Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18888 del 11/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/09/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 11/09/2020), n.18888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. R.G.28600/2013 proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

M.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 74/15/13 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata in data 26/06/2013 e non

notificata.

Udita la relazione del Consigliere, Dott.ssa D’Angiolella Rosita,

svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2020.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con avviso di accertamento, per l’anno 2005, l’Agenzia delle entrate accertava, in capo alla ditta individuale di M.C., esercente attività di lavori generali di costruzione di edifici, maggiori ricavi rispetto a quelli dichiarati e, quindi, calcolava maggiori imposte ai fini Irpef, Irap ed Iva.

Il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Pavia deducendo l’illegittimità e l’erroneità dell’avviso, in quanto basato su di una serie di presunzioni e prove logiche infondate. La Commissione provinciale respingeva il ricorso confermando l’accertamento dell’Ufficio. M.C. impugnava la decisione di primo grado innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello riformando la prima decisione. In particolare, la decisione impugnata ha affermato l’inidoneità del solo scostamento del prezzo dal valore normale a legittimare l’accertamento analitico induttivo e la necessaria concorrenza di altri elementi di fatto per integrare le presunzioni gravi precise e concordanti (in fatto, la Commissione regionale ritiene che le quotazioni FIMAA e OMI ed un solo contratto di mutuo per un importo superiore a quello del prezzo dell’immobile dichiarato, non valgono a fondare l’accertamento dell’Ufficio); ha, poi, ritenuto, in relazione al recupero sui costi indeducibili relativi alle cd. “schede carburante”, che l’errore nella compilazione del chilometraggio vale a riconoscere i costi dichiarati.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale sentenza deducendo quattro motivi.

M.C. rimane intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce l’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, là dove la Commissione regionale “non ha esaminato i fatti posti a base della pretesa impositiva, ma ha valutato singoli elementi di essa, per poi arrivare alla conclusione che nessuno di questi prova le affermazioni dell’Ufficio” (pag. 15 del ricorso), elementi di fatto che, invece, avrebbero dovuto indurre ad un diverso esito del giudizio; in particolare, la ricorrente nel riprodurre le allegazioni difensive del giudizio di appello contenenti l’indicazione analitica dei vari elementi portati alla valutazione della Commissione – (v. pag. 12 del ricorso:valori OMI-FIMAA, valutazioni immobiliari del Comune di Gropello Cairoli, comparazione tra tali valutazioni e il prezzo delle villette dichiarato, contratto di mutuo stipulato da un acquirenti in misura superiore al prezzo riportato nell’atto di vendita negli atti di vendita) – evidenzia che era stata, altresì, portata all’attenzione dei secondi giudici la circostanza che “gli immobili in oggetto sono ubicati nel Comune di Gropello Cairoli mentre la raffineria cui fa riferimento il Contribuente si trova in altro e diverso Comune, Sannazaro de Burgondi, i quali distano tra loro almeno 20 km” (v. pag. 13 del ricorso che rimanda alla pag. 6, secondo capoverso, dell’atto di costituzione in appello). In relazione a tali elementi circostanziali deduce, dunque, che la pretesa impositiva non era affatto ristretta al dato del valore immobiliare quale risultante dall’Osservatorio FIMAA, ma si agganciava, con nesso di consequenzialità e concludenza, ad altri dati storici (v. pag. 14 del ricorso).

Orbene, il confronto tra la motivazione della decisione impugnata (certo non priva di elementi circostanziali) e gli elementi circostanziali addotti dall’Ufficio per fondare la pretesa impositiva, mostrano il vu/nus della decisione impugnata nella parte in cui ha omesso di motivare su fatti che avrebbero potuto determinare un diverso esito del giudizio; segnatamente, appare fatto decisivo per il giudizio la circostanza fattuale della diversa ubicazione degli immobili oggetto di vendita rispetto al Comune in cui è sita la raffineria, fatto che avrebbe dovuto consentire una valutazione diversa del complesso degli elementi indiziari e stabilire un nesso di conseguenzialità logica tra tali elementi e la rideterminazione del maggior reddito di cui all’accertamento analitico-induttivo effettuato dall’Ufficio.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione di legge e segnatamente del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, in relazione alla L. 21 febbraio 1977, n. 31 e al D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, nella parte in cui la sentenza impugnata ha riconosciuto i costì indicati nelle schede carburante, pur in mancanza di una corretta annotazione dei chilometri percorsi e del numero dei chilometri rilevabili dal contachilometri della scheda carburanti.

Il motivo è fondato e va accolto.

Questa Corte ha chiarito che “in tema di tributi erariali diretti e di IVA, la possibilità di dedurre le spese per i consumi di carburante per autotrazione e di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per il suo acquisto è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l’adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell’operazione nelle scritture dell’impresa” (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 22918 del 26/09/2018, Rv. 650333-01). E’ stato soggiunto che la possibilità di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per l’acquisto di carburanti, destinati ad alimentare i mezzi impiegati per l’esercizio dell’impresa, è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, rispettino i requisiti di forma e di contenuto richiesti dalla legge e, quindi, siano redatte in conformità al modello allegato al D.P.R. 10 novembre 1997, n. 444, compresa l’indicazione chilometrica, necessaria a fini antielusivi, non surrogabile da altri documenti (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 25122 del 26/11/2014, Rv. 63370301).

La sentenza impugnata non ha fatto buon governo di tali principi nella parte in cui ha ritenuto ammissibile la detrazione, dall’imposta dovuta, di quella assolta per l’acquisto di carburanti e ciò ha fatto sulla base di fatti esterni ed accidentali (quali i numerosi mezzi di trasporto impiegati per i lavori nei cantieri edili) rispetto agli obblighi formali di compilazione della scheda carburante previsti dalla legge.

Con il terzo motivo la difesa erariale deduce la nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui i secondi giudici hanno accolto l’appello del contribuente omettendo di pronunciarsi circa la ripresa a tassazione di Euro 29.002,70, non dichiarata ai fini Irap ed Irpef e sulla quale la Commissione tributaria provinciale aveva rigettato il ricorso del contribuente.

Con il quarto motivo, la ricorrente deduce la nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui i secondi giudici hanno accolto l’appello del contribuente omettendo di pronunciare circa la ripresa a tassazione di Euro 2.664,82 conseguente a fatturazione con aliquote inferiori a quelle previste dalla normativa.

Sebbene i motivi siano stati rubricati come omessa pronuncia, in realtà, dall’articolazione degli stessi si desume che si è inteso dedurre il difetto assoluto di motivazione ugualmente riferibile come error in procedendo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Ciò posto, il terzo motivo è fondato poichè l’Ufficio si è difeso nel giudizio di appello instando per la conferma integrale della decisione dei primi giudici, sicchè la Commissione regionale avrebbe dovuto motivare anche su tale specifica ripresa a tassazione di cui all’avviso di accertamento.

Egualmente fondato è il quarto motivo, poichè l’Ufficio, in appello, ha specificamente argomentato sulla fondatezza di tale ripresa a tassazione (pag. 6, primo-terzo cpv. del paragrafo n. 4 dell’atto di appello, riprodotto a pag. 20 del ricorso) instando per la legittimità dell’accertamento.

Il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione regionale della Lombardia affinchè proceda ad un nuovo esame della controversia, alla luce dei principi dinanzi esposti. Il giudice di rinvio è tenuto a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione regionale della Lombardia, cui demanda di provvede anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 11 settembre 2020

 

 

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