Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18899 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 16/09/2011), n.18899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore generale,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Rema in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

F.L., rappresentato e difeso dall’avv. Generoso M. T.

Iodice ed elettivamente domiciliato in Rema presso l’avv. Buttafuoco

Anna in via Plinio n. 21;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 143/17/05, depositata l’8 luglio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’8

marzo 2011 dal. Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate prepone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Caserta, ha confermato l’accoglimento del ricorso di F.L. avverso la cartella di pagamento, notificatagli il 25 ottobre 2002, relativa alle sanzioni irrogategli, in qualità di amministratore e legale rappresentante della srl Maior Costruzioni, per infedele dichiarazione dei redditi per il 1998.

Il giudice d’appello ha infatti ritenuto che, avendo la società depositato domanda di concordato preventivo contestualmente all’accettazione dell’atto di irrogazione delle sanzioni, non poteva trovare applicazione la norma, contenuta nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 11, che stabilisce la responsabilità solidale dell’amministratore della società che abbia connesso la violazione nell’esercizio delle sue funzioni, per essere in atto all’epoca della notifica della cartella impugnata una procedura fallimentare, con conseguente preclusione per il creditore, ai sensi della L. Fall., art. 168, di qualsiasi azione sul patrimonio del debitore affinchè la situazione patrimoniale non venga alterata. E ciò a prescindere dal fatto che, a norma del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7 come convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, applicabile nella specie in quanto disposizione successiva più favorevole, per le società di capitali la responsabilità per quanto attiene alle sanzioni appartiene esclusivamente alla società.

Il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1944 (L. Fall.) e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 “, l’amministrazione ricorrente censura come erronea l’estensione del divieto di azioni esecutive, posto dalla L. Fall., art. 168, ad un soggetto, il legale rappresentante della s.r.l. che ha presentato la dichiarazione infedele, autonomamente responsabile, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11 in quanto autore della violazione, e non sottoposto a procedura concorsuale.

Con il seccando motivo, denunciando Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 7 (conv. in L. n. 236 dl 2003; D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 25 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, la ricorrente si duole sia stata affermata l’applicabilità retroattiva, alla specie, della prima norma in rubrica, che sancisce il principio della riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale, laddove, alla luce di quanto disposto dal D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3 e 25 presupposto indefettibile per l’applicazione della norma nuova scriminante sarebbe la pendenza di una lite fiscale sul rapporto d’imposta, non sussistente nel caso in esame, avente ad oggetto l’impugnazione di cartella di pagamento di sanzioni scaturenti da un atto di contestazione notificato in data anteriore all’entrata in vigore della detta norma scriminante e pacificamente non impugnato.

Il ricorso è fondato.

La L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12 in tema di repressione delle violazioni delle leggi finanziarie, con riguardo alle infrazioni che comportano soprattassa o pena pecuniaria, connesse da persone fisiche che abbiano la rappresentanza di enti privati forniti di personalità giuridica, prevede la responsabilità solidale dell’ente, in aggiunta a quella dell’autore dell’illecito, mentre non contempla l’ipotesi inversa, con la conseguenza che, in caso di infrazioni direttamente imputabili all’ente quale soggetto passivo del rapporto tributario, sia pure in forza di atti o comportamenti del suo organo, resta esclusa la possibilità di affermare la responsabilità del rappresentante in solido con quella del rappresentato.

Il principio della identificazione del trasgressore, soggetto passivo della sanzione, con l’autore materiale della violazione o, se si vuole, di personalizzazione della sanzione, è stato più di recente accolto dal legislatore con il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 – abrogativo, tra l’altro, della normativa del 1929 -, che all’art. 2, comma 2, considera la persona fisica che ha posto in essere il comportamento trasgressivo come unico centro d’imputazione della sanzione, e all’art. 11 ha poi esteso la responsabilità dell’autore della violazione, in via solidale, al contribuente, che ben può essere un ente, con o senza personalità giuridica.

Il nuovo sistema in virtù del quale le persone fisiche che hanno la rappresentanza di un soggetto passivo d’imposta o di un inadempiente all’obbligo tributario sono divenute direttamente responsabili delle sanzioni connesse alle violazioni delle norme tributarie commesse ad opera e/o nell’interesse della parte rappresentata e/o amministrata, mentre tale parte è obbligata al pagamento di una soma pari alla sanzione irrogata, trova applicazione, ai sensi del medesimo D.Lgs. del 1997, art. 27 alle sole violazioni commesse, come nella specie, dopo l’entrata in vigore (1 aprile 1998) della nuova disciplina (ex multis, Cass. n. 5713 del 2007, n. 17223 del 2006, n. 3036 del 2008, n. 3828 del 2010).

La pendenza di una procedura concorsuale nei confronti della società di capitali rappresentata, pertanto, non incide sulla personale responsabilità per le sanzioni del legale rappresentante, personalmente non toccato dalla procedura.

Quanto alla successiva disciplina recata dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 7 convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326, a tenore del quale le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico del a persona giuridica, essa trova applicazione, a norma del comma 2, alle sole “violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data di entrata in vigore” del decreto stesso, laddove nella specie la sanzione, a quella data, era stata contestata e irrogata, e ne era stato intimato il pagamento con la cartella impugnata.

Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna il contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 3000,00 oltre a spese prenotate a debito. Dichiara compensate le spese per i gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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