Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1888 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. I, 28/01/2010, (ud. 03/11/2009, dep. 28/01/2010), n.1888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22381/2005 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’avvocato AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.G.A. (c.f. (OMISSIS)), R.A. (c.f.

(OMISSIS)), R.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PINCIANA 25, presso l’avvocato DI GRAVIO

VALERIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GRANZOTTO ANDREA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3411/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2009 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ROBERTA TORTORA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per i controricorrenti, l’Avvocato ANDREA GRANZOTTO che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 17 gennaio 2001, il Tribunale di Roma rigettava la domanda avanzata da P.G.A., R.A. e R.M. nei confronti del Ministero del Tesoro tendente ad accertare gli indennizzi dovuti, per i beni posseduti nello (OMISSIS) dalla società” Sogecom s.r.l.”, della quale gli attori erano titolari del 90% del capitale sociale, andati sottratti e distrutti nel corso di tumulti popolari avvenuti nei giorni 23 e 24 settembre del 1991.

Il rigetto era motivato sia dalla circostanza che i beni erano stati distrutti o sottratti dopo il 2 settembre 1985 e, quindi, al di là dei limiti temporali previsti dalla L. n. 135 del 1985, e sia perchè la suddetta distruzione era avvenuta non in occasione di “confische o provvedimenti limitativi od impeditivi della proprietà comunque adottati dalle autorità straniere esercenti la sovranità (come previsto dalle L. n. 16 del 1980, L. n. 135 del 1985, e L. n. 98 del 1994)” bensì in occasione di meri “tumulti popolari”.

Avverso tale sentenza, con atto di appello notificato il 22 febbraio 2002, proponevano impugnazione i soccombenti attori chiedendone la riforma, onde ottenere l’accoglimento della domanda di liquidazione dell’indennizzo, per l’unico sostanziale motivo dell’inesatta valutazione del dato normativo da parte del Giudice di primo grado. Più in particolare le parti appellanti evidenziavano che: a) la L. n. 98 del 1994, applicabile ai beni posseduti da cittadini italiani residenti nello (OMISSIS), avrebbe riaperto i termini di ottenimento degli indennizzi fissati dalla precedente L. n. 135 del 1985, al 2 settembre 1985, contrariamente a quanto ritenuto dall’apposita Commissione amministrativa del Ministero del Tesoro, che aveva rigettato per tale motivo la precedente richiesta amministrativa di indennizzo; b) la suddetta normativa non conterrebbe limitazioni di sorta in ordine alle circostanze di fatto che consentirebbero l’indennizzo: siano esse confische, nazionalizzazioni o meri tumulti popolari.

Nel costituirsi in grado di appello il Ministero dell’Economia e delle Finanze, succeduto per legge al Ministero del Tesoro, si opponeva alle avverse pretese, chiedendone il rigetto, sostenendo la correttezza della decisione di primo grado.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza non definitiva n. 3411/05, accoglieva il gravame, accertando la sussistenza dei presupposti per l’ottenimento dell’indennizzo, e disponeva con separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio per la determinazione dell’ammontare dovuto. Avverso questa decisione ricorre con un unico motivo il Ministero dell’Economia e delle finanze cui resistono con controricorso, illustrato con memoria, i signori R. e P.G.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso il ministero ricorrente sostiene che la L. n. 98 del 1994 non contiene la fissazione in via generale di un nuovo termine di decadenza in sostituzione di quelli già fissati dalla L. n. 135 del 1985, e dalla L. n. 16 del 1980, e che neppure prevede la fissazione di un nuovo termine di decadenza per la presentazione di domande di indennizzo non potute inoltrare prima dei termini stabiliti dalle leggi di cui sopra perchè attinenti a perdite intervenuto in epoca successiva.

Osserva il Ministero che i termini di decadenza previsti dalla L. n. 98 del 1994, stabiliscono ipotesi di riapertura di termini a fini specifici che non concernono affatto, dilatandolo, il “tempo” in cui deve essersi verificata la perdita patrimoniale onde renderla passibile di indennizzo. A tal fine rileva che “(a parte il più ampio termine per ottenere, ex art. 1, commi 5 e 6, il concorso statale per il pagamento degli interessi sui mutui relativi ai reimpieghi degli indennizzi) il termine di 120 giorni dalla entrata in vigore della L. n. 98 del 1994, viene concesso esclusivamente:

a) per la presentazione di domande, se in precedenza non avanzate, volte ad ottenere un indennizzo “ulteriore”, rispetto a quello già ottenuto, in considerazione della perdita dell’avviamento imprenditoriale (quale detrimento ritenuto, con disposizione interpretativa ex art. 1, passibile di ristoro);

b) per la richiesta di revisione delle stime già effettuate ai sensi delle precedenti disposizioni di legge, avanzate dai “soggetti di cui alla L. 26 gennaio 1980, n. 16, art., comma 1, come sostituito dall’art della L. 5 aprile 1985, n. 135″, vale a dire da coloro che avevano sofferto perdite anteriormente al 2 settembre 1985”.

“In nessuna delle ora indicate e ben specificate ipotesi di riapertura di termini per finalità di ulteriore indennizzo da avviamento, di incentivazione del reimpiego degli indennizzi e di revisione di stime pregresse può essere ravvisata, ragionevolmente, una portata normativa del tutto diversa, quale sarebbe quella di un generale indiscriminato ampliamento del periodo temporale entro cui, per essere indennizzabili, dovrebbero essersi verificate le perdite patrimoniali, sempre che le relative nuove domande fossero presentate entro il termine di 120 giorni dalla entrata in vigore della L. n. 98 del 1994”.

Il motivo è infondato.

Occorre premettere che la L. n. 98 del 1994, art. 2, comma 5, lett. A), espressamente stabilisce che “le provvidenze di cui alla L. 5 aprile 1985, n. 135, artt. 3, 4 e 8, sono integrate dalle seguenti norme: a) il diritto agli indennizzi previsti dalle L. 26 gennaio 1980, n. 16, e successive modificazioni, e L. 5 aprile 1985, n. 135, e successive modificazioni, spetta, con le modalità previste dalle stesse, ai cittadini, agli enti e alle società italiani i cui beni urbani siano stati sottoposti a misure limitative da parte delle autorità tunisine con L. 27 giugno 1983, n. 83/61 e successive, nonchè ai cittadini, agli enti e alle società italiani che abbiano perduto o dovuto abbandonare i loro beni in (OMISSIS)…(omissis)”.

Nell’interpretare il testo normativo in esame la Corte d’appello ha osservato che: “a) la lettera della citata L. n. 98 del 1994, art. 2, comma 5, lett. a), non esaurisce il significato della disposizione poichè,facendo espresso rinvio ad altre norme (L. n. 16 del 1980, e L. n. 135 del 1985), essa deve essere interpretata nell’ambito del complesso quadro normativo di riferimento;b)la norma in esame si distingue nettamente dalle altre disposizioni della medesima legge poichè queste ultime hanno natura puramente interpretativa (art. 1) o procedimentale (artt. 2 e 3) mentre essa ha una chiara portata sostanziale, in quanto attribuisce a cittadini, enti e Società italiani che abbiano perduto o dovuto abbandonare i loro beni nello (OMISSIS) non già i miglioramenti di precedenti benefici, come stabilito negli artt. 1 e 2, bensì i benefici previsti nelle L. n. 16 del 1980, e L. n. 135 del 1985; c)che la disposizione in commento, pertanto, non si colloca nell’ambito delle misure favorevoli che scaturiscono dall’interpretazione delle previgenti disposizioni (risultando in ipotesi superflua) ma, in palese contrasto con l’impianto complessivo della legge, integra i benefici introdotti dalle leggi anteriori, ampliandone il profilo temporale”.

Tale interpretazione appare del tutto corretta e conforme ad orientamenti già implicitamente espressi dalla giurisprudenza di questa Corte. Quest’ultima ha osservato che la legislazione in esame (L. n. 16 del 1980, L. n. 135 del 1985, e L. n. 98 del 1995) “non ha posto un principio generale che stabilisca l’indennizzo in ogni caso per la perdita di beni dei cittadini avvenuta all’estero per provvedimenti dell’autorità straniera – distinguendo tra domande di indennizzo per eventi futuri, proponibili senza limiti di tempo, e domande di indennizzo per perdite verificatesi nel passato, da presentarsi in un termine di decadenza di centoventi giorni – ma provvede unicamente a stabilire la corresponsione di un indennizzo a favore di particolari categorie di cittadini precisamente individuati, come, ad esempio, quelli che in passato abbiano perduto beni nei territori già soggetti alla sovranità italiana, o in estremo oriente, o in Tunisia nel periodo 1944 – 47, e così via, i quali sono tenuti a presentare domanda nel termine di decadenza di centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge” (Cass. 20289/05 nello stesso senso vedi Cass. 6371/05).

Peraltro, questa Corte, in riferimento alla tesi secondo cui le leggi in esame prevederebbero un principio generale di indennizzabilità per i cittadini italiani che hanno subito perdite di beni all’estero, ha ulteriormente chiarito che l’interpretazione in senso contrario alla detta tesi ” è confermata dal fatto che la L. del 1994 ha espressamente esteso (art. 2, comma 5) le provvidenze previste dalla L. del 1985, artt. 3, 4 e 8, ai beni urbani sottoposti a misure limitative dalle autorità tunisine con la L. 27 giugno 1983, n. 86/61, nonchè per i beni perduti in (OMISSIS), disposizione che sarebbe superflua – come già innanzi osservato – in presenza di un principio generale di indennizzabilità dei beni di cittadini Italiani perduti all’estero già stabilito nel 1980�. (Cass. 20289/05).

In altri termini, il sistema normativo per l’indennizzo per le perdite di beni subite dai cittadini all’estero è basato su due principi fondamentali : da un lato, l’individuazione dei paesi o delle zone territoriali ove le perdite di beni sono avvenute e, dall’altro, il periodo temporale entro cui devono essere avvenuti in detti paesi o zone gli eventi pregiudizievoli per i cittadini italiani che deve essere riferito ad epoca anteriore alla entrata in vigore della legge che prevede l’indennizzo.

Fissati questi principi, nulla tuttavia esclude che, a fronte di eventi verificatisi nel corso degli anni, la legislazione possa adeguarsi prevedendo l’indennizzabilità di nuovi danni patrimoniali subiti da cittadini italiani in Stati esteri diversi rispetto a quelli già presi in considerazione dalla legislazione vigente. E’ esattamente quanto avvenuto in virtù della disposizione di cui alla L. n. 98 del 1994, art. 2, comma 5. La L. n. 16 del 1980, e quella L. n. 135 del 1985, prevedevano, infatti, indennizzi in riferimento a beni perduti dai cittadini italiani situati nei territori già soggetti alla sovranità italiana nonchè in Tunisia, in Estremo oriente a seguito dell’accordo di pace con il Giappone, in Etiopia e in Libia. E’ quindi di tutta evidenza che i cittadini che avevano subito perdite patrimoniali nello (OMISSIS) non avrebbero in alcun caso potuto chiedere un indennizzo ai sensi delle due citate leggi e di conseguenza per essi non è neppure ipotizzarle la decadenza dalla richiesta di un beneficio che non avrebbero comunque potuto avere.

La L. n. 98 del 1994, dunque, altro non ha fatto che estendere i benefici previsti dalle due precedenti leggi ad una nuova categoria di cittadini costituita da quelli che avevano subito perdite nello (OMISSIS).

Discende da ciò che per detti cittadini non si tratta della proroga di un termine per richiedere l’indennizzo, bensì della istituzione di un termine ex novo per potere richiedere per la prima volta il detto beneficio.

E’ ben vero che la L. n. 98 del 1994, non prevede espressamente un termine specifico per la richiesta dell’indennizzo da parte della categoria di cittadini in esame, ma la determinazione di detto termine deve ritenersi comunque contenuta nell’art. 2, comma 5, della citata legge, laddove questa stabilisce che il diritto agli indennizzi “spetta con le modalità previste dalle stesse leggi” (L. n. 16 del 1980, e L. n. 135 del 1985) ai cittadini ed agli enti che hanno perduto o abbandonato i loro beni nello (OMISSIS) e tale termine deve,pertanto, ritenersi quello di 120 giorni previsto da entrambe le leggi citate per la presentazione della domanda di indennizzo a partire dal momento della loro entrata in vigore.

Il termine in questione è,del resto, corrispondente a quegli altri, anch’essi di 120 giorni, stabiliti dalla L. n. 98 del 1994, per la presentazione di domande, se in precedenza non avanzate, volte ad ottenere un indennizzo “ulteriore”, rispetto a quello già ottenuto, in considerazione della perdita dell’avviamento imprenditoriale nonchè per la richiesta di revisione delle stime già effettuate ai sensi delle precedenti disposizioni di legge.

Il ricorso va pertanto respinto.

L’Amministrazione ricorrente va di conseguenza condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna l’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 3.000,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA