Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18877 del 11/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/09/2020, (ud. 13/12/2019, dep. 11/09/2020), n.18877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianlu – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15219/15 proposto da:

P.M., rappresentato difeso, in forza di procura speciale

rilasciata a margine del ricorso, dall’avv. Massimiliano Ferro

elettivamente domiciliato presso il suo studio in via B. Cellini n.

2/B – Milano.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

Nonchè

EQUITALIA NORD S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro-tempore, rappresentata e difesa in forza di procura speciale

rilasciata in calce al controricorso, dall’Avv. Gustavo Visentini e

dall’Avv. Alfonso Papa Malatesta, elettivamente domiciliata nel loro

studio in Roma, Piazza Barberini n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7198/2014, della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata il 22 dicembre 2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 dicembre 2019 dal Consigliere Gianluca Grasso.

 

Fatto

RITENUTO

che:

– P.M. ha impugnato cumulativamente le cartelle di pagamento emesse dalla Equitalia Nord s.p.a. a suo carico: n. (OMISSIS) (IVA e IRPEF 2005, Euro 10.891.231), n. (OMISSIS) (IVA e IRPEF 2004, Euro 32.573,55), n. (OMISSIS) (IVA e IRPEF 2003, Euro 16.376,60), n. (OMISSIS) (IVA e IRAP 2002, Euro 13.87131), n. (OMISSIS) (IVA e IRPEF 2001, Euro 9.917301), n. (OMISSIS) AVA 2000, Euro 6.767,79), ritenendo di esserne venuto a conoscenza in data 9 maggio 2012, allorquando si era recato presso lo sportello di (OMISSIS) di Equitalia Nord s.p.a. al fine di verificare la sua situazione aggiornata;

– la Commissione tributaria provinciale di Milano ha respinto il ricorso;

– la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello ritenendo condivisibile la pronuncia di inammissibilità, essendo stato provato che le cartelle e le comunicazioni di irregolarità erano state regolarmente notificate e che il ricorso cumulativo contro le cartelle era stato proposto oltre il termine di 60 giorni previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21;

– il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;

– resistono con controricorso l’Agenzia delle entrate e la Equitalia Nord s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si contesta, cumulativamente, la violazone e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4: omessa pronuncia relativa a specifici motivi di ricorso; violazione del principio di disponibilità delle prove e mancata produzione in giudizio delle cartelle di pagamento D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 4. Omessa valutazione e applicazione dell’ondere probatorio ex art. 2967 c.c.. Omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia e omessa valutazione. Parte ricorrente censura la pronuncia impugnata nella parte in cui avrebbe erroneamente ritenuto esistenti e prodotti agli atti del giudizio le cartelle di pagamento oggetto di contestazione, in quanto tali cartelle non sono state mai state prodotte, essendosi limitate le parti convenute a produrre semplicemente degli estratti di ruolo. Nessuna cartella di pagamento è pertanto contenuta negli atti del giudizio e l’estratto della cartella di pagamento non è sufficiente a provare il contenuto della cartella stessa. I giudici del merito avrebbero omesso di pronunciarsi sul punto decisivo della questione riguardante l’inesistenza delle cartelle di pagamento. Sarebbe stato onere dell’Amministrazione finanziaria e del concessionario, a fronte di una contestazione del contribuente, di dimostrare la legittimità e la fondatezza della pretesa. Si evidenzia inoltre che i giudici del gravame non avrebbero analizzato la documentazione prodotta in giudizio, omettendo di valutare l’inesistenza di documenti mai allegati, violando altresì il riparto dell’onere della prova;

– il motivo è infondato;

– secondo il costante insegnamento di questa Corte (Cass. 11 ottobre 2018, n. 25292; Cass. 15 settembre 2017, n. 21533; Cass. 13 maggio 2014, n. 10326), non sussiste alcun onere probatorio dell’Agente per la riscossione avente ad oggetto l’esibizione in giudizio della copia delle cartelle nel loro contenuto integrale, nemmeno ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, che peraltro ne prevede la conservazione in alternativa alla “matrice” (la quale è l’unico documento che resta nella disponibilità dell’Agente nel caso in cui opti per la notificazione della cartella di pagamento nelle forme ordinarie o comunque con messo notificatore anzichè con raccomandata con avviso di ricevimento), con la conseguenza che ove, come nel caso di specie, la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti di averne ricevuto la notificazione (senza formalmente contestarne la conformità all’orginale), l’Agente per la riscossione deve semplicemente dare prova di avere eseguito regolarmente questa notificazione (secondo le forme ordinarie o con messo notificatore ovvero mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento: cfr. Cass. n. 1906/08, n. 14327/09, n. 11708/11, n. 1091/13, n. 21533 del 2017), senza necessità di produrre in giudizio la copia integrale della cartella di pagamento di che trattasi (Cass. n. 2790 del 2016), posto peraltro che nessuna norma prevede tale obbligo, nè ricollega alla sua omissione la sanzione di nullità della stessa e della relativa notificazione;

– nel caso di specie, al di là di una contestazione non sempre lineare contenuta nel motivo, composto da profili tra loro diversi e non sempre tra loro congruenti, parte ricorrente si duole, in maniera errata, della mancata produzione delle cartelle di pagamento poichè, in conformità alla giurisprudenza richiamata, non sussiste alcun obbligo di produrle in giudizio, essendo sufficiente la prova della regolarità della loro notifica. Nella specie, tale notifica è stata ritenuta provata attraverso la copia delle ricevute di ritorno, oggetto di un apprezzamento in fatto compiuto dai giudici di merito sulla base di quanto acquisito agli atti del giudizio;

– con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., relativamente alla prova della notifica delle cartelle di pagamento. Violazione e/o falsa esistenza delle cartelle e della loro notifica. Parte ricorrente contesta la regolarità della notifica delle cartelle, avvenuta mediante semplici ordinarie raccomandate a/r senza avvalersi di soggetti abilitati e senza che l’agente postale rispettasse scrupolosamente l’art. 137 c.p.c. e seguenti, con le specifiche modifiche del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e senza averne provato la notifica. A tal fine vengono richiamate le considerazioni già formulate in grado d’appello al fine di contestare la documentazione prodotta dal concessionario, ritenuta inidonea a provare il perfezionamento della notifica. Si evidenzia, al riguardo, l’assenza di prova documentale in merito alla notifica di una delle cartelle, nonchè la presenza di diversi vizi formali, quali l’assenza di firma del destinatario, il carattere illeggibile della copia prodotta, la mancanza di sottoscrizione o il mancato invio della seconda raccomandata;

– il motivo è inammissibile;

– in materia di contenzioso tributario, la proposizione della mera “eccezione di inesistenza” della notifica non può far ritenere acquisito al thema decidendum l’esame di qualsiasi vizio di invalidità del procedimento notificatorio, non ravvisandosi una relazione di continenza tra l’inesistenza e i vizi di nullità di tale procedimento, altrimenti derivandone un’inammissibile scissione tra il tipo di invalidità denunciato con la formulata eccezione di merito e la specifica deduzione dei fatti sui quali essa si fonda, il cui onere di allegazione ricade esclusivamente sulla parte qualora si facciano valere eccezioni in senso stretto (Cass. 5 aprile 2013, n. 8398);

– il deposito in giudizio degli avvisi di ricevimento avrebbe potuto legittimare il contribuente ad introdurre nel processo “nuovi motivi” di ricorso, notificando una “memoria integrativa dei motivi”, come previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2 e 3, mentre la contestazione è avvenuta soltanto nell’ambito delle memorie illustrative depositate in primo grado ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32. Allo stesso modo deve dirsi per la contestazione in merito alle modalità con cui sarebbe avvenuta la notifica della cartella di pagamento. Le doglianze, pertanto, introducendo nuove eccezioni di merito, sono inammissibili;

– con il terzo motivo di ricorso si prospetta la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, con riferimento al mancato invio/notifica dell’avviso bonario, lesione del diritto di difesa e pagamento di importi non dovuti (aggio della riscossione, sanzioni in misura piena e interessi maggiori). Omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia e omessa valutazione di prove documentali ex art. 360 c.p.c.. Parte ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza d’appello nella parte in cui non avrebbe esaminato l’eccezione sollevata nei gradi di merito in ordine al mancato ricevimento dell’avviso bonario ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, nonchè la conseguente infondatezza di importi rivendicati dall’Ufficio e assolutamente non dovuti (aggio della riscossione, sanzioni in misura piena e interessi maggiori);

– con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 20 e 30: errato calcolo degli interessi di mora e per ritardata iscrizione e a ruolo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.: solo il concessionario o l’ufficio hanno l’onere di provare l’indicazione del responsabile del procedimento. Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7: mancata indicazione del responsabile. Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, per omessa produzione in giudizio delle cartelle di pagamento e sulla tempestività/ammissibilità del ricorso. Omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia e omessa valutazione di prove documentali ex art. 360 c.p.c.. Parte ricorrente ripropone le censure relative alla presunta insufficiente motivazione degli estratti di ruolo di cui aveva preso visione a seguito del controllo effettuato nel 2012 presso gli uffici di Equitalia, nonchè alla mancata indicazione, in tali estratti, del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di notifica delle cartelle;

– entrambi i motivi, da trattati congiuntamente, sono inammissibili;

– essendo stato il ricorso introduttivo dichiarato inammissibile in primo grado per tardività, con conferma in appello, le censure sugli ulteriori motivi di doglianza, rimaste assorbite dall’accoglimento dell’eccezione pregiudiziale di inammissibilità, non possono essere riproposte in questa sede e sarebbero state inammissibili anche qualora il giudice, ritenuta inammissibile la domanda, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, avesse poi comunque proceduto all’esame di quest’ultimo (Cass. 19 dicembre 2017, n. 30393);

– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 5.600,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito in favore dell’Agenzia delle entrate e la Equitalia Nord s.p.a. Euro 5.600,00 per onorari, oltre accessori e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 13 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2020

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