Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1887 del 25/01/2018


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Cassazione civile, sez. II, 25/01/2018, (ud. 29/11/2017, dep.25/01/2018),  n. 1887

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’architetto M.K. ha proposto un unico complesso motivo di ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, n. 174/2012 del 12 novembre 2012. La B. s.a.s. di B. Giovanni & co. (dapprima denominata B. s.a.s. di B. Gino & co.) si difende con controricorso e propone ricorso incidentale in due motivi.

Rimane intimata, senza svolgere attività difensive, la Oberleiter & co. di M.K. s.a.s.

Con citazione del 26 ottobre 2004 l’architetto M.K. e la Oberleiter & co. di M.K. s.a.s. convennero la B. s.a.s. di B. Gino & co. davanti al Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, per ottenere sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c., o in subordine la declaratoria di risoluzione per inadempimento con risarcimento, con riguardo al contratto preliminare del 20 giugno 1992, relativo all’acquisto da parte del M. di un fabbricato sito in (OMISSIS) (particella edificiale (OMISSIS)), per il prezzo di Euro 852.153,88. Peraltro, l’accordo del 20 giugno 1992 era stato modificato il 27 ottobre 1992, nel senso che l’architetto M. avrebbe ristrutturato a proprie spese il fabbricato per poi retrocedere alla B. s.a.s. alcune porzioni della cubatura. Il 27 novembre 1992 la Commissione Edilizia del Comune di (OMISSIS) aveva però ritenuto la progettata opera di ristrutturazione difforme dalle prescrizioni urbanistiche e di seguito la B. s.a.s. rifiutò di sottoscrivere un progetto di variante, adducendo che avrebbe diminuito l’originaria cubatura ad essa attribuita. La convenuta B. s.a.s. eccepì, dal suo canto, l’inadempimento dell’architetto M.. Il Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, con sentenza del 13 ottobre 2009, dichiarò il difetto di legittimazione attiva della Oberleiter & co. di M.K. s.a.s. e rigettò tutte le domande di M.K., affermando che entrambe le parti avessero mantenuto una condotta egualmente inadempiente. Avanzarono appello in via principale M.K., riproponendo le domande disattese in primo grado, e la B. s.a.s., sul solo punto delle spese processuali compensate dal Tribunale. La Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, ha quindi respinto entrambi gli appelli ed ugualmente compensato tra le parti le spese del grado. La sentenza impugnata ha condiviso l’osservazione dell’appellante M. secondo cui la finalità economica dei due contratti del 20 giugno 1992 e del 27 ottobre 1992 dovesse essere ravvisata nella ristrutturazione della particella edificiale (OMISSIS), essendo il trasferimento immobiliare funzionale al conseguito obiettivo; tant’è che l’architetto prestava fideiussione, il cui oggetto veniva progressivamente ridotto in base alle fatture relative agli stati di avanzamento, e che la B. s.a.s. avrebbe recuperato quasi per intero il fabbricato una volta finita la ristrutturazione. Il prezzo dei lavori commissionati dalla B. s.a.s. all’architetto M. era, dunque, in base all’atto integrativo del 27 ottobre 1992, la porzione immobiliare della particella edificiale (OMISSIS) che il M. avrebbe trattenuto a suo favore. Aggiungeva la Corte d’Appello che il progetto dell’opera di ristrutturazione, di cui era stato incaricato l’architetto M., serviva nelle intenzioni delle parti altresì a determinare la parte dell’immobile che quello avrebbe tenuto per sè quale corrispettivo della sua prestazione. Sennonchè, il progetto di ristrutturazione recepito dai contraenti nell’accordo del 27 ottobre 1992 non venne approvato dal Comune di (OMISSIS), laddove la realizzabilità di tale progetto condizionava, negli intenti delle parti, tutti i loro impegni contrattuali. Ciò ha fatto concludere alla Corte d’Appello che il contratto integrativo del 27 ottobre 1992, il quale aveva assorbito il semplice preliminare di compravendita del 20 giugno 1992, non avesse mai acquistato efficacia fra le parti, per il mancato avveramento della condicio iuris dell’approvazione comunale del progetto edilizio, con conseguenti inesigibilità delle rispettive obbligazioni e inconfigurabilità dei denunciati inadempimenti, fondanti le domande dell’attore e le eccezioni della convenuta. Peraltro, la sentenza impugnata ha osservato come non fosse stato prospettato da M.K. un inadempimento all’obbligo di buona fede in pendenza della condizione ex art. 1358 c.c.; nè appariva alla Corte d’Appello comunque predicabile una responsabilità della committente fondata sull’art. 1358 c.c., in quanto non era provato che la variante progettuale elaborata dall’architetto M. avrebbe ottenuto l’approvazione del Comune di (OMISSIS), e per di più essa avrebbe determinato una inesigibile modificazione dell’accordo del 27 ottobre 1992, con sacrificio degli interessi economici della B. s.a.s. Tali ragioni hanno indotto i giudici di appello a rigettare entrambe le impugnazioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico complesso motivo del ricorso di M.K. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1655,1385 e 1358 c.c., nonchè la contraddittoria motivazione. Sostiene il ricorrente principale che il secondo contratto stipulato dalle parti il 27 ottobre 1992 avesse soltanto integrato e modificato il preliminare di compravendita del 20 giugno 1992, confermando la volontà di trasferire la proprietà della particella edificiale (OMISSIS) C.C. (OMISSIS) in suo favore, rideterminando il prezzo del primo accordo (che era di Lire 1.650.000.000) in Lire 1.400.000.000, sicchè alcun rilievo avrebbe l’espressione adoperata “il prezzo sarà pagato con una permuta di cubatura”. Avverte il ricorrente che le parti avevano convenuto la cessione dell’immobile del Cinema “(OMISSIS)” senza condizionarla sospensivamente all’approvazione comunale del progetto di ristrutturazione, di tal che le pattuizioni intercorse prevedevano l’immediato sorgere di obbligazioni in capo ai contraenti. Era stata, piuttosto, la B. s.a.s. a sottrarsi ingiustificatamente ai propri obblighi ed impedito il rilascio dell’autorizzazione amministrativa, non firmando il progetto di variante. Aggiunge M.K. che le dichiarazioni testimoniali dell’architetto B. avrebbero dovuto indurre la Corte d’Appello a dare presuntivamente per accertata la verosimile approvazione comunale del progetto così come rielaborato. Nè la sottoscrizione di tale progetto di variante poteva intendersi come una rideterminazione della volontà negoziale imposta alla promittente alienante, nonchè committente, B. s.a.s.

1.1. Il motivo di ricorso di M.K. è in parte inammissibile e comunque infondato.

Innanzitutto, il ricorrente principale sollecita la Corte a pervenire ad una diversa interpretazione e qualificazione dell’operazione negoziale intercorsa tra le parti, ed in particolare del contratto del 27 ottobre 1992, ma ciò fa senza indicare specificamente il contenuto delle scritture negoziali, riportandone il testo quanto meno nei tratti salienti asseritamente mal interpretati, con inosservanza dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Inoltre, trovando applicazione, attesa la data di pubblicazione del provvedimento impugnato, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, è inammissibile la prospettazione del vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), che sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, indicati e prodotti ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. A tal fine, l’omesso esame di elementi istruttori non integra mai, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, purchè il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).

Il motivo è comunque altresì, per quanto residua, infondato.

La sentenza della Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, ha ravvisato la finalità preminente dei due contratti del 20 giugno 1992 e del 27 ottobre 1992 nella ristrutturazione della particella edificiale (OMISSIS), il cui parziale trasferimento (a titolo di corrispettivo dell’opera prestata dall’architetto M.) era soltanto funzionale al prevalente obiettivo del recupero edilizio del fabbricato. Per i giudici dell’appello, il contratto integrativo del 27 ottobre 1992 aveva “assorbito il mero impegno di compravendita generato dal precedente preliminare” del 20 giugno 1992, nel senso che il prezzo dei lavori commissionati dalla B. s.a.s. all’architetto M. era la porzione immobiliare della particella edificiale (OMISSIS) che il M. avrebbe trattenuto per sè, porzione delimitata sulla base del medesimo progetto di variante dell’intervento di ristrutturazione. Tale progetto di ristrutturazione, elaborato dal M., venne infatti inserito come parte integrante nell’accordo del 27 ottobre 1992, ma non fu approvato dal Comune di (OMISSIS), impedendo la realizzabilità di tutto il programma obbligatorio. Sulla base di questa interpretazione della portata della convenzione contrattuale, la Corte d’Appello ha concluso per la ravvisabilità di una condicio iuris non avveratasi (id est, l’approvazione comunale del progetto edilizio), ed ha quindi affermato l’inefficacia fra le parti degli obblighi da essa discendenti, e l’insussistenza dei reciproci inadempimenti. Circa l’inadempimento all’obbligo di buona fede in pendenza della condizione ex art. 1358 c.c., oltre che non prospettato in domanda da M.K., la Corte d’Appello ha comunque negato sia che fosse stata fornita la prova che la variante progettuale avrebbe ottenuto l’approvazione del Comune di (OMISSIS), sia l’esigibilità della condivisione di siffatta variante da parte della B. s.a.s., in quanto la stessa avrebbe comportato in suo danno una modificazione peggiorativa, sotto il punto di vista economico, dell’accordo del 27 ottobre 1992.

La Corte d’Appello, affermando allora che il rapporto delle parti trovasse ormai la propria regola negoziale nel solo accordo del 27 ottobre 1992, per aver esso “assorbito” il preliminare di vendita del 20 giugno 1992, si è uniformata al costante insegnamento di questa Corte, secondo il quale, nel caso di più scritture successive relative alla graduale costituzione di uno stesso rapporto giuridico, qualunque sia il contenuto di un vincolo obbligatorio voluto dalle parti, occorre avere riguardo esclusivo al programma negoziale contenuto nel contratto definitivo, e non a quello delle scritture preliminari, ponendosi l’ultima scrittura come unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, e ben potendo esso non conformarsi del tutto agli impegni assunti col preliminare (cfr. Cass Sez. 2, 11/04/2016, n. 7064; Cass. Sez. 2, 05/06/2012, n. 9063; Cass. Sez. 2, 11/07/2007, n. 15585).

Peraltro, si era in presenza di convenzione innominata ad effetti obbligatori, del genere do ut facias, che (per quanto del contenuto effettivo del contratto del 27 ottobre 1992 traspare in ricorso e nella stessa sentenza impugnata) aveva per oggetto l’impegno dell’architetto M. di progettare e ristrutturare il fabbricato compreso nella particella edificiale (OMISSIS) C.C. (OMISSIS) verso il corrispettivo del parziale trasferimento in suo favore della proprietà dell’immobile da parte della committente B. s.a.s.

Dall’esame del testo negoziale, la Corte d’Appello ha maturato il convincimento che i contraenti avessero contemplato, nella scrittura del 27 ottobre 1992, un evento futuro, quale, nella specie, l’approvazione del progetto di ristrutturazione da parte dell’autorità comunale competente, correlando ad esso l’efficacia del vincolo negoziale, e non soltanto il tempo dell’adempimento delle reciproche prestazioni (cfr. Cass. Sez. 2, 30/10/1992, n. 11816; Cass. Sez. 1, 24/07/1985, n. 4339). Un accordo contrattuale che sottoponga, del resto, il sorgere del diritto al compenso da parte del professionista incaricato del progetto di un’opera all’approvazione dello stesso ad opera della P.A. che sopraintenda al governo del territorio, non limita la responsabilità del committente il progetto, giacchè non influisce sulle conseguenze di un eventuale inadempimento, quanto, piuttosto, definisce il contenuto e l’efficacia del mandato conferito, individuando nella medesima approvazione il dies a quo per l’esecuzione dei reciproci obblighi.

L’accertamento se i soggetti di un contratto abbiano inteso, o meno, sottoporre il convenuto regolamento di interessi ad una condizione, sulla base dell’incertezza di un evento futuro rappresentato come presupposto dell’efficacia di un programma obbligatorio, dà luogo, peraltro, ad un apprezzamento di fatto, inteso a risolvere una quaestio voluntatis attraverso l’interpretazione del documento e la valutazione del concreto regolamento degli opposti interessi adottato dai contraenti, in quanto tale demandato al giudice di merito ed insindacabile in cassazione, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (si veda, ad esempio, Cass. Sez. 3, 15/09/1983, n. 5575). Il ricorrente principale M.K. si limita a prospettare un’interpretazione alternativa del contratto del 27 ottobre 1992, più favorevole alle sue tesi difensive, ma non dimostra alcuna deviazione del ragionamento della Corte d’Appello dalle regole legali di ermeneutica negoziale, nè alcun omesso esame di fatto storico decisivo per dare soluzione alla lite.

Sempre correttamente, la Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, ha affermato che, essendo il contratto del 27 ottobre 1992 sottoposto alla condizione sospensiva dell’approvazione del progetto edilizio, e non essendosi verificata tale condizione, non potesse configurarsi alcun inadempimento delle obbligazioni rispettivamente assunte dalle parti, giacchè l’inadempimento contrattuale è verificabile solo in relazione ad un contratto efficace.

Il difetto dell’approvazione del progetto di ristrutturazione dell’edificio, costituente condicio iuris del contratto, in quanto consistente in un evento esulante dall’autonomia negoziale delle parti ed avente la propria fonte nell’ordinamento giuridico, aveva, quindi impedito l’efficacia del negozio e l’eseguibilità delle reciproche prestazioni, sicchè non è configurabile alcuna responsabilità contrattuale dei contraenti, che possa essere fatta valere mediante azione di risoluzione o di risarcimento per inadempimento, nè che possa essere eccepita ai sensi dell’art. 1460 c.c., posto che l’inadempimento del contratto presuppone la sua eseguibilità.

Parimenti infondata è, al riguardo, una pretesa di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, ai sensi dell’art. 2932 c.c., non potendo il giudice emettere la sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso quando l’evento previsto come condizione sospensiva nel preliminare non risulti essersi verificato al momento della decisione (arg. da Cass. Sez. 2, 17/01/2003, n. 628).

E’ vero, peraltro, che chi si sia obbligato sotto la condizione sospensiva dell’ottenimento di determinate autorizzazioni o concessioni amministrative necessarie per la realizzazione delle finalità economiche che l’altra parte si propone, ha il dovere di compiere, per conservarne integre le ragioni, comportandosi secondo buona fede (art. 1358 c.c.), tutte le attività che da lui dipendono per l’avveramento di siffatta condizione, in modo da non impedire che la P.A. provveda sul rilascio degli auspicati provvedimenti ampliativi, con la conseguenza che deve rispondere delle conseguenze dell’inadempimento di questa sua obbligazione contrattuale nei confronti dell’altra parte. A tal fine, è però necessario accertare, avuto riguardo alla situazione di fatto esistente nel momento in cui si è verificato l’inadempimento, se la condizione avrebbe potuto avverarsi, essendo certo il legittimo rilascio delle autorizzazioni o concessioni amministrative con riguardo alla normativa applicabile (Cass. Sez. 3, 02/06/1992, n. 6676; Cass. Sez. 3, 22/03/2001, n. 4110; Cass., Sez. 2, 18/03/2002, n. 3942; Cass. Sez. 3, 18/07/2014, n. 16501). Anche in tale evenienza, spetta al giudice di merito accertare se il contraente, in base ai doveri gravanti su di esso in forza dell’art. 1358 c.c., abbia omesso attività corrispondenti ad uno standard esigibile di buona fede e tali da scongiurare, altrimenti, il mancato avveramento della condizione suddetta. E la Corte d’Appello ha in proposito sia negato la sussistenza della prova che la variante progettuale avrebbe certamente ottenuto l’approvazione del Comune di (OMISSIS), sia evidenziato come la stessa variante avrebbe comportato per la B. s.a.s. dei sacrifici sotto il punto di vista economico, modificando il contenuto dell’accordo del 27 ottobre 1992.

Ora, è certo che, in un contratto diretto alla progettazione e realizzazione di opere edili, è configurabile, in capo al committente, un dovere di cooperare all’adempimento dell’esecutore dei lavori, affinchè quest’ultimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio, se del caso anche favorendo l’elaborazione di varianti progettuali resesi necessarie in corso d’opera, vieppiù ove, come nel caso di specie, l’approvazione del progetto sia stata elevata dalle parti a condizione di efficacia dell’intero contratto. E’ tuttavia altrettanto certo che l’obbligo, previsto dall’art. 1358 c.c., di comportarsi, in pendenza della condizione, secondo buona fede (e cioè in modo da non influire sul libero corso della condizione pendente e di non accrescere il margine d’incertezza insito nell’evento condizionante, al fine di conservare integre le ragioni dell’altra parte) non può implicare per una delle parti l’accettazione di un sacrificio di suoi diritti o legittimi interessi, nel senso di veder mutare l’equilibrio economico delle prestazioni stabilito nel contratto condizionato, nella specie modificando ed ampliando gli originari contenuti dell’oggetto della attribuzione traslativa immobiliare dovuta dalla società committente. L’obbligo di comportarsi secondo buona fede, incombente sui contraenti ai sensi degli artt. 1337,1358,1375 e 1460 c.c., è rivolto, infatti, ad impedire (e non a provocare) agli stessi un minor vantaggio, ovvero un maggior aggravio economico. Spetta in ogni caso al giudice del merito il potere dovere di identificare quale sia la parte che in concreto, violando gli obblighi di correttezza, con il suo comportamento, colposo o doloso, abbia contribuito ad alterare l’iter attuativo del contratto condizionato, in maniera da impedire l’avveramento della condizione stessa (Cass. Sez. 2, 27/02/1998, n. 2168).

2. Il primo motivo del ricorso incidentale della B. s.a.s. di B.G. & co. deduce l’omesso esame di fatto decisivo e la violazione e falsa applicazione dell’art. 1358 c.c., non avendo la Corte d’Appello tenuto conto nè della mancata informazione sugli sviluppi della pratica edilizia inerente alla ristrutturazione del Cinema (OMISSIS) fornita alla committente dall’architetto M., nè dell’illecito penale (accertato con sentenza passata in giudicato) commesso dal medesimo M., il quale sottrasse con violenza al legale della B. s.a.s. una cartella contenente gli originali dei contratti e la relativa documentazione urbanistica.

Il secondo motivo del ricorso incidentale della B. s.a.s., proposto in subordine, allega l’omesso esame delle rispettive condotte delle parti, al fine di conclamare il prevalente inadempimento dell’architetto M..

2.1. Il ricorso incidentale della B. s.a.s. di B.G. & co., i cui due motivi, per la loro connessione, possono esaminarsi congiuntamente, è inammissibile.

La sentenza impugnata ha confermato il rigetto delle domande dell’architetto M.K. di sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c., o di risoluzione per inadempimento e risarcimento, ritenendo non configurabile alcuna esigibilità delle reciproche prestazioni, per essere il contratto subordinato a condizione sospensiva non avveratasi. Rispetto a tali domande, la convenuta B. s.a.s. aveva unicamente eccepito l’inadempimento dell’architetto M., eccezione che restava evidentemente assorbita dal rigetto delle domande avverse. Essendo, quindi, la B. s.a.s. parte totalmente vittoriosa sul merito della lite, essa è priva di interesse processuale al ricorso incidentale, con cui ha di fatto riproposto in cassazione l’eccezione di inadempimento, eccezione che era stata logicamente ritenuta assorbita dai giudici di appello e che sarebbe stata quindi, eventualmente, comunque oggetto di riesame nel giudizio di rinvio in caso di accoglimento del ricorso principale.

3. Conseguono il rigetto del ricorso principale e l’inammissibilità del ricorso incidentale. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione tra le parti delle spese sostenute nel giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per le impugnazioni integralmente rigettate.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2018

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