Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18908 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 26/09/2016, (ud. 28/06/2016, dep. 26/09/2016), n.18908

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17741-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.N.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 48/09/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA del 15/12/2014, depositata il 12/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti della contribuente V.N., che non resiste, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia – Romagna n. 48/9/15, depositata il 12/1/2015, con la quale, confermando la pronuncia di primo grado, è stato accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, con il quale, considerata l’antieconomicità dell’attività svolta dalla contribuente ed in particolare la assoluta inadeguateza dei costi dalla stessa dichiarati, ne è stato rideterminato il reddito, mediante abbattimento dei costi suddetti, che risultavano del tutto ingiustificati.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denunziando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, art. 109 TUIR e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) censura la statuizione della CTR secondo cui l’Amministrazione finanziaria non può sindacare l’antieconomicità di un’operazione, limitandosi a rilevare l’inerenza dei costi all’attività svolta.

Il motivo appare fondato.

Ed invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte nel giudizio tributario, una volta contestata dall’erario l’antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poichè assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombe sul medesimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 (Cass. 6918/2013 e Cass. 26036/2015 in materia di Iva).

Orbene, nel caso di specie l’Ufficio ha specificato gli indici di inattendibilità dei costi dichiarati dalla contribuente, sia in relazione ai ricavi dalla stessa complessivamente dichiarati, che ai costi per identica causale – di gran lunga inferiori – sostenuti dalla propria controparte contrattuale (comodante), costituita, peraltro, da una società di capitali di cui la stessa contribuente era legale rappresentante.

A fronte di tali elementi, gravava sulla contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, non essendo sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili (14068/2014).

A tali principi non risulta essersi conformata la sentenza impugnata, che ha affermato che l’Amministrazione non può sindacare l’antieconomicità di un’operazione ed ha, genericamente, evidenziato “inerenza” alla propria attività dei costi dedotti dalla contribuente.

PQM

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della CTR dell’Emilia – Romagna, che provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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