Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18898 del 31/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 31/08/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 31/08/2010), n.18898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.V., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO 46 PAL IV SC B, presso lo studio dell’avvocato GREZ GIAN

MARCO, rappresentato e difeso dagli avvocati NACCARATO ANTONIO,

D’ADDARIO FRANCESCO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 170/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/02/2006 r.g.n. 549/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

uditi gli Avvocati D’ADDARIO FRANCESCO e NACCARATO ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.V., Direttore Tributario Area (OMISSIS) in servizio presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, convenne in giudizio l’Amministrazione datrice di lavoro dolendosi dell’avvenuta rimozione, a distanza di pochi mesi dal conferimento, dall’incarico di coordinatore provvisorio di un team integrato di accertamento e chiedendo la reintegrazione in tale incarico e il risarcimento dei danni, anche morali, subiti.

Radicatosi il contraddittorio e sulla resistenza della parte convenuta, il primo Giudice respinse le domande.

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 31.1 – 9.2.2006, ha rigettato l’impugnazione svolta dal P., osservando che:

– anche tenuto conto del difetto di specifiche allegazioni in tal senso doveva ritenersi che l’incarico di coordinatore del team non aveva comportato lo svolgimento di mansioni superiori e che l’attivita’ di “team leader” non rappresentava, sul piano dei contenuti professionali, un quid pluris rispetto a quella svolta da ognuno dei componenti del gruppo, trattandosi di una funzione considerata di pari livello e differenziandosi, rispetto alle altre, in ragione della mera diversita’ del compito;

– le mansioni del coordinatore in nulla differivano da quelle del semplice operatore, se non in ragione del mero riferimento funzionale, ma non gerarchico, cosicche’ doveva ritenersi – in assenza peraltro di specifiche deduzioni sul punto da parte del lavoratore appellante – che quello di coordinamento non rappresentava un incarico al quale fossero ricollegate particolari prospettive professionali;

– inoltre si era trattato di un incarico provvisorio, assegnato nella fase genetica del nuovo sistema operativo, la cui precarieta’ – legittimata dalla irrilevanza ai fini della progressione di carriera – doveva ritenersi esplicita e condivisa dallo stesso destinatario;

– la domanda di reintegra risultava altresi’ infondata anche per non essere stata data la prova – peraltro neppure offerta – della non equivalenza delle mansioni residue a quelle revocate secondo le previsioni contrattuali;

– “per completezza” doveva rilevarsi la genericita’ della domanda risarcitoria, non essendo stata indicata alcuna specifica voce di danno; peraltro, con riferimento al danno professionale, l’intensita’ e la durata dell’esperienza di coordinatore del team non era stata tale da consentire il maturarsi di alcuna specifica professionalita’;

– il brano della sentenza di prime cure inerente alla valutazione negativa dell’idoneita’ del P. alla copertura dell’incarico costituiva un mero passaggio argomentativo che, ancorche’ non suggerito dal datore di lavoro, era irrilevante ai fini della decisione e, quindi, non concretizzava un vizio di ultrapetizione.

Avverso tale decisione della Corte territoriale P.V. ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi e illustrato con memoria. L’intimata Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia error in procedendo, violazione di legge (art. 112 c.p.c.; D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5;

L. n. 2248 del 1865, art. 5 All. E; art. 97 Cost.) e vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale abbia omesso di pronunciarsi in ordine alla legittimita’ della nota 21.5.2002, con la quale gli era stato comunicato il prossimo (e di li’ a poco attuato) avvicendamento nell’incarico; vengono altresi’ ribadite, nel merito, le ragioni di asserita fondatezza della domanda svolta al riguardo, stante il difetto di contestazione d’addebito e di partecipazione al procedimento, e viene osservato che il controllo sugli atti amministrativi presupposti e sugli atti applicativi di organizzazione e gestione dei rapporti di lavoro deve essere esercitato anche riguardo agli atti di gestione di diritto privato.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione di legge (art. 2103 c.c.), dolendosi che la Corte territoriale abbia esercitato la verifica del livello di mansioni in termini solo formali, ignorando “te attestazioni e descrizioni della particolarita’ e della delicatezza (anche in termini di crescita professionale e di aumento della qualificazione) del coordinamento”, benche’ affermate da esso ricorrente e confermate dalla resistente;

inoltre la rilevata carenza di sovraordinazione gerarchica doveva ritenersi “neutra” al fine della verifica della correttezza della rimozione dall’incarico, la cui natura provvisoria non costituiva di per se’ ragione escludente la fondatezza della richiesta di reintegra.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ulteriormente vizio di motivazione e violazione di legge (art. 2103 c.c.), dolendosi che la Corte territoriale abbia trascurato di compiere “una verifica sostanziale dell’equivalenza tra i compiti di coordinamento e le mansioni residue”.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione di legge (artt. 1226, 2103 e 2697 c.c.), dolendosi che la Corte territoriale abbia rigettato la domanda risarcitoria in quanto pretesamente generica e per la ritenuta limitata durata ed intensita’ dell’esperienza di coordinamento.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione di legge (artt. 112 c.p.c.), dolendosi che la Corte territoriale abbia omesso di rilevare il vizio di ultrapetizione in cui era incorso il primo Giudice.

2. In via di priorita’ logica vanno esaminati (congiuntamente, siccome fra loro strettamente connessi) il secondo e il terzo motivo di ricorso.

Osserva il Collegio che, nella sostanza, con tali doglianze il ricorrente si duole della mancata considerazione di circostanze fattuali che avrebbero dovuto condurre la Corte territoriale a cogliere le peculiarita’ della funzione di coordinamento e la loro non equivalenza con quelle residue.

Omette tuttavia il ricorrente, in palese violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare non solo in cosa consistessero le peculiarita’ delle funzioni di coordinamento (non essendo a tal fine sufficiente il generico richiamo agli scritti difensivi dei precedenti gradi di giudizio), ma anche in forza di quali risultanze probatorie ritualmente acquisite le stesse avrebbero dovuto essere riconosciute come sussistenti, e cio’ pur a fronte dell’inequivoca affermazione della sentenza impugnata in ordine al difetto di specifiche allegazioni in tal senso.

Ne consegue che resta intangibile – stante l’adeguatezza della motivazione e l’assenza di vizi logici nel processo argomentativo – l’accertamento fattuale, di valore assorbente, operato dalla Corte territoriale sulla equivalenza delle mansioni di coordinatore rispetto a quelle degli altri componenti del team, con la derivantane esclusione della fondatezza della svolta domanda di reintegra.

3. La decisivita’ delle suindicate ragioni in forza delle quali la Corte territoriale ha ritenuto l’infondatezza della domanda di reintegrazione nell’incarico di coordinamento hanno comportato l’assorbimento dei ulteriori profili di doglianza relativi alla pretesa illegittimita’ dell’atto di gestione del rapporto di lavoro, sicche’ deve rilevarsi l’inammissibilita’, per carenza di interesse, del primo motivo di ricorso.

4. La disamina del quarto motivo resta assorbita dalle considerazioni che precedono, dovendo peraltro rilevarsi che il mezzo e’ stato rivolto avverso argomentazione che la Corte territoriale ha dichiaratamente svolto “per completezza”, siccome inerente a domanda, di contenuto risarcitorio, svolta sull’infondato presupposto dell’illegittimita’ della rimozione dall’incarico.

5. Il quinto motivo e’ inammissibile per difetto di specificita’, non essendo state svolte argomentazioni critiche delle ragioni in forza delle quali la Corte territoriale ha ritenuto l’insussistenza del preteso vizio di ultrapetizione da parte del primo Giudice.

6. In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere le spese, che liquida in Euro 13,00, oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 30 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2010

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