Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18873 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. I, 12/07/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 12/07/2019), n.18873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 25191/2018 proposto da:

T.J., elettivamente domiciliato in ROMA presso la

CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato Giuseppe Briganti del Foro di Urbino;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 9380/2018 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

il 16/07/2018.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto n. 9380/2018, ha respinto la richiesta di T.J., cittadino nigeriano, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria.

In particolare, il Tribunale ha osservato che la vicenda personale narrata dal richiedente (essere stato costretto a fuggire dal Paese d’origine a causa del pericolo di attentati del gruppo terroristico dei Boko Haram) risultava generica e scarsamente credibile (il ricorrente assumeva di provenire dal Nord della Nigeria, il Borno State, ma parlava non la lingua “hausa”, tipica di tale regione, ma quella “pidgin”, diffusa nel sud del Paese) e non integrava comunque i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo stati neppure dedotti rischi di persecuzione o timori per la propria incolumità fisica, tali da non potere trovare adeguata protezione nel Paese di provenienza da parte delle Autorità locali; quanto poi alla protezione sussidiaria, dovendosi ritenere che il richiedente contrariamente al dichiarato, provenisse dal sud della Nigeria, per effetto della lingua parlata, la Regione di effettiva provenienza del richiedente non era interessata da conflitti armati interni, nè risultava esservi stata una grave ed individuale minaccia nei suoi confronti, trattandosi comunque di “un solo episodio” specifico; infine, quanto alla protezione umanitaria, non emergeva, per difetto anche di allegazione di circostanze rilevanti, una situazione meritevole di protezione umanitaria (dovendosi dare rilievo a soli fatti di integrazione lavorativa significativi perchè relativi ad un arco temporale più ampio).

Averso la suddetta ordinanza, T.J. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi nei confronti del Ministero dell’Interno (che resiste con controricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la nullità del decreto, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008b, art. 35 bis commi 1 e 13 e artt. 737 e 135 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, nonchè art. 111 Cost., comma 6, denunciando la carenza assoluta di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, avendo il Tribunale ritenuto non credibile il racconto del richiedente senza nulla argomentare in ordine alle ragioni della contraddittorietà ed insufficienza degli elementi allegati, senza considerare la dettagliata vicenda narrata dal ricorrente (anche l’episodio relativa allo stupro subito dallo stesso da parte di un guardiano di un campo di rifugiati e delle conseguenti accuse di omosessualità, fatto costituente reato in Nigeria); 2) con il secondo motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo oggetto di discussione, in relazione alla non credibilità della vicenda narrata dal richiedente, avendo il Tribunale trascurato di considerare l’episodio di violenza sessuale di cui il richiedente era stato vittima e le conseguenti accuse di omosessualità, pur ribadendo il ricorrente di non essere omosessuale; 3) con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 10, 13, 27 e 32 e art. 16 direttivan. 2013/32, nonchè artt. 2 e 3, anche in relazione all’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5,6,7 e 14 e T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2, per avere il Tribunale, in ogni caso, in riferimento alla protezione sussidiaria ed umanitaria richiesta, omesso di “indagare le dichiarazioni del ricorrente, nel rispetto del dovere di cooperazione istruttoria” (pur potendosi documentare, con certificato, la nascita effettiva del richiedente nel Borno State, nel Nord della Nigeria, e pur risultando, dalle principali fonti ufficiali disponibili, che la lingua del gruppo etnico Fulani, cui appartiene il richiedente, è il fulfuide, non l’hausa) e di disporre l’audizione del ricorrente per colmare le lacune probatorie (in ordine alle conseguenze sul piano psico-fisico delle violenze subite ad opera dei terroristi e dello stupro subito), nonchè, quanto alla protezione umanitaria, che il ricorrente dall’aprile 20198 ha in Italia un lavoro a tempo indeterminato come collaboratore domestico; 4) con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, art. 47 della Carta dei diritti UE e art. 46 della Direttiva Europea n. 2013/32, sempre in relazione alla dedotta violazione del dovere di cooperazione istruttoria.

2. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati, nei sensi di cui in motivazione.

La valutazione di credibilità o affidabilità del richiedente la protezione non è frutto di soggettivistiche opinioni del giudice di merito, ma il risultato di un procedimentalizzazione legale della decisione, la quale dev’essere svolta non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5: verifica dell’effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; deduzione di un’idonea motivazione sull’assenza di riscontri oggettivi; non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla situazione del paese; presentazione tempestiva della domanda; attendibilità intrinseca (Cass. 26921/2017).

Inoltre, il giudice deve tenere conto della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, con riguardo alla sua condizione sociale e all’età (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 3, lett. c), e acquisire le informazioni sul contesto sociopolitico del paese di rientro, in correlazione con i motivi di persecuzione o i pericoli dedotti, sulla base delle fonti di informazione indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l’acquisizione di altri canali informativi (Cass. n. 16202/2012). La credibilità delle dichiarazioni del richiedente la protezione non può essere esclusa sulla base di mere discordanze o contraddizioni nell’esposizione dei fatti su aspetti secondari o isolati, quando sia mancato un preliminare scrutinio dei menzionati criteri legali previsti per la valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni, specie quando il giudice di merito non abbia concluso per l’insussistenza dell’accadimento (Cass. n. 8282/2013). Questa Corte, anche di recente, ha ribadito che “in tema di protezione sussidiaria, la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, incombendo al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto” (nella specie, la S.C., ha cassato la sentenza con la quale era stato rigettato il ricorso avverso il diniego del riconoscimento della protezione sussidiaria, avendo il tribunale ritenuto, senza alcun approfondimento istruttorio, che il timore di danno grave dedotto dal richiedente fosse esclusivamente soggettivo in quanto privo di riscontri obiettivi, e il pericolo non fosse più attuale).

A queste indicazioni la decisione impugnata si è sottratta.

Il Tribunale ha dato esclusivo rilievo al fatto che il nigeriano non conosceva la lingua hausa, parlata nel Nord della Nigeria, il che deponeva per la sua provenienza dal sud del Paese.

Il ricorrente ha dedotto invece di essere effettivamente nato nel Borno State, nel Nord della Nigeria, di essere di etnia fulani e di parlare il fulfulde.

In tal modo i giudici di merito non hanno valutato la sostanziale coerenza e plausibilità del racconto, con riferimento, in particolare, agli attentati compiuti da parte del gruppo Boko Haram, al percorso di vita con una zia a (OMISSIS), poi a (OMISSIS), sempre nel Borno State.

In relazione poi all’episodio dello stupro, il Tribunale ha rilevato il carattere isolato dell’episodio, valutando il fatto che il ricorrente non assume di essere omosessuale.

Questa Corte ha più volte osservato che è compito dell’autorità amministrativa e del giudice svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni o impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni ed acquisire tutta la documentazione necessaria, in modo che le domande di protezione siano esaminate sulla base di informazioni aggiornate sul paese di origine dei richiedenti asilo (Cass., s.u., n. 27310/2008; n. 10202/2011).

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, nei sensi di cui in motivazione, va cassato il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Ancona in diversa composizione. Il Giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato, con rinvio della causa, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Ancona, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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