Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18894 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2011, (ud. 10/02/2011, dep. 16/09/2011), n.18894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22301/2005 proposto da:

OPTIMA SRL (già MEC 3 srl), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ROMEO ROMEI 15 presso

lo studio dell’avvocato PESATURO Attilio, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GUERRA GUGLIELMO, giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, AGENZIA

DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– coatroricorrenti –

avverso la sentenza n. 21/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

RIMINI, depositata il 05/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/02/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito per il resistente l’Avvocato SPINA MARIA LUISA, che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento, in subordine

l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 87 del 2002 la 2^ sez. della CTP di Rimini, accogliendo il ricorso proposto da MEC 3 s.r.l. (successivamente denominata Optima s.r.l.) avverso l’avviso di accertamento dell’Ufficio Rimini (OMISSIS) dell’Agenzia delle Entrate con il quale venivano recuperati ad imponibile del reddito di impresa dichiarato per l’anno 1995 maggiori ricavi presunti per L. 699.878.000, regolava le spese di lite liquidando alla parte ricorrente l’importo di Euro 1.000,00 – di cui Euro 180,00 per spese – oltre Iva e Cpa.

La parte ricorrente impugnava la sentenza esclusivamente sul capo della liquidazione delle spese processuali lamentando che gli importi si discostavano immotivatamente dai minimi tariffari previsti dal D.M. n. 585 del 1994 – avuto riguardo al valore della controversia pari ad Euro 361.456.00 – e richiedeva pertanto la condanna dell’Ufficio soccombente al rimborso di complessivi Euro 11.710.00 (di cui Euro 10.050.00 per onorari e per spese ed indennità di trasferta; Euro 1.464.00 per diritti ed Euro 196,00 per spese oltre Iva e Cpa).

L’appello veniva parzialmente accolto dalla CTR di Bologna sez. staccata di Rimini con sentenza 5.4.2005 n. 21: i Giudici territoriali, rigettata la istanza di sospensione del giudizio nelle more della eventuale proposizione di gravame da parte dell’Ufficio soccombente, riliquidavano le spese del primo grado in Euro 4.214,00 (onorari al minimo di tariffa), Euro 196.00 per esborsi (come richiesto) oltre Iva e Cpa, escludendo invece “il rimborso dei diritti” non spettanti perchè non previsti dalle tariffe professionali delle altre categorie di difensori abilitati alla assistenza tecnica dinanzi alle Commissioni tributarie D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 12″, nonchè ritenendo “non rimborsabili le spese di trasferta verso il foro competente, avendo la ricorrente scelto un difensore residente in sede diversa da quella della autorità decidente (Cass. 26.7.1983 n. 5145)”, e ponevano altresì “provvisoriamente a carico” dell’Ufficio soccombente le maggiori somme riliquidate per le spese di lite “all’esito del suo eventuale appello incidentale”.

I medesimi Giudici inoltre, ritenendo sussistere “giusti motivi”, dichiaravano, invece, interamente compensate tra le parti le spese del grado di appello.

Ha proposto ricorso la società Optima s.r.l. per la cassazione della sentenza della CTR della Emilia Romagna, affidando la impugnazione a due motivi.

Hanno resistito l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero della Economia e delle Finanze con controricorso ritualmente notificato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarata “ex officio” l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per difetto di legittimazione passiva della parte evocata in giudizio, non avendo assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio di appello svolto avanti la CTR della Emilia Romagna introdotto dalla società contribuente e nel quale risulta costituito come parte appellata soltanto l’Ufficio di Rimini della Agenzia delle Entrate in data successiva all’1.1.2001 (subentro delle Agenzie fiscali a titolo di successione particolare ex lege nella gestione dei rapporti giuridici tributar pendenti in cui era parte l’Amministrazione statale), con conseguente implicita estromissione della Amministrazione statale ex art. 111 c.p.c., comma 3 (cfr. Corte Cass. SS.UU. 14.2.2006 n. 3116 e 3118).

Non avendo il ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze comportato per la parte resistente svolgimento di specifica attività difensiva, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

2. La società ricorrente ha dedotto i seguenti motivi rubricati come segue:

– “violazione e falsa applicazione della L. 13 giugno 1942, n. 79, dell’art. 15 L.P.F., dell’art. 112 c.p.c. e del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585.

Errore de giudice di merito nella mancata liquidazione del rimborso forfetario per spese generali”. – “violazione di L. 13 giugno 1942, n. 794, e della tariffa professionale forense in relazione alla mancata liquidazione dei diritti di procuratore. Liquidazione delle spese giudiziali che si assume avvenuta in violazione della tariffa”.

3. La Agenzia delle Entrate ha eccepito la infondatezza di entrambi i motivi di ricorso allegando: 1- che il contribuente non aveva formulato specifica domanda di liquidazione anche delle “spese generali” e dunque alcun onere di pronuncia in merito gravava sul Giudice di appello, 2- che l’asserita violazione dei minimi inderogabili di Tariffa esulava dalla ratio decidendi della sentenza impugnata che aveva escluso la liquidazione della voce “diritti” in quanto non prevista dalle tariffe professionali delle categorie di difensori abilitati alla assistenza tecnica ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12.

4. Con il primo motivo la società ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere il Giudice di appello ricompreso tra le voci delle spese di primo grado anche il rimborso forfetario delle spese generali “in ragione de dieci per cento sull’importo degli onorari e dei diritti previsto dall’art. 15 della Tariffa forense approvata con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, applicabile “ratione temporis”, rilevando che tale rimborso spetta automaticamente e anche in difetto di specifica allegazione e che “nel caso di specie tale richiesta fu espressa nelle conclusioni dell’atto di appello e ribadita nella nota spese” (circostanza espressamente contestata dalla parte resistente).

Il motivo è fondato.

“Il rimborso c.d. forfetario delle spese generali costituisce una componente delle spese giudiziali, la cui misura è predeterminata dalla legge, che spetta automaticamente al professionista difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza, dovendosi, quest’ultima, ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali che incombe sulla parte soccombentè” (cfr. Corte cass. 3^ sez. 9.4.2003 n. 5581; id. 3^ sez. 18.6.2003 n. 9700; id. 1^ sez. 23.9.2003 n. 14110; id. 3^ sez. 23.1.2004 n. 1168; id. 5^ sez. 6.9.2004 n. 17936 – con specifico riferimento al processo tributario; id. 3^ sez. 20.10.2005 n. 20321, tutte in relazione alla applicazione dell’art. 15 della tariffa professionale forense, approvata con D.M. 5 ottobre 1994, n. 585;

Corte Cass. 1^ sez. 21.4.2006 n. 9411; id. 2^ sez. 10.1.2006 n. 146;

id. 2^ sez. 3.4.2007 n. 238 – con riferimento ad attività stragiudiziale; Corte Cass. 3^ sez. 22.2.2010 n. 4209 – con riferimento all’art. 14 della Tariffa forense approvata con D.M. 8 aprile 2004, n. 127). Al richiamato orientamento giurisprudenziale, assolutamente prevalente, intende dare seguito il Collegio non essendo state indicate dalla resistente nuovi argomenti di rimeditazione del principio affermatosi in sede di legittimità essendo rimasto isolato i precedente richiamato nel controricorso (Corte Cass. sez. lav. 17.8.2004 n. 16065) che subordina la liquidazione forfetaria delle spese generali prevista dalla Tariffa forense alla espressa domanda del procuratore della parte.

Avendo omesso il Giudice di appello – investito dell’esame della censura della sentenza di primo grado concernente l’intero capo della liquidazione delle spese di lite, come è dato evincere dalla lettura della sentenza di appello – nella rideterminazione delle spese del primo grado di pronunciare anche in ordine alla liquidazione dell’importo dovuto al difensore a titolo di spese generali, il ricorso proposto dalla società trova accoglimento, dovendo essere cassata la sentenza impugnata in parte qua.

Con il secondo motivo la parte ricorrente censura la sentenza di appello per violazione di norme di diritto (L. 13 giugno 1942, n. 794 e D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 di approvazione della Delib. Cons. Naz.

Forense 12 giugno 1993 recante Tariffa Forense, Tab. B. avente natura di fonte subprimaria-regolamentare e come tale soggetta al sindacato di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): Corte Cass. SU 11.9.2007 n. 19014) avendo i Giudici territoriali erroneamente disatteso la espressa richiesta di liquidazione dei “diritti di avvocato” in quanto “non previsti dalle tariffe professionali delle altre categorie di difensori abilitati alla assistenza tecnica avanti le Commissioni tributarie”.

Il motivo è fondato, non trovando la statuizione impugnata alcun fondamento normativo.

Con riferimento al giudizio tributario regolato al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12 del D.Lgs. prevede due gruppi di categorie di difensori abilitati alla assistenza tecnica delle parti diverse dall’Ufficio finanziario e dall’ente locale nei cui confronti è proposto il ricorso: da un lato, i soggetti “iscritti nei relativi albi professionali” (avvocati, dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro, nonchè, per determinate categorie di controversie, ingegneri, architetti, geometri, periti edili, dottori agronomi, agrotecnici, periti agrari e spedizionieri doganali); dall’altro i soggetti “iscritti in appositi elenchi” tenuti dagli Uffici finanziari (periti od esperti già iscritti presso i ruoli tenuti dalle CCIAA; dipendenti delle associazioni delle categorie rappresentante nel CNEL; dipendenti delle imprese o delle loro controllate) purchè in possesso di determinati titoli di studio e requisiti professionali e limitatamente a specifiche controversie.

L’art. 15, comma 1 del D.Lgs. disciplina -uniformandosi alle disposizioni del codice di rito – il riparto delle spese di lite, mentre per quanto interessa il presente giudizio, il comma 2, conferma la distinzione delle categorie di soggetti abilitati alla difesa tecnica avanti le Commissioni tributare, disponendo che “i compensi agli incaricati della assistenza tecnica sono liquidati sulla base delle rispettive tariffe professionali. Agli iscritti negli elenchi di cui all’art. 12, comma 2, si applica la tariffa vigente per i ragionieri”.

Ne consegue che, nel caso in cui il soggetto abilitato alla assistenza tecnica sia iscritto, come nella fattispecie, in un “albo professionale” e la remunerazione dell’attività svolta dal professionista sia regolata, come nella specie, da una tariffa professionale, al Giudice tributario non è lasciata dalla legge alcuna discrezionalità in ordine alla scelta del parametro da utilizzare per la liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, dovendo necessariamente attenersi ai parametri della tariffa vigente.

Orbene la Tariffa forense (concernente “gli onorari, diritti ed indennità spettanti agli avvocati ed ai procuratori per le prestazioni giudiziali in materia civili, amministrativa e tributaria”) approvata con D.M. Giustizia 5 ottobre 1994, n. 585 – applicabile ratione temporis – all’art. 1 dispone che “per le prestazioni giudiziali in materia civile e nelle materie equiparate, oltre al rimborso delle spese giustificate, sono dovuti all’avocato gli onorari indicati nell’allegata tabella A ed al procuratore gli onorari e diritti indicati nella allegata tabella B” ed al l’art. 9 prevede che “quando l’avvocato esercita nella causa anche le funzioni di procuratore, devono essergli liquidati, oltre gli onorari di avvocato anche gli onorari ed i diritti indicati nella tabella 5” (a seguito della soppressione dell’albo dei procuratori legali disposta dalla L. 24 febbraio 1997, n. 27, art. 3, la tabella B trova applicazione relativamente alla liquidazione dei diritti di avvocato). La Tabella B allegata alla predetta Tariffa forense regola al Capo 1, voci nn. 1-45, ed ai Capi 4^-8^, voci nn. 80-83, i “diritti spettanti all’avvocato per l’attività svolta nel processo di cognizione e nei procedimenti speciali e camerali, davanti anche ai giudici tributari.

Ne consegue che alla stregua della corretta interpretazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2, il Giudice tributario, ove risulti dimostrata l’attività professionale svolta nel giudizio, non può esimersi dal liquidare nelle spese di lite poste a carico della parte soccombente anche le voci relative ai “diritti” spettanti al difensore che rivesta la qualità di procuratore legalmente esercente la professione di avvocato.

La rubrica del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 (“spese dei giudizio”) e la collocazione sistematica de comma 2 tra altri due commi concernenti la disciplina delle spese del giudizio tributario, esclude poi ogni dubbio in ordine ad una diversa interpretazione della disposizione in esame volta a restringerne l’ambito applicativo alla mera disciplina del corrispettivo nel rapporto d’opera professionale tra il cliente ed il soggetto incaricato della difesa tecnica (vedi Corte cass. 5^ sez. 18.1.2008 n. 1035: “in tema di contenzioso tributario, la richiesta di condanna della controparte alle spese di lite, come si comprende dalla lettura del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 2, deve essere accompagnata dalla “nota spesa di lite”, in cui le spese processuali devono essere riportate in modo dettagliato in apposita nota che, ai sensi dell’art. 77 disp. att. cod. proc. civ., deve contenere, in modo distinto e specifico, gli onorari e tutti i eosti sostenuti”: vedi anche Corte Cass. 5^ sez. 7.3.2002 n. 3355 che ai fini della determinazione del valore della controversia e della conseguente liquidazione delle spese di lite a favore di ragioniere o perito commerciale, dichiara che il valore della lite deve essere determinato ai sensi della relativa tariffa professionale, nella specie del D.P.R. 6 marzo 1997, n. 100, art. 47, comma 3, lett. e).

Il ricorso deve essere pertanto accolto, anche in relazione al secondo motivo, e la sentenza impugnata cassata in punto di omessa liquidazione della voce tariffaria “diritti di avvocato”, con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria della Emilia Romagna, che attenendosi agli enunciati principi, procederà al necessario nuovo esame, provvedendo all’esito alla liquidazione delle spese del presente giudizio, non essendo consentito alla Corte procedere all’esame di merito ed alla verifica delle singole voci tariffarie richieste dal difensore a titolo di diritti di avvocato.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze, dichiarando interamente compensate le spese di lite tra le parti;

– accoglie il ricorso proposto nei confronti della Agenzia delle Entrate, in relazione ad entrambi i motivi dedotti e per l’effetto cassa la sentenza impugnata in ordine ai vizi riscontrati, rinviando per nuovo esame ad altra sezione della Commissione tributaria della regine Emilia Romagna, che dovrà attenersi ai principi enunciati in motivazione, provvedendo all’esito alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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