Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18901 del 17/07/2018

Civile Sent. Sez. 5 Num. 18901 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso 13118-2012 proposto da:
A.A., SOC.TA’ SERVIZI TECNICI in persona
del

legale

rappresentante

pro

tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA DI
PRISCILLA 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO
COEN, che li rappresenta e difende unitamente
2017

all’avvocato DAVIDE DRUDA giusta delega in calce;
– ricorrenti –

1650
contro

Data pubblicazione: 17/07/2018

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

avverso la sentenza n. 51/2011 della COMM.TRIB.REG.
di VENEZIA, depositata il 31/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 16/11/2017 dal Consigliere
Dott. LUIGI FABRIZIO MANCUSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso
per il rigetto del ricorso;
udito per i ricorrenti l’Avvocato DRUDA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato FIDUCCIA
che si riporta agli atti.

– controricorrente

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 103/01/2008, pronunciata il 10/11/2008, la
Commissione tributaria provinciale di Padova accoglieva il ricorso
proposto da A.A. (notaio rogante), da B.B.,
P.P. e dalla Servizi Tecnici s.r.l. avverso l’avviso di liquidazione
n. 2008/IT/2985, con il quale l’Agenzia delle Entrate, sulla base della

contribuenti. pretendeva maggiori imposte con riguardo ad un atto
deliberato in data 08/02/2008, di conferimento di un immobile alla
predetta Società. In particolare, dall’importo del conferimento i
contribuenti avevano dedotto quale passività, ai fini della tassazione,
l’importo di euro 1.800.000,00, sostenendo che esso era correlato a
debiti che, con l’operazione, la Società si era accollati per la restituzione
di mutui collegati a ipoteche gravanti sull’immobile. Il rilievo accertativo,
posto alla base dell’avviso di liquidazione, era fondato sull’osservazione
che l’importo dedotto era maggiore di quello deducibile, perché i
contribuenti avevano contemplato anche: l’importo di euro 600.000,00,
che invece non era stato ancora prestato ai conferenti, pur facendo parte
dell’importo globale di uno dei contratti di mutuo in loro favore; l’importo
di euro 51.646,00, che era oggetto di un rapporto di mutuo ormai
estinto.

2. Su appello dell’Ufficio, la predetta sentenza veniva riformata
dalla Commissione tributaria regionale del Veneto con sentenza n.
51/2011 pronunciata il 21/03/2011.

3. A.A., B.B., P.P. e Servizi
Tecnici s.r.l. hanno proposto ricorso per cassazione.

4. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono, richiamando l’art.
360, comma primo n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. Sostengono che sussiste vizio di

2

considerazione che il valore era maggiore rispetto a quanto dichiarato dai

ultrapetizione e conseguente violazione del principio di corrispondenza fra
chiesto e pronunciato, perché il giudice di appello, con violazione del
giudicato formatosi, ha esteso il proprio esame a parti della decisione di
primo grado non censurate dall’appellante, anzi rinunciate da questi per
acquiescenza. I ricorrenti osservano che l’Ufficio aveva proposto appello
soltanto con riferimento a una parte della pretesa originaria, perché
aveva riconosciuto come deducibili dalla base imponibile, oltre le passività

del rogito, anche le ulteriori passività di euro 503.355,73, somma
successivamente erogata dallo stesso istituto di credito. Dunque,
dovendosi considerare la parte della somma mutuata già corrisposta, il
deducibile ammontava a un totale di euro 1.703.355,73. Secondo i
ricorrenti, l’appellante aveva quindi ritenuto ingiustificata solo la
differenza fra l’importo dedotto, di euro 1.800.000,00, e l’importo così
deducibile, di euro 1.703.355,73. Il giudice di appello non aveva tenuto
conto dei limiti del gravame e aveva riformato la sentenza di primo grado
totalmente, incorrendo nelle lamentate violazioni.
1.2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono, richiamando l’art.
360, comma primo n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza per
violazione degli artt. 324 e 329, comma secondo, cod. proc. civ., e
dell’art. 2909 cod. civ. La sentenza impugnata viola il giudicato interno
formatosi sulla parte della decisione di primo grado non censurata, per le
ragioni sopra esposte.
1.3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono, richiamando l’art.
360, comma primo n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ. per omessa pronuncia sulla dedotta illegittimità dell’utilizzo
dell’avviso di liquidazione ai fini del recupero dell’imposta principale e
sulla dedotta carenza di motivazione e violazione di legge, con particolare
riguardo all’art. 3-ter d.lgs. n. 463 del 1997. I ricorrenti avevano chiesto
al giudice di primo grado, che aveva ritenuto la questione assorbita, di
dichiarare che l’uso dello strumento dell’avviso di liquidazione non poteva
essere ammesso nel caso in esame, perché le violazioni contestate
dall’Ufficio tributario non emergevano dall’atto. Il motivo era stato
riproposto in appello, ma il giudice di appello non ne aveva tenuto conto.

2. Questo Collegio osserva che il primo motivo di ricorso è
fondato, con conseguente assorbimento degli altri motivi.

3

di euro 1.200.000,00 riferite alla somma del mutuo già erogata alla data

In effetti, il giudice di appello si è pronunciato in ordine a parti
della sentenza di secondo grado che non erano state oggetto del gravame
proposto dall’Ufficio, ma che, anzi, erano riferite a profili della pretesa
impositiva oggetto di espressa rinuncia nell’atto di appello.
La pretesa erariale era fondata sul rilievo che la passività
deducibile dal valore dell’immobile oggetto dell’atto di conferimento fosse
soltanto la somma di euro 1.200.000,00, relativa agli importi

Trevigiano. La Commissione tributaria provinciale, in accoglimento del
ricorso originario del contribuente, ha annullato l’atto impositivo.
L’Agenzia delle Entrate, nel proporre appello avverso tale decisione, ha
riconosciuto che le passività deducibili dal valore dell’immobile
ammontavano ad euro 1.703.335,73, poiché andava computata, tra le
passività, anche l’ulteriore somma di euro 503.335,00, successivamente
erogata in forza del suddetto mutuo. Nell’atto di appello, il cui testo è
stato riprodotto nel presente ricorso di legittimità, si legge “in realtà, la
passività deducibile dal valore degli immobili conferiti doveva essere
determinata nella misura di C 1.703.355,73, corrispondente al quantum
effettivamente e definitivamente erogato dall’istituto di credito. Ed invero
C 1.200.000,00 sono stati erogati all’atto del rogito notarile ed C
503.355,73 in data 15.10.2008 quale “saldo finale del mutuo” come
risulta dalla documentazione bancaria prodotta dalla controparte [..] il
giudice di primo grado ha erroneamente determinato la passività
deducibile C 1.800.000,00 anziché C 1.703.355,73″.
L’oggetto dell’appello, quindi, era delimitato alla frazione della
pretesa impositiva che non era stata oggetto di acquiescenza da parte
dell’Ufficio. Tuttavia, la Commissione tributaria regionale, nell’accogliere
l’appello, ha affermato la legittimità dell’avviso di liquidazione impugnato,
confermando la pretesa sostanziale integralmente, anche in relazione a
profili che non erano oggetto di impugnazione.
Ne discende che sono stati violati gli artt. 329 e 342 cod. proc. civ.
in tema di effetto devolutivo dell’impugnazione e in tema di acquiescenza,
i quali presiedono alla formazione del thema decidendum.
In ordine alle statuizioni nei confronti delle quali è stata prestata
acquiescenza si è formato il giudicato interno e, pertanto, il giudice di
appello non avrebbe dovuto pronunciarsi.

4

effettivamente erogati in forza del mutuo acceso presso la BCC Credito

3. Per le ragioni esposte, il ricorso va accolto e la sentenza
impugnata va cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del
Veneto, in diversa composizione, la quale dovrà pronunciarsi nei limiti del
devoluto, decidendo anche sulle spese.

P. Q. M.

altri motivi del medesimo ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese del presente giudizio, alla Commissione tributaria
regionale del Veneto in diversa composizione.
Così deciso in Roma, 16 novembre 2017.

Accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti gli

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