Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18885 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 26/09/2016, (ud. 20/07/2016, dep. 26/09/2016), n.18885

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27443/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1738/43/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 04/014014, depositata il 03/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Con sentenza n. 1738/14, depositata il 3 aprile 2014, non notificata, la CTR della Lombardia ha accolto l’appello proposto dal Dott. S.R. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Como, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Como, che aveva invece rigettato il ricorso del contribuente avverso il silenzio – rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che il contribuente aveva presentato per l’Irap versata negli anni dal (OMISSIS).

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

L’intimato non ha svolto difese.

Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 8, 27 e 36 e della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 144, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione riguardo all’attività svolta dal professionista, medico di base convenzionato con il SSN, avendo accertato, in fatto, che i beni strumentali rientrassero nei limiti della rispondenza ai requisiti della convenzione, ed avendo ritenuto altresì che le spese per il personale dipendente, una segretaria occupata part-time, non comportassero alcun valore aggiunto in termini d’incremento di reddito.

Il motivo è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), componendo il contrasto emerso nell’ambito della sezione tributaria nella risoluzione di questione di massima di particolare importanza, hanno recentemente affermato il principio che il requisito dell’autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente: “a) sia, sono qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive”.

Le conclusioni alle quali è pervenuta la decisione impugnata, non oggetto, peraltro, di censura per vizio di motivazione nei limiti di quanto consentito dall’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, appaiono, pertanto, in linea con il principio di diritto enunciato.

L’avere il professionista impiegato alle proprie dipendenze una segretaria part-time non costituisce, infatti, circostanza di per sè sufficiente ad integrare il requisito dell’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto impositivo del tributo in esame.

Il ricorso va pertanto rigettato per manifesta infondatezza.

Nulla va statuito in ordine alle spese di lite, non avendo l’intimato svolto difese.

Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, essendo parte ricorrente Amministrazione pubblica per la quale ricorre il meccanismo di prenotazione a debito delle spese (cfr. Cass. sez. unite 8 maggio 2014, n. 9338; più di recente, tra le altre, Cass. sez. 6-L, ord. 29 gennaio 2016, n. 1778).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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