Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18860 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 26/09/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 26/09/2016), n.18860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13559-2015 proposto da:

CORSI S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI 4,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ARTURO AMORE, RICCARDO CINTI giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.D.;

– intimato –

Nonchè da:

S.D. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ENRICO

LUBERTO, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato DARIO

ROSSI, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CORSI S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PISANELLI 4,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ARTURO AMORE, RICCARDO CINTI giusta

delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 174/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/03/2015 R.G.N. 735/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2016 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito l’Avvocato RICCARDO CINTI;

udito l’Avvocato LUBERTO ENRICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto entrambi i ricorsi.

Fatto

La Corte d’appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza non definitiva di primo grado (che, rigettando l’opposizione di Corsi s.p.a. avverso l’ordinanza ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 49, dello stesso Tribunale, aveva dichiarato la nullità del licenziamento intimato il (OMISSIS) dalla stessa a D.S., dipendente con mansioni di autista di mezzi di autotrasporto con rimorchio, escludendone la giusta causa), con sentenza 26 marzo 2015, annullava il suddetto licenziamento, nel resto rigettando il reclamo della società datrice, che condannava al pagamento di indennità ai sensi della L. 300 del 1970, art. 18, comma 4, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello di esercizio dell’opzione per l’indennità sostitutiva della reintegrazione e perciò nel limite massimo di dodici mensilità, con detrazione dell’aliunde perceptum e regolarizzazione contributiva e previdenziale, oltre all’indennità sostitutiva della reintegrazione con rivalutazione ed interessi; dichiarava inammissibile il reclamo di Corsi s.p.a. avverso l’ordinanza 31 ottobre 2014 del Tribunale di disposizione di C.t.u. per la determinazione della retribuzione globale di fatto.

In esito a diffuso ed argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie in riferimento ad analitica disanima della contestazione disciplinare del (OMISSIS) alla base del licenziamento intimato e delle altre plurime mosse dalla società datrice anche in funzione di recidiva (oltre che per ricostruzione dei rapporti tra le parti nel contesto lavorativo complessivo), la Corte territoriale, ritenuta la rilevanza disciplinare della prima e di buona parte delle seconde, escludeva la natura ritorsiva del licenziamento impugnato, da ritenere comunque illegittimo per la previsione contrattuale collettiva di una sanzione conservativa (CCNL di categoria art. 32, comma 3, lett. B), neppure essendo valorizzabile in senso contrario la recidiva contestata (art. 32, lett. B, comma 5 CCNL cit.): donde le conseguenze risarcitorie sopra indicate, sia pure nei limiti dell’accertamento, in pendenza del giudizio di primo grado per la liquidazione della somma relativa alla condanna. Infine, riteneva inammissibile il reclamo avverso l’ordinanza di prosecuzione di tale giudizio, siccome priva di contenuto decisorio.

Con atto notificato il 25 maggio 2015, Corsi s.p.a. ricorre per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resiste D.S. con controricorso, contenente ricorso incidentale sulla base di sei motivi, cui la società ha replicato con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2104, 2105, 2106, 2119, 2697, 2727, 2729, 1218, 1453, 1455, 1460, 1175, e 1375 c.c., art. 112, 115 e 116, c.p.c., L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 18, della L. n. 604 del 1966, L. n. 300 del 1970, L. n. 108 del 1990, artt. 7 e 32 CCNL dei dipendenti delle imprese di trasporto, artt. 1362 e 1366 c.c., nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per erronea esclusione della giusta causa del licenziamento intimato, in dipendenza dell’illegittimità del rifiuto opposto dal lavoratore all’esecuzione della prestazione lavorativa richiesta con abbandono del posto di lavoro il (OMISSIS) e della mancata comunicazione dell’assenza di lunedì 27 e di martedì 28 agosto 2012, con ritardata trasmissione della certificazione medica successiva senza adeguata valorizzazione dei cospicui precedenti disciplinari illustrati.

Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2104, 2105, 2106, 2119, 2697, 2727, 2729, 1218, 1453, 1455, 1460, 1175, e 1375 c.c., 112, 115,

116, c.p.c., 7 e 18 I. 300/1970, delle leggi 604/1966, 300/1970, 108/1990, artt. 7, 11, 11bis, 28, 30 e 32 CCNL dei dipendenti delle imprese di trasporto, artt. 1362 e 1366 c.c. nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per erronea interpretazione dell’art. 32, lett. B, quinto comma CCNL di categoria (facoltizzante l’applicazione di sanzioni di grado immediatamente superiore a quelle applicate per le mancanze precedenti, in caso di recidiva), a fronte della ravvisata legittimità di ben sette sanzioni disciplinari comminate al lavoratore, specificamente illustrate, in meno di due anni (dal 1 ottobre 2010 al 28 luglio 2012), comportanti una complessiva sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per 44 giorni, in quanto non giustificanti, con l’ulteriore mancanza disciplinare contestata, oggetto del precedente mezzo, il licenziamento intimato.

A propria volta, D.S. con il primo motivo deduce, in via di ricorso incidentale, violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 28, 32, 7 (parte speciale) CCNL, 168, 169, 181 d.lg. 81/2008, 3, 4, 5 c1.1g. 234/2008, 2087, 1460 c.c., 32 Cost., 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., in riferimento alla contestazione a base del licenziamento intimato per mancata esecuzione dell’ordine di scarico delle palette (imballaggi in dotazione al veicolo), priva di rilevanza disciplinare.

Con il secondo, egli deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 7 (parte speciale) CCNL, nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, 115,

RG 13559/2015

116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4 c.p.c., in ordine alla contestazione di tardiva comunicazione di assenza per malattia e di tardiva trasmissione della certificazione medica.

Con il terzo, egli deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 28 CCNL 3, 4 d.lg. 234/2008, 267 ss. d.lg. 81/2008, 1460, 2087, 2697 ss. c.c., 32 Cost., 115, 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c., nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, 115, 116 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c., in riferimento alla valutazione di legittimità delle sanzioni richiamate a titolo di recidiva.

Con il quarto, egli deduce violazione e falsa applicazione di norme di legge e di CCNL, dell’art. 132, secondo comma, n. 4, 115, 116 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c., per erronea esclusione di un comportamento discriminatorio datoriale nei propri confronti nonostante la valutazione data delle contestazioni disciplinari ricevute.

Con il quinto, egli deduce violazione e falsa applicazione di norme di legge e di CCNL, dell’art. 132, secondo comma, n. 4, 115, 116 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c., in ordine agli ulteriori comportamenti discriminatori datoriali nei propri confronti, ritenuti infondati o non esaminati.

Con il sesto, egli deduce omessa valutazione dell’intento complessivamente persecutorio datoriale, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.

Il primo motivo principale, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 2104, 2105, 2106, 2119, 2697, 2727, 2729, 1218, 1453, 1455, 1460, 1175, e 1375 c.c., 112, 115, 116, c.p.c., 7 e 18 I. 300/1970, delle leggi 604/1966, 300/1970, 108/1990, artt. 7 e 32 CCNL dei dipendenti delle imprese di trasporto, artt. 1362 e 1366 c.c. nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio (per erronea esclusione della giusta causa del licenziamento intimato, in dipendenza dell’illegittimità del rifiuto opposto dal lavoratore all’esecuzione della prestazione lavorativa richiesta con abbandono del posto di lavoro il (OMISSIS) e della mancata comunicazione dell’assenza di lunedì (OMISSIS) e di martedì (OMISSIS), con ritardata trasmissione della certificazione medica successiva senza adeguata valorizzazione dei cospicui precedenti disciplinari illustrati), può essere esaminato, per ragioni di stretta connessione, congiuntamente con il secondo, relativo a violazione e falsa applicazione delle stesse norme di legge e di CCNL nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, per erronea interpretazione dell’art. 32, lett. B, comma 5, CCNL di categoria, facoltizzante l’applicazione di sanzioni di grado immediatamente superiore a quelle applicate per le mancanze precedenti, in caso di recidiva, a fronte della ravvisata legittimità di ben sette sanzioni disciplinari comminate al lavoratore.

Essi sono inammissibili.

Ed infatti, le violazioni di legge denunciate sono insussistenti, in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).

In realtà, i due motivi scrutinati sono essenzialmente intesi alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda ed alla contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694).

E ciò per la corretta ed esauriente argomentazione, senza alcun vizio logico nel ragionamento decisorio, delle ragioni della sanzionabilità con le misure conservative previste dall’art. 32, lett. B del CCNL di categoria (consistenti nel rimprovero verbale o scritto, nella multa in misura non superiore a tre ore di retribuzione, nella sospensione dal servizio e dalla retribuzione) dei comportamenti oggetto della contestazione del (OMISSIS) (a pgg. da 10 a 13 della sentenza) e di valutazione dell’incidenza della recidiva, da applicare con criterio discrezionale a norma dell’art. 32, lett. B, comma 5 del CCNL citato (secondo cui “potranno essere applicate le sanzioni di grado immediatamente superiore”), come non comportante la sanzione espulsiva (per le ragioni ampiamente giustificate a pgg. 23 e 24 della sentenza).

La ritenuta consistenza delle doglianze in una contestazione della valutazione probatoria e dell’accertamento in fatto della Corte territoriale, e non già in omissione di esame di fatti storici decisivi, esclude la ricorrenza del vizio denunciato ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis per la pubblicazione della sentenza impugnata in data posteriore (26 marzo 2015) al trentesimo giorno successivo a quella di entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (12 settembre 2012), secondo la previsione del D.L. citato, art. 54, comma 3.

Ed infatti, esso ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (nel senso che, qualora esaminato, sia idoneo a determinare un esito diverso della controversia). Da ciò discende che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”; fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie: con la conseguente preclusione nel giudizio di cassazione dell’accertamento dei fatti ovvero della loro valutazione a fini istruttori. Sicchè, detta riformulazione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 Prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Ed è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439). E per la stessa ragione, pure tutti i motivi di ricorso incidentale sono inammissibili.

Così in particolare il primo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 28, 32, 7 (parte speciale) CCNL, D.Lgs. n. 81 del 2008, 168, 169 e 181, D.Lgs. n. 234 del 2008, artt. 3, 4 e 5, artt. 2087 e 1460 c.c., art. 32 Cost., artt. 115 e 116 c.p.c., nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in riferimento alla contestazione a base del licenziamento intimato per mancata esecuzione dell’ordine di scarico delle palette.

La pretesa esclusione di rilevanza disciplinare del fatto contestato si traduce, infatti, in una censura inammissibile del corretto ed argomentato ragionamento motivo della Corte, che ha invece accertato e valutato il contrario (per le ragioni esposte a pgg. 9 e 10 della sentenza): con la conseguente inconfigurabilità tanto delle violazioni di legge denunciate (solo formalmente tali), tanto del vizio di omesso esame di fatti decisivi, alla luce del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sulla scorta delle argomentazioni sopra svolte, qui richiamate.

E parimenti inammissibili sono tutti gli altri, per ribadita inconfigurabilità tanto delle violazioni di legge denunciate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, tanto del vizio di omesso esame, alla luce del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2498; Cass. 26 giugno 2015, n. 13189; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439).

Inoltre, il secondo (violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 7 – parte speciale CCNL, nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 115 e 116 c.p.c., in ordine alla contestazione di tardiva comunicazione di assenza per malattia e di tardiva trasmissione della certificazione medica), il terzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 28 CCNL D.Lgs. n. 234 del 2008, artt. 3 e 4, D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 267 ss., artt. 1460, 2087 e 2697 ss. c.c., art. 32 Cost., artt. 115 e 116 c.p.c., nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in riferimento alla valutazione di legittimità delle sanzioni richiamate a titolo di recidiva) ed il quarto (violazione e falsa applicazione di norme di legge e di CCNL, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 115 e 116, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, quale l’erronea esclusione di un comportamento discriminatorio datoriale nonostante la valutazione data delle contestazioni disciplinari ricevute dal lavoratore) sono inammissibili anche sotto il profilo della denuncia di error in procedendo per inesistenza di motivazione.

Come noto, essa non rappresenta un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento. Nel caso di specie, la motivazione non è inesistente, posto che le ragioni esposte (a pgg. 12 e 13 della sentenza, in riferimento al secondo; a pgg. da 15 a 19 in riferimento al terzo e al quarto) ben consentono di individuare gli elementi di fatto considerati nella decisione o presupposti da questa, che infatti è stata (sia pure inammissibilmente) contestata. Sicchè, non è integrata la nullità denunciata sotto il profilo dell’error in procedendo, che non può essere mai dichiarata se l’atto abbia raggiunto il suo scopo, per il principio di strumentalità della forma (Cass. 22 giugno 2015, n. 12864; Cass. 20 gennaio 2015, n. 920; 10 novembre 2010, n. 22845).

Infine, il sesto (omessa valutazione dell’intento complessivamente persecutorio datoriale), di esplicita contestazione valutativa e pertanto in aperta violazione del denunciato novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per le ragioni già illustrate, è pure assolutamente generico, sicchè contravviene al requisito di specificità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202).

Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente l’inammissibilità di entrambi i ricorsi, pertanto da dichiarare, con la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

PQM

La Corte dichiara inammissibili entrambi i ricorsi e compensa interamente le spese del giudizio tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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