Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18909 del 17/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18909 Anno 2018
Presidente: CRUCITTI ROBERTA
Relatore: GIUDICEPIETRO ANDREINA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24934/2011 R.G. proposto da
A g enzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata
dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio le g ale in Roma, via dei
Porto g hesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato ;

– ricorrente contro
Somia s.r.I., in persona del I.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Raffaele
Lebotti, elettivamente domiciliata in Roma alla via Romeo Romei n.23
presso l’avv. Fabrizio Cuppone

-controricorrente avverso la sentenza n.64002/10 della Commissione Tributaria Re g ionale
della Basilicata del 29/5/09, depositata il 14/7/2010 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14/3/2018 dal
Consi g liere Andreina Giudicepietro;

Data pubblicazione: 17/07/2018

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott. Immacolata Zeno, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi
secondo e terzo;
udito l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per la ricorrente Agenzia delle
Entrate.

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con cinque motivi avverso la Somia
s.r.l. per la cassazione della sentenza n.642/02/10 della Commissione
Tributaria Regionale della Basilicata del 29/5/09, depositata il 14/7/2010 e
non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa dell’avviso n.
02577585009 del 18/12/2007, di recupero del credito di imposta
indebitamente utilizzato per gli anni 2001, 2002 e 2003 per la decadenza
dal beneficio di cui all’art.8 L. n.388/00, comma 7, ha accolto l’appello della
società contribuente avverso la sentenza della C.T.P. di Potenza, che, a sua
volta, aveva rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.
2. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Basilicata, in riforma della
sentenza di primo grado, ha ritenuto che la società contribuente avesse
dimostrato la sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 8, comma 7, L.
n.388/00, come interpretato dall’art.7, comma 1 bis, D.L. n.203/05, che le
consentivano di non perdere l’agevolazione fiscale relativa ad un immobile,
locato a terzi, cioè che l’immobile facesse parte di un complesso
polifunzionale unitario e che fosse destinato dal locatario all’esercizio di
attività di impresa.
3. A seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Somia s.r.l. si
costituiva e resisteva con controricorso, notificato il 17/11/2011.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia ricorrente denuncia la
violazione del comma 2 , lett. e) e del comma 4 dell’art.18 D.Lgs. n.546/92
dell’art.57 D.Lgs. n.546/92 e dell’art.112 c.p.c., in relazione all’art. 360,
comma 1, n.4, c.p.c.

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Cons. est. Andreina Giudicepietro

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FATTI DI CAUSA

Sostiene la ricorrente che i giudici di secondo grado hanno
inammissibilmente pronunciato sulla sussistenza delle condizioni che
escludono la decadenza dal beneficio, poiché la società contribuente, nel
ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, aveva fatto riferimento solo
alla destinazione dell’immobile ad attività di impresa da parte del locatario e
non all’ulteriore requisito, indispensabile ai sensi dell’art. 8, comma 7, L.

dell’appartenenza dello stesso ad un complesso polifunzionale unitario.
Tale ulteriore condizione, dedotta con una memoria difensiva della
società a seguito delle contestazioni dell’Ufficio ed oggetto di una perizia di
parte depositata nel corso del giudizio di primo grado, sarebbe stata
introdotta tardivamente dalla ricorrente ed avrebbe comportato un
inammissibile ampliamento dell’oggetto del giudizio, in violazione degli artt.
18, comma 2 , lett. e) e comma 4, nonchè 57 D.Lgs. n.546/92.
Pertanto, secondo l’Agenzia delle Entrate, il giudice di appello non
avrebbe potuto pronunciarsi in ordine alla sussistenza dell’ulteriore
requisito, ma avrebbe dovuto limitarsi a rigettare l’appello della
contribuente, confermando la sentenza di primo grado.
1.2. Il motivo è infondato.
1.3. Ed invero, nel giudizio di appello, come riferito nella sentenza
impugnata e confermato dallo stessa agenzia ricorrente, non è stato
operato alcun ampliamento dell’oggetto della controversia; la società ha
reiterato il motivo di impugnazione, già dedotto nel giudizio di primo grado,
relativo alla insussistenza della causa di revoca della agevolazione prevista
dall’art.8 comma 7, ( locazione a terzi del fabbricato industriale oggetto di
agevolazione), nel testo rivisitato dalla norma di interpretazione autentica
dettata all’art.7 comma 1 bis D.L. n.203/05.
L’Agenzia non può, quindi, lamentarsi del fatto che il giudice di appello
non abbia d’ufficio dichiarato inammissibile la domanda di annullamento
proposta dall’appellante con riferimento alla questione (nuova) riguardante
le caratteristiche dell’immobile locato, perché tale questione era stata
introdotta dalla società ricorrente in primo grado, era stata oggetto di
specifica pronuncia da parte della C.T.P. ed era stata appellata dalla società

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n.388/00, come interpretato dall’art.7, comma 1 bis, D.L. n.203/05,

contribuente. Né risulta che l’Agenzia abbia avanzato alcuna contestazione
in ordine all’ammissibilità della questione nel giudizio di appello, se non una
doglianza generica ed infondata sulla novità del riferimento alla norma
interpretativa di cui all’art.7, comma 1 bis, D.L. n.203/05, secondo quanto
riportato in ricorso dalla stessa Agenzia (risultano riprodotti in ricorso tutti
gli atti di controparte, ma non l’atto di costituzione dell’Agenzia nel giudizio

Il giudice di appello, in riforma della sentenza di primo grado e con
valutazioni in fatto incensurabili in questa sede, ha ritenuto che, in
applicazione della norma di interpretazione autentica, non ricorreva nel caso
in esame un’ipotesi di revoca dell’agevolazione, per cui deve concludersi nel
senso che il dedotto vizio di ultrapetizione è infondato.
2.1. Secondo motivo – Violazione dell’art.8, comma 7, della legge
n.388/00 in comb. disp. con l’art.7, comma 1 bis, D.L. n. 203/05, in
relazione all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c.
Terzo motivo – Insufficiente motivazione su di un fatto controverso e
decisivo, in relazione all’art.360, comma 1, n. 5, c.p.c., consistente
nell’appartenenza dell’immobile locato a Tecnoallestimenti s.r.l. al
complesso immobiliare unitario polifunzionale di Somia s.r.I., destinato allo
svolgimento di attività commerciali ai fini dell’art.8, comma 7, L.388/00,
come interpretato dall’art. 7, comma 1 bis, D.L. n.203/05.
3.2. I motivi sono connessi, vanno esaminati insieme e sono in parte
inammissibili ed in parte infondati.
3.3. Secondo la ricorrente, i giudici di appello avrebbero confuso la
nozione di polifunzionalità con quella di semplice pluralità di attività,
amministrative e commerciali, svolte all’interno dell’immobile oggetto di
investimento. Non vi sarebbe, nel caso di specie, una motivazione idonea a
giustificare la conclusione che l’immobile oggetto di locazione si inserisca in
un complesso unitario polifunzionale, secondo quanto previso dalla
normativa in esame.
Deve, però, rilevarsi che, in quanto tendente ad un riesame degli
elementi di fatto posti a base della motivazione dei giudici di appello, il terzo

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di appello, necessario ai fini della specificità del ricorso stesso).

motivo risulta inammissibile, perché concernente un giudizio di merito
precluso in sede di legittimità.
Risulta, invece, infondato per la censura relativa all’insufficienza della
motivazione adottata, che può essere condivisa o meno, ma è comunque
idonea a palesare l’iter logico seguito dai giudici di appello nel ritenere che
l’immobile fosse inserito in un complesso polifunzionale, destinato

esercitata dal locatore nei restanti locali; di conseguenza risulta infondata
anche la censura relativa alla violazione di legge, che non sussiste poiché i
giudici di appello si sono attenuti alla normativa vigente.
4.1. Quarto motivo – Insufficiente motivazione, in relazione all’art.360,
comma 1, n.5, c.p.c., su di un fatto controverso e decisivo, consistente nella
locazione di una frazione dell’immobile oggetto dell’investimento.
Quinto motivo – Violazione dell’art.8 , comma 7, della legge n.388/00
in comb. disp. con l’art.7, comma 1 bis,

D.L. n. 203/05, in relazione

all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c.
4.2. Con il quarto ed il quinto motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate
censura, sotto il profilo dell’insufficienza di motivazione e della violazione di
legge, il fatto che la C.T.R. della Basilicata non avrebbe correttamente
valutato la circostanza che solo una parte dell’immobile veniva locato alla
Tecnoallestimenti s.r.I., fattispecie non riconducibile alla normativa in
esame.
4.3. Così esposti, i motivi suddetti risultano inammissibili.
In particolare, l’Agenzia ricorrente non chiarisce per quale ragione la
locazione parziale dell’immobile comporti l’inapplicabilità dell’art. 8, comma
7, L. n.388/00, come interpretato dall’art.7, comma 1 bis, D.L. n.203/05,
per cui i motivi risultano generici.
Inoltre, la questione della locazione parziale dell’immobile non ha
costituito oggetto di discussione tra le parti nei gradi di merito, nè è indicata
tra le cause di decadenza dal beneficio nell’atto di recupero del credito
d’imposta, per cui non può essere introdotta tardivamente in sede di
giudizio di legittimità.

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all’esercizio di un’attività commerciale affine e complementare a quella

L’accenno, contenuto nella sentenza impugnata, alla “locazione di un
immobile, o di parte di esso”, ha natura descrittiva della fattispecie oggetto
di esame e non tende a dirimere un contrasto insorto tra le parti, anzi,
secondo la prospettazione del giudice di appello, verte su di una
circostanza fattuale irrilevante, che non influisce sulla disciplina applicabile
alla fattispecie in esame.

pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della
controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in
favore della Somia s.r.l. delle spese del giudizio di legittimità che liquida in
euro 6.000,00, oltre i115°/0 per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2018

5.1. Attesa la soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata al

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