Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18869 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. I, 12/07/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 12/07/2019), n.18869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23609/2018 proposto da:

O.F., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato Pierluigi Spadavecchia del Foro di Fermo;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 7158/2018 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

l’11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con ordinanza n. 7158/2018, ha respinto la richiesta di O.F., cittadino nigeriano, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria.

In particolare, il Tribunale ha osservato che la vicenda personale narrata dal richiedente, quand’anche credibile, non integrava comunque i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo stati neppure dedotti rischi diretti di persecuzione o timori per la propria incolumità fisica, tali da non potere trovare adeguata protezione nel Paese di provenienza da parte delle Autorità locali (ciò sia in relazione alla morte dei prossimi congiunti, sia con riguardo alla vicenda, “privatistica”, riguardante uno zio); quanto poi alla protezione sussidiaria, erano state narrate vicende di vita privata e personali timori ed inoltre la regione di provenienza del richiedente (l'(OMISSIS)) non era interessata da conflitti armati interni; infine, quanto alla protezione umanitaria, non emergeva, per difetto anche di allegazione di circostanze rilevanti, una situazione meritevole di protezione umanitaria. Avverso la suddetta ordinanza, O.F. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi nei confronti del Ministero dell’Interno (che resiste con controricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 8 e 14 per avere il Tribunale, in ogni caso, in riferimento alla protezione sussidiaria richiesta, valutato non sussistente la minaccia di un danno grave ed individuale, senza svolgere un’indagine officiosa sulle attuali situazioni di violenza diffusa in Nigeria e sugli attacchi terroristici in danno dei cristiani (avemdo il richiedente narrato di essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, essendo tutta la sua famiglia deceduta a causa di un atto terroristico ed essendo stato ucciso da alcune persone della sua comunità anche uno zio, unico parente rimasto); 2) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 19, comma 2, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 deducendo che il richiedente si troverebbe in una situazione specifica ed estrema vulnerabilità se tornasse in Nigeria, non avendo più parenti nel Paese d’origine, essendo impossibilitato a reperire un lavoro, attesa la gravissima crisi economica in cui versa il Paese, mentre lo stesso ha avviato un percorso di integrazione in Italia, frequentando corso di lingua italiana e svolgendo ore di volontariato.

2. Il primo motivo è inammissibile.

Il Tribunale ha valutato il materiale istruttorio emerso e la censura si risolve in un vizio di insufficiente motivazione, inammissibile.

In particolare, con riguardo alle considerazioni circa la situazione generale del Paese di provenienza, essa risulta essere fondata sulla consultazione delle fonti informative internazionali (EASO, comunicazioni UNHCR, Amnesty International, portali Africa Confidential ed Africa Intelligence) e, nel caso di specie, vi è stata comunque una valutazione del giudice di merito compatibile con le risultanze processuali.

Il motivo è inammissibile, esaurendosi nella prospettazione di censure di merito avverso le puntuali motivazioni esposte nel provvedimento impugnato, là dove il Tribunale, da un lato, ha specificato le ragioni – anche sulla base di dati tratti dalle indicate fonti di informazione- per le quali non ritiene sussistenti in Nigeria le condizioni estreme previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e, dall’altro lato, ha chiarito che la narrazione della vicenda personale espressa dal richiedente, quand’ anche attendibile, non comportava un’esposizione diretta del richiedente al rischio grave ex art. 14 cit..

In relazione poi alla mancata attivazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria, il Tribunale ha ritenuto il rischio allegato, sia ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato sia ai fini della protezione sussidiaria, valutato anche il contesto attuale del paese d’origine, la Nigeria, non integrante un’esposizione personale del richiedente.

Vero che nella materia in oggetto il giudice abbia il dovere di cooperare nell’accertamento dei fatti rilevanti, compiendo un’attività istruttoria ufficiosa, essendo necessario temperare l’asimmetria derivante dalla posizione delle parti (Cass. 13 dicembre 2016, n. 25534); ma la Corte d’appello ha attivato il potere di indagine nel senso indicato.

Vanno richiamati i principi da ultimo espresso da questa Corte, in tema di protezione internazionale, in ordine all’ambito della attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente (Cass. 27593/2018; Cass. 27503/2018; Cass.29358/2018; Cass. 17069/2018).

In ogni caso, la censura attinente alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta essere assolutamente generica e, per conseguenza, priva di decisività: il ricorrente manca di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso. Si reitera invece la deduzione in ordine alla situazione di violenza indiscriminata nella Nigeria ed anche nel sud del Paese ma senza indicare fonti più aggiornate di quelle motivatamente indicate dal Tribunale.

3. Anche il secondo motivo è inammissibile.

Il ricorrente censura il rigetto della richiesta di protezione umanitaria, senza neppure spiegare quali sarebbero i presupposti fondanti la richiesta. Il ricorrente lamenta, sempre in relazione alla richiesta di protezione umanitaria, che la Corte territoriale non avrebbe vagliato la condizione di particolare vulnerabilità cui sarebbe esposto il richiedente, in caso di rientro nel Paese.

Ma il Tribunale ha ritenuto che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali, non potendo giustificare la concessione della protezione la mera aspirazione a condizioni di vita o lavorative migliori.

In sostanza, il Tribunale ha esaminato specificamente le situazioni dedotte, rilevando la mancata deduzione di credibili situazioni di vulnerabilità e l’assenza di un serio percorso integrativo. Non risultano allegate in ricorso, peraltro, ulteriori ragioni, specifiche ed individualizzate, di vulnerabilità, diverse da quelle già esaminate nel giudizio di merito.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.

Sussistono giusti motivi, considerate tutte le peculiarità della vicenda, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Essendo stata la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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