i minorenni, unico organo competente a darla, l’autorizzazione a permanere temporaneamente nel territorio dello Stato per motivi connessi con lo sviluppo del figlio minore, secondo il disposto dell’art. 31, comma 3, del T.U..

2. – B.C.S.B.S. ha chiesto la cassazione della sentenza con ricorso notificato il 24.9.2008.

3. – Il prefetto di Teramo non ha depositato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene cinque motivi.

2. Il primo ed il terzo possono essere esaminati insieme.

La cassazione è chiesta col primo motivo per un vizio di violazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 2, lett. c).

Lo conclude il seguente quesito: – “Dica la S.C. adita se comporti violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c), l’emissione di decreto prefettizio di espulsione (e la conforme decisione giudiziale qui impugnata) elevato, ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. b) del medesimo D.Lgs., nei riguardi di una donna straniera, madre di due figli di cui uno maggiorenne e l’altro minorenne, ambedue nati e residenti in (OMISSIS), di cui la minore concepita e riconosciuta da cittadino italiano.

E’ esplicitato nel ricorso che si tratta di figli conviventi.

Col terzo motivo è poi dedotto un vizio di difetto di motivazione.

I due motivi non sono fondati.

La censura di violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. C, è erronea e priva di autosufficienza.

Il giudice di pace ha effettivamente negato la sussistenza del divieto di espulsione per “coesione familiare” in modo apodittico, ma la censura è generica e non coglie nel segno posto che: a) l’affermazione per la quale la figlia minore G.S. è stata riconosciuta dal padre G. e quindi è cittadina italiana in base alla L. n. 91 del 1992, art. 2, comma 1, è sfornita della allegazione e in questa sede della riproposizione sintetica dei dati anagrafici riguardanti la maternità, il riconoscimento, la cittadinanza italiana del padre; b) quand’anche la piccola (10 anni) fosse cittadina e convivente con l’attuale ricorrente ciò sarebbe irrilevante, alla stregua della giurisprudenza della Corte (Cass. 15 gennaio 2010 n. 567 e 4 luglio 2006 n. 153246).

La situazione avrebbe se mai potuto essere tutelabile in base all’art. 31, comma 3, del T.U., ma esattamente il giudice di pace ha negato ingresso alla tutela prevista dall’art. 31, posto che essa non opera come divieto di espulsione (al quale è presidio nelle sole situazioni previste dall’art. 19, comma 2), ma come fonte di permessi deliberati dal tribunale dei minorenni.

Dal che deriva che è infondato anche il quarto motivo, con cui si è dedotta appunto la violazione del D.Lgs. 286 del 1998, art. 31, comma 3.

3. – Sono ancora infondati il secondo ed il quinto motivo, con i quali la cassazione è chiesta, rispettivamente, per vizi di difetto di motivazione e violazione di norme di diritto (art. 360 cod. proc. civ., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 15).

Di nessun rilievo, infatti, è il richiamo alla ponderazione degli interessi familiari imposta dal D.Lgs. n. 5 del 2007 – che viene fatto nel primo dei due motivi – giacchè – come è lo stesso motivo ad esporre – essa si riferisce ai soli casi di espulsione di chi sia stato ricongiunto od abbia esercitato il diritto al ricongiungimento (artt. 28 e 29 del T.U.), casi che non ricorrono nella specie.

Quanto all’altro motivo, si deve osservare che la cognizione della contestazione sulla legittimità della intimazione di allontanamento, adottata dal questore in base al D.Lgs. n. 296 del 1998, art. 14, comma 5 bis, spetta, secondo costante giurisprudenza, al solo giudice competente per il reato di inottemperanza a detta intimazione di cui al successivo comma 5 ter (Sez. Un. 18 ottobre 2005 n. 20121).

4. – Il ricorso è rigettato.

Non ci si deve pronunciare sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2010

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