Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18903 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/07/2017, (ud. 18/05/2017, dep.28/07/2017),  n. 18903

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17291-2016 proposto da:

CLUB ACTIV DI O.H. – in persona del titolare,

elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo

studio dell’avvocato LUCIA ZACCAGNINI, che lo rappresenta e difende

unitamente e disgiuntamente agli avvocati MARCO DELLA LUNA e RUTH

NIEDERKOFLER;

– ricorrente –

contro

H. IN W.C., elettivamente domiciliata in ROMA,

V.FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

REGGIO D’ACI, che la rappresenta e difende unitamente e

disgiuntamente agli avvocati HANS PRADA e FEDERICO MAZZEI;

– controricorrente –

e contro

FARO COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE E RIASSICURAZIONE S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 89/2016 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO –

SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO, depositata il 10/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 18/05/2017 dal Consigliere Dott. UNA RUBINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La domanda di H.C. in W., volta ad ottenere nei confronti di Club Activ di O.H. la condanna al risarcimento dei danni alla persona riportati a seguito di una gita di rafting organizzata dal predetto club sportivo in cui, dietro incitamento dell’organizzatore, si lanciava da un ponte in un torrente riportando la frattura di un piede, veniva parzialmente accolta dal tribunale, che accertava la concorrente responsabilità della danneggiata nella misura di un terzo, con decisione integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con la sentenza n. 89 del 2016 qui impugnata.

Il Club Activ di O.H. propone tre motivi di ricorso per cassazione nei confronti di H. in W.C. e di Faro Compagnia di Assicurazione e Riassicurazione s.p.a., cui resiste la H. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., su proposta del relatore, in quanto ritenuto manifestamente infondato.

Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, ritiene di condividere la soluzione proposta dal relatore.

Il ricorso non contiene in effetti una chiara segnalazione degli errori di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata; contesta che la sentenza impugnata non indichi le norme violate, sulle quali ha ritenuto di fondare la sua responsabilità contrattuale, fino a sconfinare nella nullità della motivazione.

Contesta che la corte d’appello abbia ritenuto esistente la sua concorrente e prevalente responsabilità contrattuale nel verificarsi del danno in capo alla H., partecipante ad una escursione di rafting, perchè, dopo aver illustrato ai partecipanti alla gita, nel momento della conclusione di essa, la possibilità di buttarsi da un ponticello nel torrente sottostante, non avrebbe posto in essere tutte le cautele necessarie ad evitare che questi potessero, nel porre in essere questa condotta pericolosa, provocarsi un danno, posizionando un assistente o controllando personalmente che essi si buttassero dall’esatto punto indicato (e non dove l’acqua era troppo bassa, come ebbe a fare la danneggiata), nè in limitate condizioni di autonomia, atte a condizionare i loro tempi di reazione (la H. si buttò tenendosi per mano con il marito). Ritiene di aver esaurito il suo obbligo di diligenza nell’aver dato esatte indicazioni ai gitanti, alle quali questi non si sono attenuti, ponendo in essere un comportamento rischioso non indicato e non evitabile se non, sostiene il ricorrente, con la coazione fisica.

Critica la sentenza anche sotto il profilo della motivazione, ritenendo che la corte d’appello non abbia tenuto conto di una serie di circostanze decisive che sono emerse con chiarezza dalla deposizioni testimoniali: la chiarezza delle indicazioni date ai partecipanti e il mancato rispetto di esse da parte della danneggiata, che dapprima, spaventata, decideva di rinunciare al salto, per poi in effetti eseguirlo abbracciata al marito e buttandosi da un punto sbagliato, nonostante gli inviti del ricorrente a non saltare da quel punto.

La sentenza impugnata resiste alle critiche mossele ed è coerente con la giurisprudenza di questa Corte laddove ha ritenuto che il ricorrente, che organizzava una attività sportiva obiettivamente pericolosa, non abbia predisposto una organizzazione adeguata sotto il profilo della protezione dei partecipanti, atta ad evitare a che da essa non sortissero danni a carico dei partecipanti.

Deve ritenersi infatti che l’organizzatore di una attività sportiva che abbia caratteristiche intrinseche di pericolosità o che inserisca in una attività sportiva di per sè non pericolosa passaggi di particolare difficoltà, in cui il rischio di procurarsi danni alla persona per i partecipanti dotati di capacità sportive medie sia più elevato della media, debba, nell’ambito della diligenza dovuta per l’esecuzione della propria obbligazione contrattuale, illustrare la difficoltà dell’attività o del relativo passaggio e predisporre cautele adeguate a che quel particolare passaggio, se affrontato, sia nondimeno svolto da tutti i partecipanti in condizioni di sicurezza.

Questa Corte ha infatti più volte affermato, specie all’interno di sentenze penali, che l’organizzatore e il gestore di attività sportive con caratteristiche di pericolosità quali il rafting si trovino in una posizione di protezione nei confronti nei confronti dei soggetti che a loro si rivolgono per praticare tale attività sportiva pericolosa e che, per andare esenti da responsabilità, debbano adottare tutte le cautele necessarie per contenere e non aggravare il rischio e per impedire che siano superati i limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva (v. Cass. pen. n. 3446 del 2004, proprio a proposito del rafting, Cass. pen n. 16998/2006, Cass. pen n. 22037 del 2015).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza della ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.600,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 18 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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