Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1890 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. I, 28/01/2010, (ud. 05/11/2009, dep. 28/01/2010), n.1890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20086/2004 proposto da:

T.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 40, presso l’avvocato PAPPALARDO

SALVATORE MARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato CALABRESE

Enrico, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VITTORIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA HOMS 37, presso l’avvocato LISETTI ENRICO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BURTONE Agata, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 679/2003 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 30/06/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

05/11/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Catania, con sentenza del 30 giugno 2003 ha respinto l’opposizione di T.G., proprietario di un terreno in (OMISSIS) (in catasto alL’art. (OMISSIS), fg. (OMISSIS), part. (OMISSIS)), espropriato dal comune di Vittoria con decreto sindacale del 23 maggio 1997, contro l’indennità determinata nella misura di L..

10.995.260, in quanto: a) la ricognizione del terreno doveva essere compiuta esclusivamente in base alle sue possibilità legali attestate dagli strumenti urbanistici che nel caso lo avevano collocato in zona “(OMISSIS)” destinata ad usi agricoli; b)non poteva essere recepita la valutazione del c.t. che ne aveva apprezzato il valore in base al criterio c.d. dell’edificabilità di fatto; e d’altra parte la destinazione agricola comporta l’applicazione del criterio tabellare previsto dalla L. n. 865 del 1971, art. 16, e fondato sul valore agricolo medio, nel caso inferiore a quello determinato dalla Commissione provinciale.

Per la cassazione della sentenza, il T. ha proposto ricorso per 4 motivi; cui resiste il comune di Vittoria con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il T. deducendo violazione della L. n. 142 del 1990, artt. 35 e 36 ed della L.R. Sicilia n. 48 del 1991, art. 1, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto la legittimazione del sindaco a stare in giudizio senza autorizzazione della Giunta in base ad una decisione di questa Corte (sent.

5079/2001), dissonante con una giurisprudenza del tutto consolidata in senso opposto; e chiede in subordine che la questione sia rimessa alle Sezioni Unite.

La censura è infondata.

Le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza 12868/2005, componendo proprio il contrasto indicato dal ricorrente, hanno statuito che nel nuovo quadro delle autonomie locali, ai fini della rappresentanza in giudizio del Comune, l’autorizzazione alla lite da parte della giunta comunale non costituisce più, in linea generale, atto necessario ai fini della proposizione o della resistenza all’azione, salva restando la possibilità per lo statuto comunale – competente a stabilire i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ex art. 6, comma 2, T.U. leggi sull’ordinamento delle autonomie locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) – di prevedere l’autorizzazione della giunta, ovvero di richiedere una preventiva determinazione del competente dirigente (ovvero, ancora, di postulare l’uno o l’altro intervento in relazione alla natura o all’oggetto della controversia). E che soltanto nel caso in cui l’autonomia statutaria si sia così indirizzata (neppure prospettato nella fattispecie da alcuna delle parti), l’autorizzazione della Giunta o la determinazione dirigenziale devono essere considerati atti necessari, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza.

Questo orientamento, ribadito da numerose altre decisioni (Sez. un. 12869 e 12871/200526047/2005; 13656/2006), è stato esteso dalla Corte nell’ambito della Regione siciliana, avente, come è noto, competenza legislativa esclusiva sull’ordinamento degli enti locali (art. 14, lett. p, dello Statuto), in relazione alla quale si è rilevato: A) che il Sindaco, per agire o resistere in giudizio in rappresentanza del Comune, doveva essere autorizzato con deliberazione della Giunta municipale, vigente la L.R. Sicilia n. 16 del 1963 ed anche dopo l’entrata in vigore del nuovo ordinamento delle autonomie locali, introdotto dalla Legge Statale n. 142 del 1990, i cui artt. 35 e 36 erano stati recepiti dall’art. 1 della legge regione Sicilia n. 48 del 1991, con disciplina non modificata dalla successiva L.R. Sicilia n. 26 del 1993; B) che successivamente, sebbene non sia stato ancora emanato il testo coordinato delle leggi regionali relative all’ordinamento degli enti locali, previsto dalla L.R. Sicilia n. 30 del 2000, art. 26, la nuova normativa regionale in tema di ripartizione delle competenze in conformità alla distinzione tra organi di indirizzo e di controllo pubblico-amministrativo ed organi responsabili dell’ente della gestione amministrativa dei suoi servizi (L.R. Sicilia n. 48 del 1991, art. 1, L.R. Sicilia n. 7 del 1992, art. 13, L.R. n. 26 del 1993, art. 41, comma 20), in linea con l’intervenuta modifica del titolo 5^ della Costituzione e la sopravvenuta L. n. 131 del 2003, nonchè con il nuovo quadro delle competenze degli organi del comune, già delineato dalla Legge Statale n. 142 del 1990 e completato dalle disposizioni successive sino al T.U. approvato con D.Lgs. n. 267 del 2000, ha profondamente innovato le precedenti attribuzioni della giunta municipale: più non includendo fra le sue competenze le delibere aventi ad oggetto le autorizzazioni alla proposizione delle liti attive e passive, che, quale atto gestionale e tecnico, non necessita – anche per i comuni della Regione siciliana – dell’autorizzazione giuntale, Oche tale conclusione è confermata dalla L.R. n. 23 del 1997 e L.R. n. 39 del 1997, che hanno sostituito l’originario tenore della L.R. Sicilia n. 44 del 1991, art. 15, in tema di materie di competenza della Giunta soggette o meno al controllo di legittimità, fra le quali non è inclusa l’autorizzazione al sindaco o ai dirigenti a stare in giudizio in nome e per conto del comune (Cass. 13412/2006). Per cui è corretta la decisione della sentenza impugnata che ha ritenuto non necessaria la preventiva autorizzazione della Giunta municipale al sindaco di Vittoria a stare in giudizio.

Con il secondo motivo, il ricorrente, deducendo violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, nonchè delle corrispondenti norme del T.U. si duole che al proprio immobile sia stata disconosciuta destinazione edificatoria senza considerare il provvedimento di determinazione dell’indennità provvisoria che lo includeva invece in zona (OMISSIS); e che la destinazione edificatoria è stata confermata sia dal parere del Dirigente l’ufficio legale dell’ente, sia dalla Commissione provinciale che gli ha riconosciuto siffatta vocazione.

Ed inoltre doveva considerasi che proprio secondo l’art. 5 bis deve tenersi conto sia delle possibilità legali che di quelle effettive;e che recenti decisioni della Corte europea hanno enunciato il principio che l’indennizzo deve essere in ragionevole rapporto con il valore della proprietà espropriata: rapporto non assicurato dalla normativa dell’art. 5 bis.

Con il terzo motivo, deducendo violazione degli artt. 116 e 195 cod. proc. civ., nonchè motivazione insufficiente ed illogica, lamenta che siano stati travisati gli accertamenti del c.t. che aveva concluso che l’immobile pur ricadendo in zona (OMISSIS), è ubicato di fronte alla zona (OMISSIS), – e che per tali terreni il prezzo di mercato era di L..45.000 mq. Laddove la sentenza impugnata si è discostata da siffatti accertamenti senza alcuna motivazione relativa alle ragioni per cui erano stati disattesi.

Le censure sono in parte inammissibili ed in parte infondate:

inammissibili per il fatto che il ricorrente si è limitato a contestare l’accertamento della sentenza impugnata, che il terreno ricade in zona E, assumendone invece l’inclusione in zona (OMISSIS), senza trascrivere il contenuto degli atti – quali il decreto di determinazione dell’indennità provvisoria – dai quali avrebbe dovuto ricavarsi l’illogicità dell’ubicazione dell’immobile accertata dalla Corte di appello. Ma le doglianze sono infondate, essendo la giurisprudenza di questa Corte assolutamente consolidata sui seguenti principi: a) la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, ha introdotto una generale e incondizionata bipartizione dei suoli, agricoli ed edificabili, che non ammette figure intermedie, ed è associata ad una verifica oggettiva e non legata a valutazioni opinabili, che può esser data solo dalla classificazione urbanistica dell’area in considerazione; b) in tal modo detta disposizione legislativa, spostando in tal modo sul primo dei due addendi considerati (“possibilità legali dì edificazione”) il baricentro del sistema di valutazione delle potenzialità, edificatorie dei suoli, ha restituito agli strumenti della pianificazione urbanistica quel ruolo chiave nella conformazione del contenuto del diritto di proprietà che era stato delineato dalla Corte Costituzionale nel corso degli anni ’60 (sent. 6 del 1966;55 e 56 del 1968); e conferito rilevanza primaria e decisiva alla ripartizione, da parte di detti strumenti, dell’intero territorio in zone con la precisazione di quelle destinate all’espansione e la determinazione dei caratteri da osservare in ciascuna zona (densità, modalità delle costruzioni, distacchi, intensità estensiva e volumetrica, e simili): con la quale le amministrazioni svolgono la funzione, dichiarata costituzionalmente legittima dalla Consulta, di dare un ordine ed un’armonia allo sviluppo dei centri abitati, nonchè di disciplinare l’edilizia urbana nei suoi molteplici aspetti; c) conseguentemente non può essere classificata come “edificabile” un’area che gli strumenti urbanistici non preordinati all’espropriazione assoggettino a vincolo di inedificabilità o alla quale attribuiscano destinazione agricola, perchè in entrambi i casi alla stessa vengono precluse le possibilità legali di edificazione;e l’indennità di espropriazione deve essere determinata secondo il criterio agricolo tabellare di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 16, e segg.. Pertanto a nulla rileva nel caso concreto l’asserito parere del Dirigente dell’Ufficio legale del comune di Vittoria e/o del c.t.u. (i cui accertamenti sono peraltro funzionali alla risoluzione di questioni di fatto presupponenti cognizioni di ordine tecnico e non giuridico) che l’area avesse destinazione edificatoria, in quanto la relativa indagine doveva essere compiuta alla stregua di criteri legali effettivamente vigenti e riconosciuti applicabili alla fattispecie:

nel caso costituiti dalla classificazione urbanistica dell’area contenuta nel P.R.G. (o di altro strumento equipollente) dell’ente pubblico, che attribuisce alla zona “(OMISSIS)” destinazione ad usi agricoli:senza che la relativa circostanza sia contestata dal T..

E da ultimo, il ricorrente non ha citato alcuna norma della Convenzione europea in contrasto con il criterio di calcolo dell’indennità di espropriazione delle aree non edificabili nell’ambito del nostro ordinamento; e neppure decisioni della Corte di Strasburgo che hanno invece riguardato, tutte, i fondi con destinazione edificatoria:come dimostra proprio la decisione Scordino da lui ricordata che ha ritenuto incompatibile con i precetti dell’art. 1 dell’Allegato 1 alla Convenzione il meccanismo riduttivo di calcolo stabilito dai primi due commi del dichiarato art. 5 bis:

proprio per tale ragione dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla nota decisione 348/2007 della Corte Costituzionale.

D’altra parte non è esatto che il valore commerciale del fondo T. fosse di L. 45.000 mq.: essendo stato tale importo determinato dal primo consulente proprio sull’erroneo presupposto che il terreno fosse da qualificare legalmente edificatorio e commerciabile con tale qualità sul mercato immobiliare; tant’è che è stato disatteso dalla Corte di appello.

Assorbito, pertanto, l’ultimo motivo, relativo alla regolamentazione delle spese del giudizio di merito, correttamente poste dalla sentenza impugnata a carico del soccombente T., il Collegio deve respingere il ricorso e per lo stesso criterio legale della soccombenza condannarlo al pagamento anche delle spese del giudizio di legittimità, come da dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del comune di Vittoria in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500 per onorario di difesa, oltre accessori e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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