Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 189 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 189 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 4609-2008 proposto da:
TANCA BARILE MARIA RITA TNCMRT40C4416471,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BEATA SAVINA
PETRILLI 63, edif. D, sc. ,B, presso la dott.ssa DI LUCCIO
FRANCESCA, rappresentata e difesa dagli avvocati DE FELICE
MARCO, RUSSO DOMENICO giusta procura in atti;
– ricorrente –

2ots
-,b86 3

contro
CITRO ROSARIO CTRRSR23F17F703Q nella qualità di Presidente
del Centro Ginnico Sportivo U.S. A.C.L.I. di Via PETROSINO,
SALERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BALDO

Data pubblicazione: 09/01/2014

DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato RINALDI
SIMONA, rappresentato e difeso dall’avvocato ALVIGGI GIULIA
giusta procura in atti;

– resistente con procura –

depositata il 03/10/2007, R.G.N. 9262/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
AURELIO GOLIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato nel 2003 Citro Rosario, conveniva in giudizio,
innanzi al Giudice di Pace di Salerno, Tanca Barile Maria Rita
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni derivati al Centro
Ginnico, di cui l’attore era presidente, in seguito all’allagamento dei
locali del detto Centro.
Esponeva l’attore che nei mesi .di giugno e luglio 2002 sul fondo di
proprietà della convenuta, sito in Salerno, erano stati realizzati lavori di
sbancamento con conseguente demolizione del muretto adiacente la
strada e formazione di un canale di deflusso delle acque piovane,
convergente in una vasca attigua al muro del Centro Ginnico Sportivo,
con mutamento degli assetti territoriali. Assumeva il Citro che
l’esecuzione di tali lavori aveva determinato, nel locale adibito a
palestra, stillicidio di acque e infiltrazioni che, con le piogge del
successivo mese di settembre, avevano dato luogo all’allagamento del
detto locale e provocato ingenti danni.
La convenuta si costituiva contestando la domanda e chiedendone il
rigetto.
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avverso la sentenza n. 2241/2007 del TRIBUNALE di SALERNO,

Il Giudice di Pace di Salerno, con sentenza del 17 ottobre 2010,
attribuiva ai lavori di escavazione per il 30% la causazione dell’evento
dannoso e condannava la convenuta al risarcimento dei danni, in
favore dell’attore, nella misura di € 495,60.

il Citro.
Il Tribunale di Salerno, con sentenza del 3 ottobre 2007 rigettava il
gravame e condannava l’appellante alle spese di quel grado.
Avverso la sentenza del Tribunale Tanca Barile Maria Rita ha proposto
ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.
Ha resistito con controricorso Citro Rosario.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Innanzitutto va esaminata l’eccezione – sollevata dalla ricorrente
nella memoria ex art. 378 c.p.c. – di omessa notifica del controricorso.
Dagli atti risulta che per la notifica del controricorso l’Ufficiale
giudiziario si é avvalso del servizio postale in data 12 marzo 2008 ma
non è stato depositato agli atti il relativo avviso di ricevimento.
Al riguardo va evidenziato che la notifica a mezzo del servizio postale
non si esaurisce con la spedizione dell’atto, ma si perfeziona con la
consegna del relativo plico al destinatario e l’avviso di ricevimento
prescritto dall’art. 149 c.p.c. è il solo documento idoneo a provare sia
l’intervenuta consegna, sia la data di essa, sia l’identità della persona a
mani della quale è stata eseguita; ne consegue che, ove tale mezzo sia
stato adottato per la notifica ‘del controricorso per cassazione, la
mancata produzione dell’avviso di ricevimento comporta non la mera
nullità, bensì l’inesistenza della notificazione (V. Cass. 28 marzo 2001,
n. 4559; v. anche, tra le altre, Cass. 4 giugno 4 giugno 2010, n. 13639,
in relazione alla notifica del ricorso per cassazione).
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Avverso tale decisione la Tanca Barile proponeva appello, cui resisteva

Va, quindi, rilevata l’inammissibilità del controricorso posto che come questa Corte ha avuto modo di precisare – nel giudizio di
cassazione, il controricorso deve essere notificato alla controparte ai
sensi dell’art. 370 c.p.c., non potendosi considerare sufficiente il mero

strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla parte
ricorrente, la quale, solo avendone acquisito legale conoscenza, è in
condizioni di presentare le sue osservazioni nelle forme ex art. 378
c.p.c.; ne consegue che, ove (come nella specie) la notifica sia
inesistente per le ragioni – dette, l’atto non è qualificabile come
controricorso e la procura speciale, rilasciata in calce od in margine allo
stesso, non è valida, dovendosi ritenere priva di efficacia
l’autenticazione del difensore, il cui potere certificafivo è limitato agli
atti specificamente indicati nell’art. 83, terzo comma, c.p.c., nel testo

ratione temporis applicabile, e al quale, pertanto, resta preclusa la
partecipazione alla discussione del ricorso (v. Cass 8 luglio 2010, n.
17688; Cass. 9 settembre 2008; n. 22928; Cass. 28 gennaio 2005, n.
1737).
2. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (3 ottobre 2007).
2.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto
imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
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deposito presso la corte perché l’atto possa svolgere la sua funzione di

diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo
stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova

all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,
pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio
2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.
un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.
14385).
Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,
“travalicando” “la funzione riomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha
inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di
collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità:
donde la comminata inarnmissibilità del motivo di ricorso che non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto
non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a
sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,
nell’elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
5

normativa secondo [‘l’esplicito intento evidenziato dal legislatore

ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso
debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è
alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata

decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il
giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale
articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in
un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,
risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la
fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il
difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del
principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione
nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in
motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24
luglio 2008, n. 20409).
2.2. Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che,
secondo l’art. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall’art. 360, primo
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applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una

comma, n. 5, c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a
pena di inammissibilità, la chiara indicazione, sintetica ed autonoma,
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assuma
omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta

decisione, e la relativa censura deve contenere un momento di sintesi
(omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 10
ottobre 2007, n. 20603; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22453). Con
l’ulteriore precisazione che tale requisito non può dirsi rispettato
qualora solo la completa lettura della complessiva illustrazione del
motivo – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e
non di una indicazione da parte del ricorrente – consenta di
comprendere il contenuto e il significato delle censure (Cass., ord., 18
luglio 2007, n. 16002; Cass. 19 maggio 2011, n. 11019), in quanto la
ratio che sottende la disposizione indicata è associata alle esigenze
defiattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere
posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commessó dal giudice di merito (v. Cass. 18
novembre 2011, n. 24255).
2.3. Secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di questa
Corte, che va ribadito, è ammissibile il motivo di ricorso con cui siano
denunziati sia vizi di violazione di legge che di motivazione, qualora
tale motivo si concluda con la formulazione di tanti quesiti
corrispondenti alle censure proposte, poiché nessuna prescrizione è
rinvenibile nelle norme processuali che ostacoli tale duplice denunzia, a
nulla rilevando l’art. 366 bis c.p.c., inserito dall’art. 6, d.lgs. 2 febbraio
2006 n. 40, il quale esige che, nel caso previsto dal n. 3 dell’art. 360
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insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la

c.p.c., il motivo sia illustrato con un quesito di diritto e, nel caso
previsto dal n. 5, che l’illustrazione contenga la chiara indicazione del
fatto controverso, in relazione al quale si assuma che la motivazione sia
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza la renda inidonea a giustificare la decisione ma non

illustrazione del vizio di motivazione siano prospettati in motivi distinti
(Cass. 18 gennaio 2008, n. 976; Cass. 26 marzo 2009, n. 7621).
3. Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa
applicazione, degli artt. 110, 115 e 116 c.p.c. e 2043 e 2967 c.c. in
relazione all’art. 360, primo coma, n. 3, c.p.c., rappresenta di aver
eccepito, già nella comparsa di costituzione e risposta in primo grado,
che l’attore non ha indicato nell’atto introduttivo “il titolo legittimante
la sua azione” e che, nonostante tale eccezione, il predetto non ha
fornito “alcuna prova della titolarità (quindi della legittimazione
attiva)”, essendosi il Citro limitato ad asserire nel verbale di udienza del
9 gennaio 2004 di condurre in locazione l’immobile danneggiato e a
produrre lo statuto dell’associazione dal quale non risultano elementi
comprovanti il dedotto rapporto locativo.
3.1. In relazione al motivo all’esame la Tanca Barile formula il seguente
quesito di diritto: “é possibile riconoscere ad un soggetto la legittimckione attiva
(art. 100 c.p.c) in un giudkio civile, dinanzi ad un Giudice di Pace di valore
superiore ad euro 1.100,00, per il risarcimento dei danni subit[i] da un immobile,
in assenza di prova — cui questi era gravato (art. 2967 c.c.) — del rapporto
giuridico esistente tra l’attore e l’immobile danneggiato?’
4. Con il secondo motivo, lamentando “omessa, insufficiente
motivazione con violazione e falsa applicazione de[glil artt. 100, 115 e
116 c.p.c., e dell’art. 360 n. 5 c.p.c.”, la ricorrente rappresenta di non
aver mai rinunciato all’eccezione di cui al paragrafo 3 e di averla
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richiede anche che il quesito di diritto e gli elementi necessari alla

riproposta nei successivi atti e si duole che il Giudice di appello, senza
entrare nel merito della contestazione, abbia affermato che “Il Centro
(nella qualità di conduttore dell’immobile danneggiato) ha certamente
la legittimazione ad agire …”, dando così per provata una circostanza
oggetto di motivo di appello ed omettendo di indicare su quale prova

legittimato il predetto all’azione, con conseguente omessa ed
insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia,
tanto più che i danni risarciti sarebbero stati “quantificati solo ed
esclusivamente con riferimento alle strutture del locale”.
5. Entrambi i motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza,
per aver la ricorrente omesso di riportare testualmente il motivo di
appello relativo alla questione in parola, non rappresentando così a
questa Corte quanto al riguardo sottoposto all’esame della Corte di
merito.
6. Con il terzo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione
dell’art. 360 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”, la ricorrente
lamenta che la controparte abbia esibito dopo l’escussione dei testi e,
quindi, oltre l’udienza ex art. 320 c.p.c., un’offerta prezzi in cui sono
indicati specificamente gli interventi e le spese sostenende, rappresenta
di aver contestato tale produzione perché inammissibile e tardiva e
deduce che di tale offerta ha tenuto conto anche il ctu.
6.1. In ordine al motivo all’esame la ricorrente pone il seguente quesito
di diritto: “è possibile produrre, senza che sia dichiarato inammissibile ed
inutilizzabile, un documento in un giudizio civile, di valore superiore ad euro
1.100,00, dinanzi al Giudice di pace, dopo che, in precedente udienza, le parti
avevano già precisato i fatti di causa ed articolato tutti i mezzi istruttori ex art.
320 c.p.c.?’

9

abbia fondato la legittimazione dell’attore e quale titolo abbia

7. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta “violazione e falsa
applicazione dell’art. 320 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.”,
ribadendo quanto già rappresentato nell’illustrazione del terzo motivo,
e formula al riguardo il seguente quesito: “può ritenersi valida una sentenza
e relativo procedimento civile dinanzi al Giudice di pace, di valore superiore ad euro

tecnica d’ufficio, che di fatto ha specificato e quantificato ogni singola voce di danno
tenendo conto di un documento prodotto oltre il termine di cui all’ari. 320 c.p.c.?”.
8. Con il quinto motivo la Tanca Barile si duole di “violckione e falsa
applicckione di norme di diritto (arti. 320, 61, 62,191, 194 c.p.c, 2043, e 2697
c.c.) in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.” e deduce che, avendo l’attuale
controricorrente esibito la ricordata offerta prezzi tardivamente,
sussiste carenza di prova circa l’entità del danno e a tale carenza non
può sopperire la disposta ctu.
8.1. Con riferimento al motivo in parola, la ricorrente pone il seguente
quesito di diritto, testualmente riportato: “in un giudkio civile dinanzi al
Giudice di pace, da giudicarsi non secondo equità, può essere demandato al ctu la
esatta individuckione e quantificane dei diversi danni subiti da un immobile,
nonostante l’attore, onerato ai sensi dell’ari. 2697 c. c., avesse omesso la
specificazione dei danni e della loro entità economica che pure poteva essere indicata
senta alcuna difficoltà?’.
9. Con il sesto motivo la ricorrente lamenta “omessa e insufficiente
motivazione, violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 61,
62, 191, 194 c.p.c., 2043 e 2697 c.c.) in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5
c.p.c.”.
Ad avviso della Tanca Barile il ctu sarebbe pervenuto a conclusioni
incongruenti rispetto all’esito delle indagini, non potendo ritenersi
acclarata la sussistenza del nesso eziologico tra i lavori eseguiti nel suo
fondo e i danni lamentati, in rnincanza di prova al riguardo, e non
10

1.100,00, che fonda la liquidazione di un danno su una relazione di consulena

avendo l’ausiliare del giudice effettuato alcuna indagine circa lo stato di
impermeabilizzazione della parete danneggiata posta a confine con il
suo terreno e ad esso sottoposta, alla cui manutenzione e
impermeabilizzazione era tenuto il proprietario del locale di cui si

La ricorrente denuncia poi come “assolutamente discrezionale … la
suddivisione di responsabilità (30% e 70%) in capo alle parti”.
Lamenta altresì che, nonostante le note tecniche prodotte, il Giudice
del merito non ha motivato in ordine alla mancata riconvocazione del
ctu per chiarimenti o alla nomina di altro ausiliare e alla eventuale
infondatezza o ininfluenza di quanto rappresentato dal ctp circa
l’illogicità e le incongruenze delle deduzioni e conclusioni della ctu.
9.1. In relazione al motivo all’esame la ricorrente pone il seguente
quesito di diritto: “in un giudizio civile per il risarcimento dei danni materiali
dovuti ad infiltrazioni di acqua piovana torrenziale dal fondo finitimo a cui il
locale terraneo è sottoposto rispetto al piano di campagna del fondo, può riconoscersi
una qualsivoglia responsabilità del proprietario de/fondo finitimo in assenza di
prova, da parte dell’attore, di aver predisposto ogni idonea ed integrale
impermeabilizzazione, e di corretta manutenzione, della parete danneggiata?’
10. Con il settimo motivo, lamentando “insufficiente motivazione,
violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2043, 2051,
2697 c.c.) in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.”, la ricorrente sostiene che
“il Giudice del gravame ha motivato insufficientemente la mancata prova
dell’esimente del caso fortuito, ecceziohalità, gravità e copiosità dell’evento pluviale,
pur in presenza di elementi e circostanze che potevano supportare l’eccezione, e di
cui non ha fatto menzione”.
11. I motivi terzo, quarto, quinto, sesto e settimo, sono inammissibili.
11.1. Va anzitutto precisato che in caso di proposizione di motivi di
ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in
11

discute.

profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse,
sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più
motivi, affinché non risulti elusa la ratio dell’art. 366-bis c.p.c., deve
ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la

e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito
o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte,
devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato
idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la
decisione di questa Corte essere limitata all’oggetto del quesito o dei
quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce
l’illustrazione (Cass., sez. un., 9 marzo 2009, n. 5624).
11.2. Inoltre, i quesiti di diritto dei motivi ora all’esame non sono
formulati secondo i canoni indicati dalla giurisprudenza di legittimità e
sopra richiamati, evidenziandosi, peraltro, che questa Corte ha pure
affermato che il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve
comprendere l’indicazione sia della

regula iuris adottata dal

provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente
assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del
primo e che la mancanza – come nei motivi all’esame – anche di una
sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass.
30 settembre 2008, n. 24339).
11.3. A tanto deve aggiungersi che le censure di cui ai motivi terzo e
quarto non colgono la ratio decidendi, avendo il giudice di merito
precisato che l’ausiliare ha proceduto alla liquidazione del danno non
già in base al documento che si assume irritualmente prodotto bensì
“sulla scorta delle opportune ispezioni e dei necessari accertamenti,
misurazioni e conteggi” (v. sentenza impugnata p. 5).

12

formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi

11.4. Infine, i motivi dal terzo al settimo ora all’esame tendono tutti ad
una rivalutazione del merito inammissibile in questa sede, con la
precisazione che – come questa Corte ha già più volte affermato – con
la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può
rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme,

elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente; l’apprezzamento
dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal
momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere
di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di
controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica,
l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di
individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare
le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le
risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione (v. tra le tante Cass., ord., 6 aprile 2011, n. 7921).
12. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
13. Non sussistono i presupposti per la pronuncia sulle spese, alla luce
delle ragioni indicate al paragrafo 1.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e il controricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Supre

Cassazione, il 10 ottobre 2013.

l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli

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