Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18909 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2011, (ud. 12/04/2011, dep. 16/09/2011), n.18909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21483-2006 proposto da:

OLDAMA CORSE CAVALLI SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE ANGELICO 97, presso

lo studio dell’avvocato LEONE AURELIO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato NIGRA AMEDEO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI NOVI LIGURE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 30/2005 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 31/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il ricorrente l’Avvocato LEONE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato SPINA, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La istanza presentata da OLDAMA Corse Cavalli s.r.l. per ottenere il rimborso della maggiore imposta per Euro 13.010,00 versata a titolo di IVA per l’anno 1999 in conseguenza della errata applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 5 (avendo la società applicato la detrazione forfetaria IVA, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19 nella misura di 1/10 anzichè di 2/3), veniva respinta dall’Ufficio Entrate di Novi Ligure.

La sentenza della CTP di Alessandria n. 22/3/2004 che, in accoglimento del ricorso avverso il provvedimento di rigetto, riconosceva il diritto della società al rimborso, era integralmente riformata dalla CTR di Torino sez. 38 che, con sentenza in data 31.5.2005, accoglieva l’appello dell’Ufficio di Novi Ligure della Agenzia delle Entrate.

Ricorre per la cassazione di detta sentenza la società deducendo tre motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. La sentenza impugnata ha accolto l’appello dell’Ufficio finanziario, disconoscendo il dritto della società al rimborso dell’IVA versata in eccesso, sulla base delle seguenti “rationes decidendi”:

– la qualificazione delle erogazioni di contributi dell’UNIRE come operazioni non connesse agli spettacoli è frutto di una scelta volontaria della società come si evince dalle causali delle distinte di incasso e dalla successiva condotta della contribuente che ha inteso applicare la detrazione IVA nella misura pari ad un decimo dell’imposta relativa a tali operazioni: non sussiste pertanto errore nella determinazione della imposta;

la società non ha assoggettato alla imposta sugli spettacoli i contributi erogati dall’ente pubblico UNIRE, ritenendo (come emerge dalle distinte di incasso) che tali importi non costituissero base imponibile ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 3, comma 2, lett. c) ed ha assoggettato pertanto tali contributi esclusivamente ad IVA trattandosi di “altri proventi non connessi alla utilizzazione od all’allestimento degli spettacoli” per i quali il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 5 – come modificato dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, art. 7 prevedeva la detrazione forfettizzata, ex art. 19, del medesimo Decreto, “in misura pari ad un decimo della imposta relativa alle operazioni stesse”: non essendo dunque stata applicata la imposta sugli spettacoli in quanto le operazioni in questione non potevano ritenersi connesse all’utilizzo od allestimento di spettacoli, difetta la condizione presupposta per poter richiedere il rimborso delle maggiori somme versate onde conseguire la detrazione IVA nella “misura pari a 2/3 dell’imposta relativa alle operazioni imponibili ai fini della imposta sugli spettacoli”, prevista soltanto per le operazioni “connesse a quelle di spettacolo”:

la base imponibile, ai fini della imposta sugli spettacoli, è stata ampliata dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, art. 3 che ha modificato il D.P.R. n. 640 del 1972, art. 3 includendovi anche “I contributi da chiunque erogati in precedenza non contemplati dalla norma: non avendo la norma sopravvenuta portata interpretativa, ne consegue che al tempo del versamento della imposta i “contribuir corrisposti dall’UNIRE erano esclusi dalla base imponibile ai fini della imposta sugli spettacoli e, pertanto, non potevano fruire della detrazione di IVA prevista nella misura dei 2/3 della imposta relativa alle operazioni assoggettate alla imposta sugli spettacoli;

– la società ha prodotto in giudizio una dichiarazione proveniente da UNIRE secondo la quale “tutti i proventi erogati sono connessi alla organizzazione dello spettacolo relativo al le corse dei cavalli tale dichiarazione, tuttavia, non è sufficiente ad integrare la prova della effettiva destinazione dei contributi alla organizzazione degli spettacoli in quanto “generica e priva di riscontri oggetti.

p.2. La società ha censurato la sentenza della CTR piemontese deducendo:

1) violazione dell’art. 2033 c.c. e vizio della motivazione avendo ritenuto i Giudici di appello insussistente il diritto al rimborso sul mero presupposto della volontaria condotta tenuta dalla società nel ritenere te operazioni (contributi erogati dall’UNIRE) non connesse all’utilizzazione od all’allestimento di spettacoli, invece di accertare il diritto al rimborso alla stregua della normativa fiscale applicabile alla fattispecie;

2) violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 5 e del D.Lgs. n. 60 del 1999, art. 3 nonchè vizio di motivazione. I Giudici non hanno fatto corretta applicazione della prima norma atteso che la società aveva diritto ad applicare la detrazione IVA, nella misura di 2/3, trattandosi di proventi connessi alla attività di spettacolo. Hanno inoltre desunto la non spettanza del rimborso dal mancato assoggettamento dei contributi UNIRE alla imposta sugli spettacoli, non tenendo conto che, anteriormente alla disposizione del D.Lgs. n. 60 del 1999, art. 3 in vigore dall’1.1.2000, tali contributi non dovevano essere ricompresi nella base imponibile di tale imposta;

3) omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 c.p.c.) nonchè vizio di motivazione, avendo i Giudici territoriali escluso il diritto al rimborso ipotizzando come reale la mera astratta possibilità che la società, per avere diritto alla maggiore detrazione IVA, avrebbe dovuto assoggettare i contributi UNIRE alla imposta sugli spettacoli.

p.4. La Agenzia delle Entrate ha controdedotto in ordine ai tre motivi di ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

p.5. Per ragioni di economia processuale appare opportuno esaminare il secondo ed il terzo motivo che, attesa l’intima connessione, possono essere trattati congiuntamente.

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 5 – nel testo vigente pro tempore modificato dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, art. 7 con efficacia – stabilita dall’art. 11, comma 8, a decorrere dall’1.1.1998. ed applicabile all’anno di imposta 1999 – prevede che per gli spettacoli effettuati dagli esercenti le suddette attività, l’IVA “si applica sulla stessa base imponibile dell’imposta sugli spettacoli ed è riscossa con le stesse modalità stabilite per quest’ultima imposta. La detrazione di cui all’art. 19 è forfettizzata in misura pari al cinquanta per cento (a due terzi relativamente agli anni 1998 e 1999, giusta deroga prevista, rispettivamente, dal D.Lgs. n. 313 del 1997, art. 11, comma 6 e dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, art. 19, comma 2) dell’imposta relativa alle operazioni imponibili ai fini della imposta sugli spettacoli.

Il D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, art. 7 ha introdotto ulteriori modifiche al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 5 e, per quanto interessa il presente giudizio, ha previsto che “se nell’esercizio delle attività di spettacolo vengono effettuate anche operazioni non soggette all’imposta sugli spettacoli, comprese prestazioni pubblicitarie, … la detrazione di cui all’art. 19 è forfettizzata in misura pari a un decimo della imposta relativa alte operazioni stesse”.

Per quanto le operazioni assoggettabili alla imposta sugli spettacoli, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 3, comma 2, lett. c) nel testo vigente a 1999, disponeva che concorrono a formare la base imponibile “l’ammontare … dei sussidi corrisposti da persone od enti privati, nonchè ogni altro provento comunque connesso alla utilizzazione o all’allestimento degli spettacoli …”.

Tale norma è stata modificata, con effetto dall’1.1.2000, dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, art. 3 che ha sostituito ai sussidi erogati dai privati “i contributi da chiunque erogati nonchè il controvalore delle dotazioni da chiunque fornite”, fermo sostanzialmente il resto della disposizione (“ogni altro provento comunque connesso alla utilizzazione ed alla organizzazione degli intrattenimento e delle altre attività”).

Tanto premesso alla stregua della normativa vigente al tempo (1999), i contributi erogati da enti pubblici, quali l’UNIRE, non erano espressamente contemplati dalla disciplina della imposta sugli spettacoli, con la conseguenza che le operazioni di erogazione di tali importi, ove in ipotesi ritenute non riconducigli alla categoria residuale di cui al D.P.R. n. 640 del 1972, art. 3, comma 2, lett. c) (“ogni altro provento comunque connesso alla utilizzazioni o all’allestimento degli spettacoli”), rimanevano assoggettate esclusivamente alla applicazione dell’IVA, ricadendo, ai sensi del D.Lgs. n. 313 del 1997, art. 7 tra le “operazioni non soggette alla imposta sugli spettacolì (per la quali era prevista la detrazione forfettaria IVA pari ad un decimo della imposta relativa alte operazioni stesse).

Occorre tuttavia considerare che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo rilevato la tendenza espansiva della categoria residuale (“ogni altro provento connesso”), desumibile da un attento esame delle locuzioni utilizzate dal Legislatore quali “l’ampiezza del concetto di “connessione”, la ripetizione dell’avverbio “comunque” rispetto al primo comma, la carica di indefinitezza insita nelle parole “ogni altro” e, in primis, dal riferimento all’ipotesi dell'”allestimento”, che, in quanto considerata parallelamente a quella dell'”utilizzazione”, sta ad indicare che la norma, oltrechè al momento della utilizzazione, o fruizione, o “consumo”, dello spettacolo da parte degli spettatori, guarda anche all’allestimento di esso e ai proventi a ciò relativi, provenienti da terzi che con gli spettatori non si identificano, pervenendo, quindi, ad affermare che nella base imponibile dell’imposta sugli spettacoli, ai sensi del D.P.R. 20 ottobre 1972, n. 640, art. 3, comma 2, lett. c), deve includersi tutto ciò che all’organizzatore dello spettacolo perviene non solo dagli spettatori per la fruizione dello spettacolo stesso, ma anche da terzi in connessione con l’allestimento di questo (cfr.

Corte cass. 1 sez. 19.1.1996 n. 428 e n. 429; id. 1 sez. 21.12.1998 n. 12738; vedi Corte cass. 5 sez. 24.4.2009 n. 9775 che precisa come la categoria residuale “non si applica ai soli proventi percepiti nella fase della fruizione o del consumo dello spettacolo, ma anche a quelli riguardanti la fase anteriore de suo allestimento, riferendosi anche a categorie di erogatori che non si identificano con i consumatori dello spettacolo”).

Non sembrano quindi sussistere, anche con riferimento alla normativa anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 60 del 1999, ostacoli di carattere interpretativo alla riconducibilità dei “contributi” erogati dall’UNIRE nella categoria residuale predetta, semprechè risulti accertato il requisito essenziale della “connessione” di tali introiti alla utilizzazione ovvero alla attività di organizzazione (allestimento) degli spettacoli (cfr.

Corte Cass. 1 sez. n. 428/1996 cit., che distingue a tal fine la sponsorizzazione – che realizza detta “connessione” stante la finalità dello “sponsor” di promuovere il proprio nome commerciale o il proprio marchio mediante l’abbinamento con lo spettacolo stesso, autonomamente organizzato, dalla pubblicità – che non realizza tale “connessione” in quanto l’attività promozionale è rispetto all’evento stesso in rapporto di semplice occasionante; conf. Corte cass. 5 sez. n. 9775/2009 cit.).

La obiezione dell’Amministrazione finanziaria -fatta propria dalla sentenza impugnata – secondo cui tale soluzione interpretativa priverebbe di portata precettiva-innovativa la norma del D.Lgs. n. 60 del 1999, art. 3 (che ha espressamente inserito nella base imponibile della imposta sugli spettacoli “i contributi da chiunque erogati” ), non pare decisiva, tenuto conto che l’interprete non può prescindere dalla struttura formale della fattispecie tributaria come descritta dalle norme impositive, sicchè, avuto riguardo alla norma in esame che, al comma 1, individua nel prezzo corrisposto da pubblico per assistere allo spettacolo la generale base imponibile del tributo, ed al comma 2 individua ulteriori specifici componenti della base imponibile, con elencazione tassativa, deve ritenersi che, a differenza della categoria residuale di “ogni altro provento”, ricondotta nella base imponibile esclusivamente in quanto sussista una connessione con l’utilizzazione o la organizzazione dell’evento (e che richiede pertanto il previo accertamento di tale condizione), la espressa previsione delle altre categorie, nominativamente indicate (tra cui la norma modificatrice ha inserto anche “i contributi”) quali componenti della base imponibile della imposta sugli spettacoli, non richiede alcuna ulteriore verifica della esistenza di una “connessione” con la fruizione o la organizzazione dello spettacolo, essendo stata già compiuta tale valutazione dalla norma stessa.

Il D.Lgs. n. 60 del 1999, art. 3 pertanto, diversamente da quanto sostenuto dalla resistente, non verrebbe a ridursi ad una norma superflua qualora si ritenesse che i contributi UNIRE dovessero ritenersi già inclusi nella base imponibile (in quanto rientranti nella categoria residuale di cui al D.P.R. n. 640 del 1972, art. 3, comma 2, lett. c – nel testo anteriore alla novella del 1999), atteso che la nuova norma ha innovato la disposizione precedente riconducendo tali erogazioni nella specifica categoria dei “contributi da chiunque erogati” (che ha unificato in essa tanto i sussidi e le dotazioni forniti da enti e persone fisiche private, quanto da enti pubblici), sottraendo così la imputazione di tali introiti alla base imponibile – ai fini della imposta sugli spettacoli – al previo accertamento dell’ulteriore requisito oggettivo della “connessione allo spettacolo” che è invece rimasto per “ogni altro provento” diverso da quelli indicati nominativamente.

Orbene la innovazione al D.P.R. n. 640 del 1972, art. 3, comma 2, lett. c) introdotta dal D.Lgs. n. 60 del 1999, trova applicazione soltanto a decorrere dal primo gennaio 2000, e dunque i contributi UNIRE, versati alla società nell’anno 1999, potevano fruire, al tempo, della detrazione IVA pari a due terzi (D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 74, comma 5) potendo legittimamente essere riconosciuti come proventi comunque connessi all’utilizzazione o all’allestimento degli spettacoli e dunque come operazioni imponibili ai fini della imposta sugli spettacoli. Diversamente – qualora non fosse stato accertato il requisito della “connessione”- tali contributi sarebbero stati esenti dalla imposta sugli spettacoli, fruendo in conseguenza del regime forfetario della detrazione in misura ridotta ad 1/10 della imposta relativa alle operazioni non soggette alla imposta sugli spettacoli (D.Lgs. n. 313 del 1997, art. 7 modificativo del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 74, comma 5).

La motivazione della CTR non è, pertanto, conforme a diritto laddove fonda la decisione sulla errata esclusione dei contributi UNIRE dalla previsione della categoria residuale contemplata dal D.P.R. n. 640 del 1972, art. 3, comma 2, lett. c) ed ancora quando, tautologicamente, sostiene che tali contributi non potevano beneficiare della maggiore detrazione IVA pari a 2/3 in quanto non erano stati assoggettati ad imposta sugli spettacoli, omettendo di considerare che la istanza di rimborso presentata dalla società era fondata proprio sulla rettifica della erronea qualificazione giuridica originariamente attribuita dalla stessa società a detti contributi.

Il contenuto motivazionale della decisione della CTR piemontese non si esaurisce, peraltro negli indicati argomenti logici, venendo a fondare la decisione anche su di un’altra autonoma “ratio decidendi” avente a oggetto la ritenuta mancata dimostrazione da parte della società che i contributi UNIRE fossero “connesse alla attività di organizzazione degli spettacoli: i Giudici territoriali hanno, infatti, valutato insufficiente sul piano probatorio la mera dichiarazione dell’UNIRE prodotta in giudizio dalla società, sia perchè smentita dalle contrarie determinazioni della SIAE, sia in quanto “generica e priva di riscontri oggettivi”.

La società ricorrente non ha proposto specifico motivo di impugnazione avverso tale autonoma ragione delle decisione, destituendo in tal modo di ogni rilevanza l’accoglimento delle censure che investono le altre parti della motivazione, che non varrebbe ad inficiare comunque la decisione fondata su altra ratio decidendi, con la conseguenza che deve ribadirsi il principio affermato da questa Corte secondo cui “qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte-oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante la intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa” (cfr. Corte cass. SU 20.6.2007 n. 14297;

Corte cass. SU 23.12.2009 n. 27210).

In conseguenza il ricorso deve essere rigettato e la società soccombente condannata alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio che vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese di lite relative al presente giudizio che liquida in Euro 1.300,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, 12 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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