Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1889 del 25/01/2018


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Cassazione civile, sez. II, 25/01/2018, (ud. 29/11/2017, dep.25/01/2018),  n. 1889

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Telemarket s.p.a. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 308/2013, depositata il 4 marzo 2013. G.G. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale strutturato in tre motivi, al quale la Telemarket s.p.a. ha resistito notificando a sua volta controricorso.

Il giudizio ebbe inizio con citazione notificata il 27 dicembre 2005 da G.G., che convenne davanti al Tribunale di Genova la Telemarket s.p.a., chiedendo la declaratoria di risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita, concluso il 1 dicembre 1994, avente ad oggetto un arazzo attribuito dalla venditrice Telemarket s.p.a. ad B.A., con condanna della convenuta a restituirgli il prezzo pagato per l’acquisto (pari ad Euro 2.414,44, oltre interessi), a rimborsargli le spese sostenute per la perizia di autenticità dell’arazzo ed a risarcirgli i danni. Dedusse l’attore di aver fatto eseguire il 6 dicembre 2004 una perizia da parte dell’Archivio A.B., la quale aveva rivelato la non autenticità dell’arazzo, e che l’Ufficio clientela di Telemarket gli aveva inviato una lettera il 10 gennaio 2005 in cui veniva ammessa la falsità dell’opera e riconosciuto il debito. La convenuta Telemarket eccepì la prescrizione decennale del diritto del G., decorrente dal momento della conclusione del contratto, allegò l’autenticità dell’arazzo e negò la natura di riconoscimento del debito alla lettera dell’Ufficio clientela, avente mera natura di proposta transattiva.

Il Tribunale di Genova, con sentenza del 30 luglio 2009, accolse le domande dell’attore e condannò la convenuta a restituire il prezzo pagato di Euro 2.414,44, oltre interessi, ed a risarcire al G. i danni, stimati in Euro 14.334,85, oltre interessi, rilevando come la lettera del 10 gennaio 2005 dell’Ufficio clientela Telemarket avesse ammesso la falsità dell’arazzo e valesse come rinuncia alla già maturata prescrizione decennale. Proposto appello dalla Telemarket, la Corte d’Appello di Genova accolse il motivo di gravame che censurava il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, avendo il Tribunale attribuito alla lettera del 10 gennaio 2005 valenza di rinuncia alla prescrizione, mentre l’attore aveva qualificato la stessa come atto ricognitivo del debito, con effetto interruttivo della prescrizione ancora non decorsa. La sentenza impugnata negò alla lettera del 10 gennaio 2005 anche natura di riconoscimento del debito, ex art. 1988 c.c., in quanto proveniente dall’Ufficio clientela e non dal legale rappresentante della Telemarket, e perciò costituente mera proposta di transazione. Peraltro, la Corte d’Appello di Genova affermò che la prescrizione ordinaria dovesse intendersi decorsa soltanto dal 6 dicembre 2004, giorno in cui era stata scoperta dal G. la falsità dell’arazzo. Inoltre, i giudici del gravame ritennero provata la falsità dell’opera (e quindi il grave inadempimento della venditrice) non in base alla lettera dell’Ufficio clientela Telemarket, per quanto detto, ma per l’autorevolezza dell’Archivio A.B., che aveva svolto la perizia sull’autenticità dell’arazzo. La Corte di Genova confermò la determinazione del danno in Euro 14.334,85, pari all’incremento di prezzo che l’opera autentica avrebbe avuto nel periodo tra il 1995 ed il 2005, disattendendo le critiche che l’appellante Telemarket aveva avanzato contro la CTU espletata, la quale aveva tenuto conto di una ricerca specializzata dell’Archivio internazionale di Arte Contemporanea sull’aumento di valore nelle basi d’asta pubblicate relative alle opere di B.A.. Infine, la sentenza d’appello accolse l’ultimo motivo di gravame di Telemarket, modificando l’importo della condanna risarcitoria da Euro 14.334,85 ad Euro 12.072,00, riconoscendo l’ultrapetizione in cui era incorso il Tribunale per aver accordato, sebbene non vi fosse domanda al riguardo, la rivalutazione della somma quantificata dal CTU.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale della Telemarket s.p.a. deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., in ordine alla ritenuta decorrenza della prescrizione, non sussistendo alcuna causa giuridica che ostacolasse l’esercizio del diritto del compratore G.. Non impediva, cioè, il decorso della prescrizione dell’azione contrattuale per inadempimento la mera ignoranza da parte del G. circa la falsità dell’arazzo.

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 61 e 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., per non aver la Corte d’Appello considerato come Telemarket avesse contestato il disconoscimento dell’opera, come anche l’autorevolezza dell’Archivio Alighiero Boetti, e perciò sollecitato la nomina di apposita consulenza tecnica d’ufficio.

3. E’ fondato il primo motivo del ricorso della Telemarket s.p.a.

Questa Corte ha più volte affermato che, in ipotesi di vendita, come opera autentica di autore determinato, di un quadro che sia poi risultato non autentico, spetta al compratore, cui l’autenticità del dipinto era stata garantita, il diritto alla risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio (e non l’azione redibitoria prevista dall’art 1495 c.c.), a causa dell’inadempimento del venditore all’obbligazione assunta di trasferire al compratore il diritto su opera d’arte determinata con riferimento ad un elemento specifico di identificazione, di carattere sostanziale, quale è quello attinente al suo autore (Cass., Sez. 2, 23/03/2017, n. 7557; Cass. 01/07/2008, n. 17995; Cass. Sez. 2, 26/01/1977, n. 392; Cass. Sez. 2, 11/03/1974, n. 639; cfr. anche Cass. Sez. 2, 08/06/2011, n. 12527).

L’azione contrattuale di risoluzione o di adempimento, ai sensi dell’art. 1453 c.c., cui dà luogo la compravendita con consegna di “aliud pro alio”, è, dunque, svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c., rimanendo piuttosto soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale (Cass. Sez. 1, 05/02/2016, n. 2313; Cass. Sez. 2, 09/11/2012, n. 19509; Cass. Sez. 2, 03/08/2000, n. 10188). Nella specie, G.G., compratore, in forza di contratto del 1 dicembre 1994, dell’arazzo risultato non autentico, aveva agito oltre undici anni dopo l’acquisto, e cioè il 27 dicembre 2005, per chiedere sia la risoluzione per inadempimento della venditrice, sia il risarcimento dei danni da mancato guadagno, assumendo di aver avuto conoscenza della falsità dell’opera d’arte soltanto il 6 dicembre 2004, quando aveva fatto periziare l’arazzo.

A tal fine, è certo che la risoluzione del contratto per inadempimento comporta altresì l’obbligo dell’inadempiente di rifondere l’altra parte, a titolo di risarcimento del danno, anche del lucro che abbia perduto in conseguenza della mancata esecuzione della prestazione. Di tal che, come già affermato in giurisprudenza, con riguardo alla risoluzione, per inadempimento del venditore, della compravendita di un quadro dichiarato di autore, ma rivelatosi non autentico, deve riconoscersi al compratore il diritto non soltanto di ottenere la restituzione del prezzo versato, ma anche – ove il quadro, se autentico, avrebbe conseguito nel tempo un maggior valore di ottenere il risarcimento della perduta plusvalenza, mentre l’eventuale difficoltà di tradurre quest’ultima in un preciso ammontare non può di per sè escludere tale risarcimento, spiegando rilievo solo al diverso fine del ricorso a criteri equitativi per la liquidazione del danno (così Cass. Sez. 2, 16/04/1984, n. 2457).

La Corte d’Appello di Genova, a pagina 4 della sentenza impugnata, ha affermato che “il diritto del G. ad ottenere la risoluzione del contratto” non fosse prescritto, in quanto “il termine di prescrizione ordinaria nella specie è iniziato a decorrere solamente dal giorno in cui il G. ha avuto effettiva contezza della lesione dei suoi diritti, e dunque dal giorno (6.12.2004) in cui ha fatto sottoporre l’arazzo per cui è causa a perizia presso l’Archivio A.B. e gli è stata rivelata la non autenticità del medesimo”.

La Corte d’Appello di Genova, sancendo che il termine di prescrizione decennale dell’azione di risoluzione per inadempimento da aliud pro alio, nonchè quello correlato dell’azione di risarcimento dei danni contrattuali da lucro cessante per la perduta plusvalenza, decorresse soltanto dalla acquisita conoscenza soggettiva in capo al compratore della diversità del bene alienato, ha deciso la questione di diritto ad essa sottoposta in modo non conforme all’orientamento di questa Corte.

Va premesso che la domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale è domanda del tutto autonoma da quella di risoluzione, potendo le stesse essere proposte congiuntamente o separatamente, come si evince dall’art. 1453 c.c., atteso che l’inadempimento sussiste o meno – con tutte le conseguenze sul piano del diritto al risarcimento del creditore della prestazione inadempiuta – indipendentemente dall’eventuale pronuncia di risoluzione (Cass. Sez. 3, 19/07/2008, n. 20067; Cass. Sez. 3, 09/03/2006, n. 5100).

Come allora da questa Corte precisato, più in particolare, l’espressione usata nell’art 2935 c.c., secondo la quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, deve essere intesa con riferimento alla possibilità legale, per la parte, di realizzare il proprio diritto. Consegue che rispetto all’azione di risoluzione del contratto per inadempimento, la prescrizione non può decorrere se non dalla data in cui l’inadempienza si sia verificata, vale a dire dal momento in cui la prestazione richiesta non venga eseguita dal debitore (Cass. Sez. 3, 29/11/1973, n. 3291). Del pari, al fine di determinare il dies a quo di decorrenza della prescrizione dell’azione di risarcimento del danno contrattuale, occorre verificare il momento in cui si sia prodotto, nella sfera patrimoniale del creditore, il pregiudizio causato dal colpevole inadempimento del debitore (Cass. Sez. 2, 05/04/2012, n. 5504; Cass. Sez. 3, 05/12/2011, n. 26020). Agli effetti previsti dall’art. 2935 c.c., il termine di prescrizione del diritto dell’acquirente alla risoluzione del contratto ed al risarcimento del danno, derivante dalla vendita di aliud pro alio, decorre, pertanto, non dalla data in cui si verifica l’effetto traslativo ma dal momento in cui, rispettivamente, ha luogo l’inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno, avendo, cioè, riguardo all’epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata attuazione della prestazione dovuta e del maturato diritto risarcitorio da parte del creditore, conoscenza che potrebbe essere colpevolmente ritardata pure per incuria del medesimo titolare del diritto (arg. ancora da Cass. Sez. 2, 28/01/2004, n. 1547; nonchè da Cass. Sez. 2, 07/04/2016, n. 6747; Cass. Sez. 2, 15/11/2016, n. 23236).

4. Il Collegio reputa che l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale della Telemarket s.p.a. determini l’assorbimento del secondo motivo del medesimo ricorso, inerente all’accertamento della non autenticità dell’opera, avendo tale censura perso rilevanza decisoria in conseguenza della pronuncia resa sulla questione preliminare della decorrenza della prescrizione.

5. Il primo motivo del ricorso incidentale di G.G. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2938 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., con riferimento alla parte della sentenza impugnata che ha ravvisato l’ultrapetizione della decisione di primo grado, per aver il Tribunale attribuito alla lettera dell’Ufficio Clientela di Telemarket del 10 gennaio 2005 valore di rinuncia alla prescrizione, mentre l’attore aveva qualificato la stessa come atto di riconoscimento del debito. Trattandosi di eccezione in senso lato, osserva il ricorrente incidentale, la rinuncia alla prescrizione poteva essere rilevata pure d’ufficio dal giudice.

Il secondo motivo del ricorso incidentale di G.G. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1988 c.c., per aver altresì la sentenza impugnata negato alla lettera del 10 gennaio 2005 natura di riconoscimento del debito, in quanto proveniente dall’Ufficio clientela e non dal legale rappresentante della Telemarket. Sostiene il ricorrente incidentale che la lettera venne di fatto approvata dalla Direzione della Telemarket.

Il terzo motivo del ricorso incidentale di G.G. denuncia la violazione dell’art. 2937 c.c. e l’omessa pronuncia, avendo la Corte di Genova considerato la lettera del 10 gennaio 2005 una mera proposta transattiva e non una rinuncia tacita alla prescrizione.

6. Il primo motivo del ricorso incidentale di G.G. è fondato e il suo accoglimento assorbe l’esame degli altri due motivi della stessa impugnazione incidentale.

La Corte d’Appello di Genova ha affermato che il G., nelle sue difese, non aveva mai sostenuto che la lettera dell’Ufficio Clientela di Telemarket del 10 gennaio 2005 avesse valore di rinuncia alla già maturata prescrizione, avendone richiesto solo la valutazione come atto di riconoscimento del debito interruttivo della prescrizione non ancora decorsa. Da ciò i giudici di appello hanno sanzionato l’ultrapetizione della sentenza del Tribunale.

Così decidendo, la Corte d’Appello di Genova non si è uniformata al consolidato orientamento di questa Corte, che va qui ribadito, secondo cui l’eccezione di rinuncia alla prescrizione non integra un’eccezione in senso proprio e, pertanto, può essere presa in esame dal giudice, anche d’ufficio, senza bisogno di un’apposita iniziativa della parte interessata, purchè i fatti sui quali essa si fonda, anche se non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo (Cass. Sez. 6 – 1, 25/11/2015, n. 24113; Cass. Sez. 3, 01/03/2007, n. 4804; Cass. Sez. 2, 07/02/1996, n. 963; Cass. Sez. 2, 13/10/1976, n. 3409). Il giudice di rinvio dovrà quindi esaminare la lettera dell’Ufficio Clientela di Telemarket del 10 gennaio 2005, per accertare se essa conclami una volontà incompatibile con quella di avvalersi della prescrizione, e provenga, peraltro, dal soggetto in cui favore la prescrizione sia maturata, e cioè dal soggetto che ha acquisito il diritto a farla valere e, quindi, anche a rinunciare ad essa (ovvero nella specie, sulla base dell’organizzazione interna della società e dei suoi poteri rappresentativi, dal soggetto legittimato a disporre del diritto).

7. In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso principale della Telemarket s.p.a. e dichiarato assorbito il secondo motivo del medesimo ricorso; va accolto il primo motivo del ricorso incidentale di G.G., e vanno dichiarati assorbiti gli altri due motivi della stessa impugnazione incidentale; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova, che deciderà la causa uniformandosi agli enunciati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso della Telemarket s.p.a. e dichiara assorbito il secondo motivo del medesimo ricorso; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale di G.G. e dichiara assorbiti gli altri due motivi della stessa impugnazione incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Genova, anche per la pronuncia in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2018

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