Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18902 del 28/07/2017
Cassazione civile, sez. VI, 28/07/2017, (ud. 21/06/2017, dep.28/07/2017), n. 18902
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17301-2016 proposto da:
M.I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato ANTONIO CARBONELLI;
– ricorrente –
contro
BONOMINI S.R.L. – C.F. (OMISSIS), in persona del suo legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato DONATELLA
MUGNANO, rappresentata e difesa unitamente dagli avvocati UGO
BRACUTI e GIUSEPPE BRACUTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 175/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 06/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/06/2017 dal Consigliere Dott. GHINOY PAOLA;
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
1. la Corte d’appello di Brescia rigettava il reclamo proposto della L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 58, da M.I.A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede, che l’aveva ritenuto decaduto dall’impugnativa del licenziamento disciplinare intimato da Bonomini s.r.l. con lettera del 22 giugno 2009, considerato che l’impugnativa stragiudiziale del 7 agosto 2009 non era stata seguita nel termine perentorio di 270 giorni, vigente all’epoca, dall’instaurazione del relativo giudizio, in violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, essendo stato depositato il ricorso giudiziale soltanto il 24 luglio 2014.
2. Per la cassazione della sentenza M.I.A. propone ricorso, con il quale deduce la falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, come modificato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1, in relazione all’articolo 11 commi 1 e 14 delle disposizioni preliminari del codice civile e sostiene che le decadenze introdotte non sarebbero applicabili ai licenziamenti intimati prima dell’entrata in vigore della L. n. 183 del 2010.
3. La Bonomini s.r.l. ha resistito con controricorso.
4. Il ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., nella quale sostiene che la tesi adottata dalla Corte territoriale si porrebbe in contrasto con il diritto al lavoro, tutelato dall’art. 4 Cost., con gli artt. 1 e 24 della Carta sociale europea, che impongono di tutelare in modo efficace il diritto al lavoro, con l’art. 5.1. della Carta di Nizza, che dispone che “Nessuno può essere tenuto in condizione di servitù e schiavitù”, nonchè con l’art. 4 CEDU, che prescrive il divieto di schiavitù e del lavoro forzato.
4. Il collegio ha autorizzato la motivazione della sentenza in forma semplificata.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
1. il ricorso non è fondato, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, cui deve essere data continuità, non venendo prospettate decisive argomentazioni di segno contrario.
1.1. Sulla questione in rassegna, questa Corte (v. Cass. 4/7/2016 n. 13598, Cass. 29/11/2016 n. 24258) ha in effetti affermato che il termine decadenziale per l’impugnativa del licenziamento di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 1, come modificato dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, si applica anche ai licenziamenti intimati prima dell’entrata in vigore della suddetta L. n. 183 del 2010, con lo slittamento di efficacia introdotto dal comma 1 bis, inserito dal D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, comma 54, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10. La nuova norma infatti non incontra limitazioni nella sua operatività, nè in tal modo viene dotata di portata retroattiva, in quanto opera ex nume disciplinando una situazione che, pur derivando da un pregresso fatto generatore, ne è ontologicamente distinta e, quindi, è suscettibile di nuova regolamentazione.
2. La nuova disciplina non determina un vulnus al diritto al lavoro, come tutelato dalle norme costituzionali e sovranazionali, considerato che essa attiene piuttosto al regime del processo e della conformazione degli istituti processuali, in merito al quale, come ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 155 del 2014(nell’analoga materia del regime di decadenza dall’impugnativa del termine illegittimo parimenti introdotta dalla L. n. 183 del 2010, art. 32), il legislatore nazionale dispone di ampia discrezionalità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza (ex plurimis: sentenze n. 10 del 2013, n. 17 del 2011, n. 82 e 50 del 2010, n. 221 del 2008).
2.1. Nel caso, l’introduzione del nuovo termine di decadenza con efficacia “ex nunc” non determina inoltre violazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali della UE e degli artt. 6 e 13 CEDU, perchè è quantitativamente congruo per la conoscibilità della nuova disciplina, in considerazione anche della proroga della relativa decorrenza disposta “in sede di prima applicazione” dal citato comma 1 bis (così Cass. 4/7/2016 n. 13598, conf. Cass. 29/11/2016 n. 24258).
3. La Corte territoriale ha dato corretta applicazione ai principi sopra riportati, considerato che l’impugnativa giudiziale del licenziamento intimato il 22 giugno 2009 ed impugnato stragiudizialmente il 7 agosto 2009 è stata proposta solo il 24 luglio 2014, quindi ben oltre il termine di 270 giorni applicabile nel caso per la proposizione del ricorso, anche considerato lo slittamento della relativa decorrenza al 31 dicembre 2011 disposto dal richiamato comma 1 bis.
4. Per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.
5. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.
6. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione Semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017