Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18895 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 16/09/2011), n.18895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – est. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1215/2006 proposto da:

GIP GESTIONE IMPIANTI PUBBLICITARI SRL in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

GERMANICO 24, presso lo studio dell’avvocato SCAVUZZO Giuseppe, che

lo rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio

dell’avvocato ONOFRI Luigi, che lo rappresenta e difende, giusta

delega a margine;

– controricorrente –

e contro

BANCA MPS CONCESSIONARIO SERVIZIO NAZ. RISCOSSIONE PROVINCIA DI ROMA

SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 21/2004 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata l’11/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. RENATO POLICRETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La G.I.P. Gestione Impianti Pubblicitari s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale del Lazio dep. il 11/11/2004 che aveva, accogliendo l’appello del Comune di Roma, riformato la sentenza della CTP di Roma che aveva accolto il ricorso della società avverso le cartelle esattoriali con i numeri progressivi da (OMISSIS) a (OMISSIS).

La CTR aveva ritenuto corretta l’emissione delle cartelle non essendovi prova della pendenza dei procedimenti di impugnazione degli avvisi di accertamento presupposti.

La ricorrente pone a fondamento del ricorso tre motivi fondati sulla violazione e falsa applicazione di legge.

Il Comune di Roma ha resistito con controricorso.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza e, per sopravvenuto impedimento del relatore, è stato nominato diverso estensore partecipante alla medesima udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso, la società deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 9 e 10 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15; deduce in particolare che il Comune non aveva dato prova della notificazione degli atti di accertamento, che erano presupposto indispensabile, e che “nella fattispecie la contribuente aveva ritualmente impugnato gli avvisi di accertamento, quantomeno quelli che le erano stati notificati o comunque non indicati nelle cartelle in questione e neppure allegati…”.

Il motivo è inammissibile per la sua genericità (non si indicano quali avvisi sarebbero stati notificati) perplessità (deduzione delle circostanze di cui sopra che non è dato sapere se siano alternative o cumulative) e per la novità in quanto la G.I.P. in primo grado aveva rilevato che gli accertamenti non erano definitivi, perchè impugnati (la CTR ha dedotto, invece, dalla omessa prova dell’esistenza dei giudizi d’impugnazione, la definitività degli avvisi).

Col secondo motivo di ricorso, la società deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12, 24 e 25, per essere le cartelle prive della data di emissione e della data di consegna dei ruoli.

Il motivo è privo di autosufficienza per la omessa trascrizione degli atti impugnati ed è anche inammissibile per difetto d’interesse non deducendo la contribuente il nocumento che le sarebbe derivato dalla omissione dei superiori dati (la data certa si evidenzierebbe quantomeno con la notificazione mentre non si deduce alcuna decadenza dell’Ufficio).

Col terzo motivo di ricorso, la G.I.P. deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 12, anche in relazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 1, 5, 7, 8, 9, 14 e 16 e artt. 3 e 53 Cost., per avere l’Ufficio applicato l’imposta di pubblicità su base annuale pur essendo la pubblicità di durata non superiore a tre mesi.

Col quarto motivo deduce erroneo computo della superficie dell’impianto pubblicitario che comprenderebbe le cornici escluse dalla tassazione.

I motivi, da trattare congiuntamente per identità di ratio, sono inammissibili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, non trattandosi di vizi propri delle cartelle ma attinendo agli accertamenti, riconosciuti, come sopra visto, definitivi.

Per quanto concerne l’ulteriore rilievo che la Giunta Comunale di Roma con Delib. n. 255 del 2002 aveva disposto (e pubblicizzato) che il Comune si sarebbe avvalso della facoltà di definire bonariamente il contenzioso come previsto dalla L. n. 48 del 2001, a parte il vizio di autosufficienza (non è trascritta tale deliberazione), non si deducono quali conseguenze deriverebbero da tale omissione.

Col quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8.

Il motivo è inammissibile perchè nuovo.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con ogni conseguenza in tema di spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.200,00 oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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