Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18868 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 26/09/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 26/09/2016), n.18868

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7690-2011 proposto da:

M.L. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA BARBERINI 52, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO

IACOVINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SALVATORE DI PARDO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELLA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA n. 29 presso lo studio dell’avvocato, rappresentato

e difeso dall’Avvocato FILIPPO MANGIAPANE, giusta delega in atti;

– MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA in

persona del Ministro pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER

IL MOLISE in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domiciliano in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 410/2010 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 29/12/2010 R.G.N. 143/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2016 dal Consigliere Dott. ESPOSITO LUCIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso, rigetto nel resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza pubblicata il 29/12/2010, confermò la pronuncia del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da M.L., volta a conseguire il ricalcolo della base pensionabile mediante considerazione di un’anzianità di servizio pari a 35 anni, invece dei 34 anni e 11 mesi calcolati dall’amministrazione resistente, con inclusione nella fascia stipendiale di cui al gradone 35 al posto di quella, più bassa, del “gradone 28”, comprendente i dipendenti aventi anzianità di servizio da 28 a 34 anni. Con la medesima decisione era stata rigettata, altresì, la domanda formulata dalla M. nei confronti dell’INPDAP per la restituzione della somma di Euro 3.052,37, trattenuta a titolo di recupero di maggiori retribuzioni corrisposte dal 13/1/1993 al 1/9/1995.

2. La Corte territoriale poneva a fondamento del decisum il rilievo secondo il quale l’art. 40 TU, n. 1092 del 1973, invocato dalla ricorrente, non era pertinente in relazione alla fattispecie, in quanto non riguardante il calcolo della base pensionabile ma il diverso aspetto del calcolo del servizio effettivo e del servizio utile necessari per il conseguimento del diritto a pensione. Osservava che doveva ritenersi operante l’art. 220 del T.U. citato, che individua la base imponibile senza arrotondamenti di sorta. Rilevava che era inappropriato il richiamo del CCNL comparto scuola del 4 agosto 1995, art. 66, comma 2, trattandosi di norma non applicabile ratione temporis, essendo dettata per il personale in servizio al 31/12/1995, laddove la M. era andata in pensione il (OMISSIS). Quanto all’asserita insussistenza del diritto al recupero delle somme già percepite, richiamava la giurisprudenza del Consiglio di Stato in forza della quale il carattere oggettivo dell’indebito pagamento di somme non dovute in favore del dipendente pubblico attribuisce all’amministrazione il diritto a ripetere le somme ai sensi dell’art. 2033 c.c., indipendentemente da qualsiasi valutazione in ordine alla buona fede dell’accipiens.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione M.L. sulla base di 3 motivi. Resistono in giudizio il MIUR e l’Inpdap con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce l’erroneità e contraddittorietà della sentenza in punto di computo del servizio effettivamente svolto. Osserva che in virtù del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 40, il servizio effettivo, per effetto dell’arrotondamento del periodo inferiore all’anno ma maggiore di sei mesi, risulta pari a 35 anni. Conseguentemente, in applicazione della suddetta norma, risulta il suo diritto ad essere collocata all’interno del gradone 35 anzichè nel gradone 28:

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce che la sentenza risulta erronea e/o contraddittoria su un punto decisivo della controversia in relazione all’illegittimità del recupero delle somme precedentemente erogate a favore della prof.ssa M.. Rileva l’erroneità della determinazione dell’ultimo stipendio percepito, contestando le operazioni di consulenza svolte dal CTU nominato in primo grado su cui la Corte d’Appello di Campobasso ha fondato la propria decisione.

3. Con l’ultimo motivo la M. censura la statuizione relativa al recupero delle maggiori retribuzioni, per un importo di Euro 3.052,37, corrisposte nel periodo (OMISSIS). Osserva che si tratta di importo chiesto in restituzione dall’amministrazione dopo considerevole lasso di tempo, quando si era consolidata la buona fede della M.. Rileva che la L. n. 498 del 1992, art. 4, comma 5, esclude la possibilità per l’amministrazione di determinare in peius il trattamento economico del dipendente riducendolo rispetto a quello in godimento.

4. Il primo motivo è fondato. Ed invero il TU n. 1092 del 1973, art. 40, invocato dalla ricorrente, reca un inciso iniziale (“per gli effetti previsti dal presente testo unico…”) che conferisce portata generale alle disposizioni in esso contenute, tale da riverberarsi sull’interpretazione di tutte le norme comprese nella medesima fonte normativa. Conseguentemente l’arrotondamento previsto dalla suddetta norma (“se nel totale del servizio effettivo risulta una frazione d’anno, la frazione superiore a sei mesi si computa come anno intero; la frazione uguale o inferiore a sei mesi si trascura”) deve trovare applicazione anche con riferimento alla determinazione della base pensionabile e, specificamente, all’individuazione dell’entità dell’ultimo stipendio percepito. La sentenza, pertanto, deve essere cassata con rinvio al giudice del merito che provvederà a determinare il trattamento spettante alla ricorrente considerando preliminarmente il disposto dell’art. 40 citato.

5. Il secondo motivo è inammissibile, giacchè pecca di genericità, poichè difetta dell’indicazione della documentazione a supporto della censura, nè risultano riportate le parti della relazione di consulenza che si assumono erronee, sì da consentire la confutazione delle medesime.

6. Quanto all’ultimo motivo, questa Corte si conforma al consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità in materia di ripetizione di importi indebitamente erogati a titolo di trattamento retributivo nell’ambito dei rapporti di impiego pubblico privatizzato (c.f.r. Cass. Sez. L, Sentenza n. 29926 del 22/12/2008, Rv. 606155: “A seguito della privatizzazione dei rapporti di lavoro degli enti pubblici non trova applicazione la regola, di carattere eccezionale, enunciata dalla giurisprudenza amministrativa per il rapporto di pubblico impiego, di irripetibilità delle somme corrisposte dalla P.A. ai propri dipendenti e da costoro percepite in buona fede per il soddisfacimento delle normali necessità di vita, dovendosi ritenere operativa la regola generale di ripetibilità dell’indebito prevista dall’art. 2033 cod. civ.”; conforme Sez. L, Sentenza n. 8338 del 08/04/2010, Rv. 612838). Lo stesso, pertanto, deve essere rigettato.

7. In base alle svolte argomentazioni va accolto il primo motivo di ricorso e rigettati gli altri due. La sentenza impugnata, di conseguenza, va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche ai fini della liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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