Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18895 del 11/09/2020

Cassazione civile sez. I, 11/09/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 11/09/2020), n.18895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8089/2015 proposto da:

Impresa P.D., in persona del titolare pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Piazzale Don Giovanni Minzoni n.

9, presso lo studio dell’avvocato Galletti Antonino, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Zurich Insurance PLC (Public Limited Company), quale cessionaria di

Zurich Insurance Company L.t.d., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Giorgio Vasari n. 5, presso lo studio dell’avvocato Rudel Raoul, che

la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.A., Pe.An., Q.E.E.,

elettivamente domiciliati in Roma, Via Asiago n. 2, presso

l’avvocato Catone Pietro, rappresentati e difesi dall’avvocato

Pastore Danilo, giusta procura in calce alla memoria di

costituzione;

e contro

C.C., Comune di Valpelline, J.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1516/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 06/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/07/2020 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Pres. Dott. Campanile ADUNANZA CAMERALE 2-7-20.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza emessa in data 8-5-2010 il Tribunale di Aosta dichiarava inammissibili, in parte per intervenuta decadenza e in parte per mancanza di interesse ad agire, le domande proposte da P.D., titolare della omonima impresa, nei confronti del Comune di Valpelline, del coordinatore dei lavori J.D., dei progettisti Q.E.E., B.A. e Pe.An., nonchè del collaudatore C.C., con la chiamata in causa, su istanza degli ultimi quattro convenuti, di Zurich Insurance Company s.a. a fini di manleva. Con le suddette domande la parte attrice chiedeva la condanna dei convenuti in solido, previa individuazione delle rispettive responsabilità, al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’omesso integrale pagamento, da parte della stazione appaltante Comune di Valpelline, di tutte le opere eseguite dall’impresa aggiudicataria in relazione all’appalto pubblico concernente un parco giochi, opere di equivalente pecuniario pari a Euro 77.338,65, oltre Iva.

2. Con sentenza n. 1516/2014 pubblicata il 6-8-2014 la Corte d’appello di Torino ha rigettato l’appello principale proposto dall’impresa P.D. e ha dichiarato assorbita l’impugnazione del Comune di Valpelline, che aveva proposto autonomo appello in via principale in separato giudizio riunito al primo, nonchè ugualmente assorbiti gli appelli incidentali condizionati proposti da B.A. e Pe.An.. La Corte territoriale ha affermato che: (i) la violazione del diritto di difesa lamentata dall’appellante principale P. non era sussistente, essendo facoltà del giudice rimettere in decisione la causa per decidere questioni di carattere preliminare, e in ogni caso nessuna lesione del diritto di difesa si era in concreto verificata, anche con riferimento alla qualificazione delle domande proposte dal P.; (ii) la domanda proposta in primo grado dall’impresa appaltatrice e da quest’ultima qualificata come di natura risarcitoria si concretizzava in una pretesa di pagamento del corrispettivo spettante per le lavorazioni eseguite; (iii) non era condivisibile l’impostazione dell’appellante principale P. secondo cui era proponibile in secondo grado l’azione di risoluzione giudiziale dell’appalto, stante la risoluzione dell’appalto disposta nel prosieguo dalla stazione appaltante per inadempimento dell’mpresa P. sicchè, a seguito dell’intervenuta risoluzione in via amministrativa, le richieste delle parti contraenti erano da intendersi riferite all’accertamento della legittimità o meno della risoluzione disposta dalla stazione appaltante, da valutarsi in base alle disposizioni dettate dalla legislazione speciale in tema di appalto di opere pubbliche; (iv) alla stregua di detta legislazione (D.P.R. n. 534 del 1999, art. 165, D.M. n. 145 del 2000, art. 31,D.P.R. n. 554 del 1999, art. 203 e D.M. n. 1145 del 2000, art. 33) le pretese creditorie dell’impresa appaltatrice avrebbero dovuto farsi valere iscrivendo tempestivamente le riserve, ossia nei termini prescritti dalle citate norme speciali, mentre ciò non era avvenuto, sicchè si era verificata la decadenza correttamente rilevata dal Tribunale; (v) non potendo l’impresa più azionare il credito, non sussisteva l’interesse alla declaratoria di illegittimità della risoluzione disposta dalla stazione appaltante; (vi) anche in relazione alle domande proposte dall’mpresa P. nei confronti degli altri appellati, professionisti a vario titolo intervenuti nella progettazione e realizzazione del parco giochi oggetto dell’appalto, la statuizione del Tribunale, con la quale era stato dichiarato il difetto di legittimazione attiva di parte attrice, era immune da censure, essendo l’impresa P. carente di titolarità sostanziale del rapporto con i suddetti professionisti e non avendo, pertanto, detta impresa titolo per esercitare nei loro confronti l’azione di responsabilità professionale.

3. Avverso questa sentenza l’Impresa D.P. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, resistito con controricorso da Zurich Insurance PLC (Public Limited Company). Q.E.E., B.A. e Pe.An. si sono costituiti tardivamente e le altre parti sono rimaste intimate.

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo è così rubricato: “Omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 “. Si duole la parte ricorrente dell’omessa valutazione, da parte della Corte d’appello, delle istanze istruttorie dalla stessa formulate e, in particolare, delle circostanze dedotte nei capitoli di prova, anche in relazione all’A.T.P. prodotto in causa. Si duole altresì la ricorrente dell’omessa valutazione complessiva del materiale probatorio, nonchè dell’interpretazione delle risultanze istruttorie, lamentando la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 2729 c.c.. Deduce che i documenti, le allegazioni e l’A.T.P. illustravano un grave quadro di responsabilità, che collocava la “controversia al di fuori della normativa in tema di appalto pubblico, riconducendola invece in una ipotesi di risoluzione contrattuale ex art. 1453 c.c.”.

2. Il secondo motivo è così rubricato: “Violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, artt. 99,112,113,115,116 c.p.c., art. 183 c.p.c., comma 5, art. 24 Cost., artt. 1453 e 1223 c.c.”. La ricorrente deduce la violazione dell’art. 99 c.p.c., per avere i giudici di merito applicato una decadenza inesistente, esclusivamente prevista dalla legislazione degli appalti solo per rapporti contrattuali in itinere e mai risolti. Si duole della violazione dell’art. 100 c.p.c., per avere la Corte territoriale fatto conseguire dalla suddetta decadenza la carenza di interesse dell’impresa appaltatrice all’accertamento dell’illegittimità della risoluzione disposta dalla stazione appaltante, così negando all’impresa il riconoscimento delle pretese creditorie azionate. Si duole, altresì, della lesione del diritto di difesa in ordine all’eccepita decadenza, per avere il Tribunale trattenuto la causa in decisione, senza aver concesso i termini richiesti ex art. 183 c.p.c., nonchè dell’errata qualificazione delle sue domande, dovendo ritenersi proposta ai sensi dell’art. 1453 c.c., l’azione nei confronti del Comune di Valpelline e ai sensi dell’art. 2043 c.c., quella proposta nei confronti delle altre parti, a cui la ricorrente addebita carenze di natura progettuale o carenza di vigilanza e coordinamento in cantiere. Richiamando diffusamente la giurisprudenza di questa Corte, assume che gli inadempimenti lamentati dalle parti avrebbero dovuto valutarsi comparativamente ed unitariamente, non solo sotto il profilo cronologico, e che il disposto dell’art. 1453 c.c., comma 2, consente di sostituire in qualsiasi fase e grado del giudizio all’originaria domanda di adempimento in forma specifica quella di risoluzione. Ad avviso della ricorrente, in base ad una lettura sistematica degli atti, era dato evincere che la domanda risarcitoria dalla stessa inizialmente proposta non era affatto coincidente solo con il pagamento dei maggiori oneri sostenuti nell’esecuzione delle opere appaltate, come ritenuto dalla Corte d’appello, ma comprendeva anche il risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi, l’ulteriore risarcimento per le gravi violazioni riscontrate e l’ulteriore pagamento dei danni riscontrati ai mezzi dell’impresa P.. Rileva che la Corte d’appello non ha applicato le regole di cui agli artt. 1460 e 1175 c.c. e da ciò era conseguita un’erronea valutazione dei fatti del caso concreto. Deduce l’irrilevanza del richiamo operato dalla Corte d’appello all’intervenuta risoluzione in via amministrativa e alla disciplina di cui alla legislazione speciale in tema di appalto, con riferimento alla decadenza ed alla mancanza di interesse ad agire che la Corte territoriale ne ha fatto discendere, non potendosi attribuire rilevanza al mero dato cronologico dell’anteriorità di un inadempimento rispetto ad un altro, ma dovendosi valutare, ex art. 1453 c.c., l’importanza delle singole inadempienze nel loro rapporto di dipendenza e di proporzionalità. Rileva di non avere accettato la rinuncia del Comune di Valpelline alla domanda riconvenzionale e lamenta, altresì, la violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., per omessa pronuncia sulle domande dalla stessa proposte ai sensi dell’art. 1453 c.c., nei confronti del Comune di Valpelline e ai sensi dell’art. 2043 c.c.. nei confronti delle altre parti, nonchè per non avere consentito i Giudici di merito la precisazione e modifica delle domande in relazione alle difese svolte dalle controparti.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. La censura non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata e neppure ha attinenza al decisum. I Giudici di merito non hanno, infatti, esaminato il merito delle pretese azionate dalla ricorrente, ritenendo a ciò preclusiva la decadenza intervenuta per mancata tempestiva iscrizione delle riserve relative agli inadempimenti lamentati dall’impresa aggiudicataria.

Poichè, per tale assorbente ragione, non vi è stata, da parte della Corte territoriale, alcuna valutazione o interpretazione delle risultanze istruttorie, è inconferente rispetto al contenuto della statuizione impugnata la doglianza come formulata con il primo motivo, in buona sostanza diretta a censurare la mancata considerazione del “grave quadro di responsabilità” imputabile alla stazione appaltante e ai soggetti evocati in giudizio, che si assume desumibile da documenti, allegazioni e A.T.P..

Sotto altro profilo, peraltro, neppure è specificamente indicato quale siano i fatti storici il cui esame si denuncia omesso e quale ne sia la decisività, considerato che parte ricorrente svolge deduzioni generiche, richiamando la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e documenti o elementi probatori, non solo senza descriverne e spiegarne il contenuto, ma senza neppure precisare e individuare con esattezza a quali risultanze istruttorie si riferisca.

4. Anche il secondo motivo è inammissibile.

4.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa e chiara enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati (tra le tante da ultimo Cass. n. 11603/2018; Cass. 26790/2018).

4.2. Il secondo motivo di ricorso si articola in un affastellamento di norme di legge e richiami giurisprudenziali, illustrati confusamente, senza puntuale riferimento alle statuizioni censurate ed all’iter motivazionale che le sorregge. In particolare, parte ricorrente denuncia una serie cumulativa di violazioni – del diritto di difesa, del principio della domanda, dell’interesse ad agire, di errata qualificazione delle azioni proposte, tra loro in collegamento o dipendenza, denunciando, altresì, il vizio di omessa pronuncia in ordine alla sua domanda di risoluzione per inadempimento nei confronti della stazione appaltante e di responsabilità extracontrattuale nei confronti dei professionisti.

La ricorrente, tuttavia, non riporta nel testo del ricorso il tenore delle domande che afferma di aver proposto in primo grado, nè risulta chiaramente e compiutamente indicato il contenuto delle stesse, come, invece, avrebbe dovuto essere ben esplicitato, a fronte di quanto affermato nella sentenza impugnata in ordine alla qualificazione di dette azioni (di pagamento del corrispettivo dell’appalto, quanto all’azione nei confronti del Comune, e di responsabilità professionale, quanto all’altra proposta nei confronti dei professionisti). A supporto dei plurimi profili di doglianza, inestricabilmente combinati, sulla qualificazione delle domande che assume di aver proposto, la ricorrente genericamente si limita a richiamare “una lettura sistematica degli atti”, non meglio individuati (cfr. pag. 15 ricorso).

Neppure la ricorrente precisa come, dove e quando le sia stato impedito l’esercizio del diritto di difesa e quale vulnus ne sia conseguito, a confutazione di quanto asserito dai Giudici di merito circa il pieno esercizio, dimostrato per tabulas, del suddetto diritto. Non lineare e non chiaramente esplicitato è, altresì, il riferimento all’intervenuta risoluzione del rapporto di appalto in via amministrativa, che la ricorrente richiama, per quanto è dato comprendere, sotto un primo profilo, per denunciare le violazioni del diritto di difesa sulla decadenza, del principio della domanda e dell’interesse ad agire, mentre, sotto altro profilo, pare valorizzare al fine di lamentare la mancata valutazione comparativa dei rispettivi inadempimenti, neppure, tuttavia, dolendosi specificamente dell’applicabilità, nella specie, della legislazione speciale in tema di appalto di opere pubbliche.

Anche in ordine a tali deduzioni, dunque, difetta il collegamento, chiaro e puntuale, con il decisum, nonchè difetta l’autosufficienza in ordine alle allegazioni svolte dalla ricorrente nei precedenti gradi di merito.

4.3. Sotto altro profilo, parte ricorrente, nel denunciare il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, non deduce che vi sia stata un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi un problema interpretativo della stessa; viceversa, allega un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e detta allegazione è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge (Cass. n. 24054/2017).

In particolare, la ricorrente adduce che, a fronte dei plurimi inadempimenti posti in essere dalla stazione appaltante e dai professionisti (progetto non cantierizzabile e differente da quello depositato e approvato; impossibilità per l’impresa di eseguire la conclusione dei lavori, pagamento della penale per ritardo a causa della chiusura del cantiere anticipata rispetto all’effettivo termine) si imponeva la necessaria comparazione, in particolare ai sensi degli artt. 1453,1460,1175 c.c., con gli inadempimenti alla stessa imputati (gravi irregolarità e grave ritardo), e che detta comparazione avrebbe condotto, in tesi, all’accoglimento delle pretese azionate.

Allega, dunque, un’erronea ricognizione, da parte della Corte territoriale, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, la cui valutazione assume che sia stata errata (pag. n. 19 ricorso), sicchè le violazioni di legge sono denunciate presupponendo una ricostruzione, in fatto, della fattispecie concreta nel senso indicato dalla ricorrente, ossia sono mediate dalla valutazione delle risultanze processuali come prospettata dalla ricorrente stessa.

Ne consegue, per ciò solo, l’inammissibilità del motivo anche sotto tale profilo, pur essendo mancato, nel caso di specie, per quanto si è precisato (p.3.1.) l’esame del merito da parte della Corte territoriale.

5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, nel rapporto processuale con la parte costituita.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione in favore della parte costituita Zurich Insurance PLC (Public Limited Company) delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.800, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2020

 

 

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