Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18896 del 28/07/2017
Cassazione civile, sez. VI, 28/07/2017, (ud. 21/06/2017, dep.28/07/2017), n. 18896
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5203-2015 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del Presidente,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Z.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO
EMANUELE II N. 18, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PAOLO
BLASI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 55/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE SEZIONE
DISTACCATA di TARANTO, depositata l’11/3/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/6/2017 dal Consigliere Dott. MAROTTA CATERINA.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
– con ricorso al Giudice del lavoro di Taranto, Z.M. chiedeva che fosse dichiarato nullo il termine apposto ad un contratto a tempo determinato con il quale era stata assunto alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a., stipulato ai sensi del C.C.N.L. 26 novembre 1994, art. 8, come integrato dall’accordo sindacale 25/9/97, per il periodo 27/11/1999-31/12/1999, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso…”. Il Tribunale accoglieva il ricorso, dichiarava l’illegittimità del termine e condannava la società al ripristino del rapporto ed al pagamento in favore dell’appellante delle retribuzioni dalla notifica del ricorso introduttivo al netto delle somme nelle more percepite in dipendenza di altea attività lavorativa svolta presso terzi. A seguito di impugnazione da parte della società, la Corte di appello di Taranto, sezione distaccata di Lecce, in solo parziale riforma della decisione di promo grado, condannava la società al pagamento in favore della lavoratrice di un’indennità onnicomprensiva la L. n. 183 del 2010, ex art. 32, pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
– Poste Italiane ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
– Z.M. ha resistito con controricorso;
– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
– la società ricorrente ha depositato atto di rinuncia notificato alla controparte;
– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
– la rinuncia non è stata accettata, ma tale circostanza, non applicandosi l’art. 306 c.p.c., al giudizio di cassazione, non rileva ai fini dell’estinzione del processo;
– la rinunzia al ricorso per cassazione infatti non ha carattere cosiddetto accettizio, che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali (Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971) ma pur sempre carattere recettizio, esigendo l’art. 390 c.p.c., che essa sia notificata alle parti costituite o comunicata ai loro avvocati che vi appongono il visto (cfr. Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass. 31 gennaio 2013, n. 2259). Ciò deriva anche dal quarto comma dell’art. 391, secondo cui in caso di rinuncia, non è pronunciata condanna alle spese “se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente, o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale” L’accettazione della controparte rileva dunque unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo l’art. 391 c.p.c., comma 2, che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;
– va pertanto dichiarata l’estinzione del processo;
– l’esistenza di un accordo transattivo a base dell’intervenuta rinuncia giustifica la compensazione delle spese tra le parti (si veda in tale senso anche la memoria del controricorrente);
– infine, il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione, trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560).
PQM
La Corte dichiara l’estinzione del giudizio; compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017