Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18899 del 15/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 15/07/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 15/07/2019), n.18899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5614-2012 proposto da:

H.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 6,

presso lo studio degli avvocati GAETANO LEPORE, MARIA CLAUDIA

LEPORE, che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI L’ORIENTALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia ope legis in

ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 7048/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/11/2011 R.G.N. 3795/2008;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 7048/11, depositata il 30 novembre 2011, la Corte d’appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva respinto la domanda proposta dal lettore di lingua madre, H.S., nei confronti dell’Università degli Studi di Napoli l’Orientale” e dell’INPS per il riconoscimento, a seguito dell’ordine giudiziale (ottemperato dall’Università solo nel dicembre del 2006) di riattivazione del rapporto di lavoro con l’Università, stante la nullità dei termini finali apposti ai contratti stipulati tra le parti, delle differenze retributive sul contratto a tempo indeterminato, maturate e non percepite, dal giugno 2000 (e cioè dal ricorso per la declaratoria di nullità dei termini) al novembre 2006 (e cioè al periodo fino alla riattivazione del rapporto);

la Corte partenopea – per quel che in questa sede rileva rigettava l’appello del lavoratore ritenendo non dovuta alcuna somma, a causa dello svolgimento, nel medesimo periodo di cui alle rivendicazioni, di attività remunerata di imprenditore artigiano, con percezione di un reddito accertato che copriva l’intera area del danno (aliunde perceptum);

2. H.S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi di diritto;

3. l’Università degli Studi di Napoli l'”Orientale” si è costituita con controricorso;

4. l’INPS ha resistito con procura;

5. il Procuratore Generale ha presentato requisitoria con cui ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

6. il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 416 e 437 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), in riferimento al divieto di ammettere nuovi mezzi di prova, avendo l’Università prodotto la documentazione inerente l’aliunde perceptum solo con la memoria integrativa nel giudizio d’appello e non con il primo scritto difensivo utile;

2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 416 e 101 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione all’ammissione di una seconda memoria difensiva dell’Università nel giudizio d’appello, con allegata documentazione, in violazione del principio del contraddittorio;

3. con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1206,1207 e 1217 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), in riferimento alla impossibilità di compensare l’aliunde perceptum con riferimento ad un’attività autonoma e di carattere manuale nel campo dell’edilizia che non è qualitativamente identica a quella dell’assistenza all’insegnamento della lingua e che non è incompatibile con l’attività da svolgersi nel rapporto di lavoro subordinato;

4. con il quarto motivo il ricorrente denuncia l’omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) in relazione alla compatibilità dell’attività di imprenditore artigiano con la prestazione di lavoro subordinato, giacchè la prima poteva essere svolta contestualmente all’attività di insegnamento della lingua straniera in considerazione dell’esiguo orario di lavoro contemplato nel contratto di assunzione;

5. sono inammissibili i primi due motivi di ricorso;

5.1. le censure attengono all’utilizzazione da parte dei giudici di appello di documenti che, secondo il ricorrente, sarebbero stati tardivamente prodotti dall’Università;

5.2. invero la Corte territoriale ha espressamente richiamato il principio di diritto secondo cui l’allegazione dell’aliunde perceptum è ammissibile anche in deroga alle preclusioni di legge, purchè avvenga nel primo atto difensivo utile dalla conoscenza dei fatti, dovendo il datore di lavoro fornire la prova del momento di acquisizione della notizia (v. Cass. 20 giugno 2006, n. 14131; Cass. 25 luglio 2008, n. 20500; Cass. 29 novembre 2013, n. 26828);

5.4. l’impugnata sentenza ha, infatti, affermato che, nel caso di specie, “l’appellata università ha prodotto un estratto contributivo acquisito dopo il concreto ripristino del rapporto con l’istante in occasione della ricognizione generale della situazione dei dipendenti – dal cui esame si evince che dal giugno 2000 al novembre 2007 l’istante ha percepito un reddito quale imprenditore artigiano crescente, e cioè di Euro 6.835,30 dal 2000 ad Euro 12.464,92 alla fine dell’anno 2007”;

5.5. dall’indicato passaggio motivazione si evince che si trattava di documentazione afferente a notizie acquisite dall’Università solo in occasione della ricognizione generale della situazione dei dipendenti il che, ad avviso della Corte partenopea, integrava la sussistenza di una deroga rispetto alle preclusioni di legge;

5.6. ed allora avrebbe dovuto il ricorrente, al fine di contrastare l’avvenuta corretta applicazione del richiamato principio di diritto, trascrivere il contenuto degli indicati atti, in osservanza al principio di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4 e art. 369 c.p.c., n. 6 ed in conformità a quanto ripetutamente affermato da questa Corte circa il fatto che il rispetto dei suddetti oneri risponde ad un’esigenza che non è di mero formalismo, perchè solo la esposizione chiara e completa dei fatti di causa e la descrizione del contenuto essenziale dei documenti probatori e degli atti processuali rilevanti consentono al giudice di legittimità di acquisire il quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione impugnata, indispensabile per comprendere il significato e la portata delle censure (v., ex multis, Cass. 1 agosto 2008, n. 21032);

5.7. gli oneri sopra richiamati sono altresì funzionali a permettere il pronto reperimento degli atti e dei documenti il cui esame risulti indispensabile ai fini della decisione sicchè, se da un lato può essere sufficiente per escludere la sanzione della improcedibilità il deposito del fascicolo del giudizio di merito, ove si tratti di documenti prodotti dal ricorrente, oppure il richiamo al contenuto delle produzioni avversarie, dall’altro non si può mai prescindere dalla specificazione della sede in cui il documento o l’atto sia rinvenibile (v. Cass., Sez. Un., 11 aprile 2012, n. 5698; Cass., Sez. Un., 7 novembre 2013, n. 25038);

5.8. nel caso in esame, i documenti di cui trattasi, oltre a non essere stati trascritti nel loro contenuto, non sono stati allegati al ricorso per cassazione, insufficienti essendo, a tal fine, l’allegazione dei fascicoli di parte dei giudizi di merito e la richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio stante l’assenza di ogni specificazione della sede processuale (fascicolo d’ufficio ovvero produzione delle parti) ove rinvenire gli stessi, onde porre la Corte di legittimità in grado di statuire in relazione alla tempestività o tardività della stessa con riferimento alle norme denunciate ed al principio di diritto applicato, nonchè in ordine alla prospettata, ma non dimostrata, lesione del contraddittorio (che, peraltro, non è neppure veicolata attraverso una formale denuncia di error in procedendo);

5.9. nei suddetti motivi di ricorso si danno, infatti, per certe talune circostanze (emissione dell’estratto conto assicurativo dell’INPS in data 15/3/2011, acquisizione al protocollo dell’Università in data 28/3/2011 e cioè in data anteriore all’appello incidentale dell’Università del 2/11/2011 ed alla memoria integrativa del 6/10/2011) che, per le carenze di specificità sopra evidenziate, non è possibile riscontrare;

6. anche il terzo motivo è inammissibile;

6.1. la pretesa violazione degli artt. 1206,1207 e 1217 c.c. esula infatti dal contenuto della doglianza, che attiene non ad una errata o falsa applicazione delle norme in tema di costituzione in mora del debitore, quanto ad una pretesa, erronea compensazione dell’aliunde perceptum con i crediti di lavoro maturati nell’intero arco temporale in contestazione, anche a prescindere dalla individuazione del momento di costituzione in mora del debitore (22 maggio 2006, come sostenuto dal giudice di primo grado o 19 maggio 2000, come sostenuto dal lavoratore);

6.2. con riguardo al decisum in appello, pertanto, la contestazione inerente la data di costituzione in mora del debitore, diviene irrilevante;

6.3. in ogni caso, questa Corte ha già da tempo affermato (v. Cass. 28 maggio 20013, n. 8494; Cass. 29 maggio 2006, n. 8494; Cass. 21 febbraio 2011, n. 4146) che l’aliunde perceptum, da detrarre dal risarcimento del danno, si riferisce ai compensi conseguiti dal lavoratore reimpiegando la capacità di lavoro non impegnata nell’attività preclusa dal comportamento datoriale, senza che rilevi la natura delle somme percepite, se cioè retributiva o assistenziale, e neppure se tali redditi siano assoggettabili a contribuzione;

7. è del pari inammissibile il quarto motivo;

7.1. invero il ricorso si colloca in epoca anteriore alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134;

7.2. tuttavia, nell’orientamento consolidato di questa Corte sull’art. 360 c.p.c., n. 5 anche prima di tale riformulazione, il vizio motivazionale è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (v. Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2013, n. 24148);

7.3. il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha in ogni caso l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v. Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 20 settembre 2013, n. 21632;

7.4. nella specie, parte ricorrente lamenta la mancata valutazione di una circostanza (esiguo orario di lavoro contemplato nel contratto di assunzione che avrebbe reso comunque compatibile l’attività artigiana) ma di tale circostanza non vi è traccia nella sentenza impugnata nè è indicato quando ed in che termini la relativa questione (non solo in diritto ma comportante un accertamento in fatto) sia stata sottoposta ai giudici di merito ovvero da quale documento, ritualmente acquisito al processo, la stessa sia evincibile;

8. il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

9. la regolamentazione delle spese tra le parti costituite segue la soccombenza;

10. nulla per le spese dell’INPS che si è limitato a depositare procura;

11. deve darsi atto dell sussistenza delle condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Università controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.500,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2019

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