Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18861 del 30/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/08/2010, (ud. 13/07/2010, dep. 30/08/2010), n.18861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso R.G. n. 17679/2007 proposto da:

A.S.A. – AZIENDA SPECIALE AMBIENTE TIVOLI S.p.A., in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante

pro tempore. Dott. B.G., elettivamente domiciliata in

Roma, Via dei Due Macelli n. 60, presso lo studio dell’Avv.

CRAPOLIECHIO Silvio, che la rappresenta e difende per procura a

margine del ricorso ed ora domic. In Via Belsiana n. 100;

– ricorrente –

contro

S.G., selettivamente domiciliato in Roma, Via

Principe Eugenio n. 32. presso studio dell’Avv. VIAGGIA Roberto, che

lo rappresenta e difende per procura a margine del controricorso ed

ora dom. in Via Ricasoli n. 7;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 8087/06 della Corte di Appello di

Roma del 17.11.2006/5.02.2007 (R.G. n. 3126 dell’anno 2006).

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13.07.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Silvio Crapolicchio per la ricorrente e l’Avv. Roberto

Muggia per il controricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. FEDELI

Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Tivoli con sentenza n. 80 del 2006 accoglieva il ricorso proposto da S.G. dipendente dell’ASA- Azienda Speciale Ambiente di Tivoli – S.p.A., di accertamento dell’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla società convenuta con lettera del 15.03.2002 e motivato sul superamento del periodo di comporto.

La ASA appellava tale decisione, deducendone l’erroneità, per avere ritenuto che il lavoratore avesse richiesto, in risposta alla lettera di licenziamento, l’indicazione delle assenze, in base alle quali sarebbe stato superato il periodo di comporto, e la società non avesse dato riscontro a tale richiesta. Precisava ancora l’appellante che l’indicazione dei giorni di malattia era contenuta nel telegramma del 7.01.2002 e comunque lo S. nella lettera 26.03.2002 non aveva chiesto l’indicazione dei giorni di malattia.

All’esito la Corte di Appello di Roma con sentenza n. 8087 del 2006 ha confermato la decisione di primo grado, rilevando che, a fronte della richiesta del lavoratore di conoscere – detta L. n. 604 del 1966, ex art. 2 – i motivi del licenziamento e le indicazioni delle assenze, la datrice di lavoro non aveva dato seguito.

La ASA ricorre con tre motivi.

Lo S. resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato rispettiva memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso la società ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2110 cod. civ. e della L. n. 604 del 1966, art. 2 e successive modificazioni. Al riguardo sostiene che l’impugnata sentenza non ha fatto corretta applicazione delle richiamate disposizioni normative, giacchè essa ricorrente come datrice di lavoro non aveva affatto l’obbligo di allegare il prospetto analitico di tulle le assenze del lavoratore, non avendone quest’ultimo fatto specifica richiesta.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2110 cod. civ. e della L. n. 604 del 1966, art. 2 e successive modificazioni.

La ricorrente, nel ribadire quanto dedotto in sede di primo motivo, aggiunge che in ogni caso l’indicazione dei giorni di malattia era contenuta nel telegramma del 7.01.2002, dove veniva chiarito che “con l’ultimo certificato medico da lei prodotto (malattia dal (OMISSIS)) ha superato i 365 giorni di malattia”. Nella situazione in fatto così ricostruita osserva ancora la ricorrente che il lavoratore aveva conoscenza diretta dei giorni di malattia, sicchè non sussisteva l’obbligo di essa datrice di lavoro di indicare i singoli giorni di assenza, potendo ritenersi sufficienti indicazioni complessive, idonee ad evidenziare il superamento del periodo di comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile. Il che si era verificato nella specie secondo la ricorrente.

I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati.

Il lavoratore chiese di conoscere i motivi del licenziamento della L. n. 604 del 1966, ex art. 2 e tale richiesta è stata interpretata dal giudice di appello, alla stregua della richiamata disposizione, come molta ad ottenere anche l’indicazione dei singoli giorni di assenza per malattia, non essendo sufficiente la comunicazione del complessivo numero delle assenza effettuate, e ciò al fine di garantire una più puntuale difesa del lavoratore.

Orbene tale interpretazione consegue a motivato accertamento in fatto, cui la ricorrente società replica con una diversa ed opposta interpretazione, come tale non ammissibile in sede di legittimità.

3. Con il terzo motivo la ricorrente, nel denunciare violazione dell’art. 2110 cod. civ., comma 2, sostiene che l’impugnata decisione non ha correttamente applicato tale disposizione normativa, anche in relazione all’art. 38, comma 5 – del CCNL, che prevede l’obbligo del datore di lavoro di dare preavviso al lavoratore circa la possibilità di richiedere l’aspettativa per malattia. La ricorrente rileva infatti di avere, nello spirito di massima correttezza, informato e sollecitato più volte il lavoratore ad effettuare la richiesta di collocamento in aspettativa, ma questi, del tutto immotivatamente, nulla rispose al riguardo.

La censura è inammissibile, giacchè la questione non risulta sollevata nella fase di merito e non rientra pertanto nella ratio decidendi dell’impugnata sentenza.

2. In conclusione il ricorso è destituito da fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 29,00 oltre Euro 3.500.00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2010

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