Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18892 del 15/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 15/07/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 15/07/2019), n.18892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piegiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15145-2016 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA

2 presso ALFREDO PLACIDI, rappresentata e difesa dall’Avvocato

GIOVANNI SALVIA;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore; MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E

DELLA RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE in persona dei rispettivi Ministri pro tempore,

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SIENA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano

ope legis, in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 342/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 07/04/2016 R.G.N. 978/2015.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza pubblicata il 7 aprile 2016, in “parziale riforma” delle sentenze pronunciate all’esito del giudizio di primo grado – instaurato da B.A. (quale medico che aveva frequentato il corso di specializzazione presso l’Università di Siena) nei confronti delle amministrazioni in epigrafe – ha dichiarato “l’incompetenza territoriale del Tribunale di Siena sulla domanda di risarcimento del danno avanzata da B.A., essendo competente il Tribunale di Roma in sede civile ordinaria, dinanzi al quale la causa deve essere riassunta nel termine di legge; condanna B.A. al pagamento delle spese di CTU già liquidate e a rimborsare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al MIUR le spese del doppio grado che liquida in complessivi Euro 15.000,00 oltre spese forfettarie”;

2. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso B.A. con tre motivi, illustrati da memoria; hanno resistito con unico controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze nonchè l’Università di Siena.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati:

con il primo si denuncia “violazione e mancata applicazione dell’art. 434 c.p.c.” per non avere la Corte territoriale ritenuto inammissibile l’appello delle pubbliche amministrazioni nonostante l’atto di impugnazione non fosse stato redatto in conformità con detta disposizione “in modo organico e strutturato, come una sentenza”;

con il secondo motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 112 e 434 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” nonchè “violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” per non avere considerato che “la parte della sentenza con cui il Tribunale radica la propria competenza funzionale e territoriale ex art. 40 c.p.c., comma 3, in deroga alle ordinarie norme sulla competenza per materia ed erariale, era ed è passata in giudicato”; si aggiunge che la sentenza impugnata sarebbe priva di motivazione perchè non avrebbe spiegato perchè non dovesse applicarsi l’art. 40 c.p.c., comma 3;

con l’ultima critica si censura la liquidazione delle spese effettuata dalla Corte di Appello cumulativamente per i due gradi di giudizio in violazione del D.L. n. 1 del 2012, art. 9 conv. in L. n. 27 del 2012, e del D.M.n. 140 del 2012;

2. preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dalla difesa erariale sull’assunto che la sentenza di appello avrebbe deciso in via esclusiva su di una questione di competenza e, quindi, avrebbe dovuto essere impugnata con il regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c., non essendo in tal senso convertibile l’avverso ricorso per tardività;

l’eccezione è infondata;

secondo la giurisprudenza di questa Corte “ai fini dell’art. 42 c.p.c., secondo cui la sentenza che, pronunciando sulla competenza, non decide il merito della causa può essere impugnata solo con regolamento di competenza – per decisione sul merito s’intende non soltanto la pronuncia sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio, bensì la risoluzione di ogni questione diversa da quella sulla competenza, sia di carattere sostanziale che processuale, a meno che tale risoluzione non sia incidentale e funzionale rispetto alla decisione sulla competenza” (Cass. n. 6523 del 2002; vedi pure: Cass. n. 5260 del 1999, Cass. n. 2458 del 1997; Cass. n. 6646 del 1996; Cass. n. 6911 del 2001; Cass. n. 16752 del 2006); Cass. n. 14558 del 2002 chiarisce ancora che può trattarsi di questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito che, dovendo essere censurate con il ricorso ordinario, escludono la necessità del regolamento di competenza (conf. Cass. n. 9754 del 2010);

in particolare – per quanto qui propriamente rileva – è stato affermato che, quando il giudice di appello pronunci sentenza con la quale, in via pregiudiziale, risolva questioni inerenti l’ammissibilità dell’appello e, quindi, risolvendo una questione di competenza di cui pure sia stato investito con l’appello, dichiari che la competenza spettava ad un giudice diverso da quello che ha deciso in primo grado e rimetta le parti davanti al giudice dichiarato competente, la sentenza decide sul merito e sulla competenza: ne consegue che, se la parte soccombente sia sulla questione di merito inerente l’ammissibilità dell’appello sia su quella di competenza intende impugnare entrambe le statuizioni, il mezzo esperibile è soltanto il ricorso per cassazione ordinario, con il quale la Corte di cassazione sarà investita ai sensi del n. 2 dell’art. 360 c.p.c., mentre solo se la parte intende impugnare solo la decisione sulla competenza e non quella che ha ritenuto ammissibile l’appello, il mezzo di impugnazione è il regolamento di competenza (cfr. Cass. n. 24285 del 2007; conf. Cass. n. 18618 del 2017);

pertanto, poichè la specifica eccezione (contenuta nella comparsa di costituzione in secondo grado della B.) di inammissibilità dell’appello dell’Avvocatura dello Stato è stata, sebbene implicitamente, disattesa dalla Corte territoriale e la B. stessa ha censurato espressamente per cassazione tale statuizione la quale, inerendo alla stessa ritualità dell’impugnazione, non è meramente incidentale rispetto alla pronuncia sulla competenza ma ne costituì un presupposto, integrando, quindi, una decisione sul “merito” nel senso su indicato, ne discende che correttamente l’istante ha proposto ricorso ordinarlo, non essendo necessario il regolamento di competenza;

3. ciò posto, il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento perchè in parte inammissibile ed in parte infondato;

invero il motivo è inammissibilmente formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), avendo parte ricorrente omesso di indicare specificamente i contenuti dell’atto processuale – nella specie l’appello della controparte – su cui fonda la doglianza di violazione dell’art. 434 c.p.c.: omette infatti di riportarne il contenuto, impedendo così, in mancanza della descrizione del fatto processuale, di procedere alla preliminare verifica di ammissibilità del motivo di ricorso mediante accertamento della rilevanza e decisività del vizio denunciato rispetto alla pronuncia impugnata per cassazione; nè può soccorrere la qualificazione giuridica del vizio lamentato come error in procedendo, in relazione al quale la Corte è anche “giudice del fatto”, con la possibilità di accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, atteso che le Sezioni unite della Cassazione hanno statuito che, nei casi di vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, il giudice di legittimità, pur non dovendo limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, “è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purchè la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)” (Cass. SS. UU. n. 8077 del 2012); e proprio con riferimento alla deduzione di vizi afferenti l’atto di appello questa Corte ha ritenuto condizione di ammissibilità del ricorso la trascrizione per esteso del contenuto dell’atto di appello (Cass. n. 12664 del 2012) ovvero l’indicazione dell’impianto specifico dei motivi di appello formulati dalla controparte ed asseritamente affetti da nullità (Cass. n. 9734 del 2004; Cass. n. 86 del 2012; Cass. n. 2143 del 2015), senza che sia sufficiente un mero rinvio all’atto di appello (cfr. Cass. n. 20405 del 2006; Cass. n. 23420 del 2011);

in diritto, poi, va ribadito che gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, pur interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, non impongono l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, ovvero la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. n. 13535 del 2018; Cass. SS.UU. n. 27199 del 2017);

4. il Collegio invece giudica meritevole di accoglimento il secondo motivo di ricorso nella parte in cui denuncia “la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4” per “omissione assoluta di motivazione non avendo fornito alcuna spiegazione, nemmeno apparente, sulle ragioni per cui, nella fattispecie in esame… non dovesse applicarsi l’art. 40 c.p.c., comma 3”, come pure ritenuto in prime cure laddove si era stabilito che la prospettazione di domande cumulative ed alternative, alcune di competenza del giudice del lavoro (in primis quella di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato ed a prescindere dalla sua fondatezza) ed altre del giudice ordinario, radicassero la competenza del giudice del rito speciale ai sensi, appunto, dell’art. 40 c.p.c., comma 3;

invero la Corte territoriale non dà conto delle ragioni del suo convincimento difforme rispetto a quanto argomentato dal primo giudice, di talchè non sono percepibili le ragioni della decisione, perchè risulta omesso l’iter logico seguito dalla Corte fiorentina per ritenere inapplicabile la disposizione che ha radicato la competenza del Tribunale, non consentendo “alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016; v. pure Cass. SS.UU. n. 16599 del 2016) per cui la sentenza risulta nulla per mancanza del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4);

invece non può essere accolta la censura, contenuta nel medesimo motivo, di violazione dell’art. 2909 c.c., perchè l’impugnazione della difesa erariale in ordine all’incompetenza del primo giudice, anche laddove non formulata avuto riguardo all’art. 40 c.p.c., era idonea ad impedire la formazione del giudicato interno, imponendo al giudice di verificare la norma processuale applicabile e la sua corretta interpretazione (cfr. Cass. n. 16853 del 2018);

5. conclusivamente, respinto il primo motivo di ricorso, deve essere accolto il secondo nei sensi sopra espressi, con cassazione della sentenza impugnata in relazione ad esso e rinvio alla Corte indicata in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito e provvederà anche alla liquidazione delle spese; va altresì dichiarato l’assorbimento del terzo motivo di ricorso in quanto la determinazione delle spese operata dalla Corte di Appello è travolta dalla cassazione della sentenza impugnata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2019

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