Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18860 del 16/07/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 18860 Anno 2018
Presidente: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI
Relatore: SCARPA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 12000-2014 proposto da:
CITTA DEL MARE SRL, SO.FI COOP SRL IN LIQUIDAZIONE,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 6,
presso lo studio dell’avvocato GUIDO PARLATO, che li
rappresenta e difende;
– ricorrenti contro

FERRARI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in SAVIANO,
VIALE DELLA STAZIONE PRENESTINA 7, presso lo studio
dell’avvocato PATRIZIA MAURO, rappresentato e difeso
dall’avvocato VINCENZO FIORAVANTE ALIPERTI; uvrifro_70
r- resistente -1

avverso la sentenza n. 1177/2013 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI, depositata il 21/03/2013;

-1-? 2 3//

Data pubblicazione: 16/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La SO.FI Coop s.r.l. e la Città del Mare s.r.l. hanno proposto
ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n.

marzo 2013, che respinse l’impugnazione delle stesse ricorrenti
contro la pronuncia n. 10362/2003 resa dal Tribunale di Napoli,
a seguito della cassazione con rinvio decisa con sentenza di
questa Corte n. 8388/2011 del 12 aprile 2011.
Giuseppe Ferrari, intimato, ha rilasciato unicamente procura
all’avvocato Aliperti senza però svolgere utili attività difensive.
Le ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 380
bis.1 c.p.c. E’ da respingere l’istanza ivi contenuta di
discussione della causa in udienza pubblica. L’art. 375 comma
2, c.p.c., aggiunto dall’art. 1-bis della I. n. 197 del 2016, che
ha convertito, con modificazioni, il d.l. n. 168 del 2016, ha
stabilito che la Corte di cassazione pronuncia con ordinanza in
camera di consiglio “in ogni altro caso” rispetto a quelli per i
quali sia già prevista la decisione camerale nel comma 1, salvo
che la particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale
essa deve pronunciare renda opportuna la trattazione in
pubblica udienza (e salva pure la diversa eventualità che il
ricorso sia stato rimesso dall’apposita sezione di cui all’art. 376
c.p.c. in esito alla camera di consiglio che non abbia definito il
giudizio). E’ quindi evidente che il procedimento per la
decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice è
stato previsto dal legislatore per quei ricorsi che non siano stati
ritenuti rientranti nei casi previsti dall’art. 375, primo comma,
numeri 1) e 5), c.p.c. e che, allo stesso tempo, neppure
abbiano ad oggetto una questione di diritto di particolare
Ric. 2014 n. 12000 sez. 52 – ud. 19-04-2018
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1177/2013 della Corte d’Appello di Napoli, depositata il 21

rilevanza. La scelta di assicurare un contraddittorio solo
cartolare alla decisione, in sede di legittimità, di questioni prive
di rilievo nomofilattico, che si correla alla fissazione del ricorso
in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice ai sensi
dell’art. 375, comma 2, c.p.c., non impedisce del resto al

reputi, per contro, di particolare rilevanza le questioni da
trattare, tenuto altresì conto del contenuto delle eventuali
conclusioni scritte del pubblico ministero e delle memorie delle
parti (arg. da Cass. Sez. 2, 06/03/2017, n. 5533).
Il giudizio ebbe inizio con citazione del 20 ottobre 1994,
allorché Giuseppe Ferrari convenne la SO.FI Coop s.r.l. davanti
al Tribunale di Napoli, chiedendo che fosse emessa in suo
favore sentenza ex art. 2932 c.c. in relazione ad un contratto
preliminare con il quale la convenuta le aveva promesso in
vendita un appartamento realizzato su terreno alla stessa
concesso in proprietà dal Comune di Somma Vesuviana, a
seguito di convenzione stipulata ai sensi dell’art. 35, legge 22
ottobre 1971, n. 865. L’attore espose di aver già versato la
somma di lire 116.000.000 a fronte di un corrispettivo
globalmente stabilito in lire 123.500.000. La convenuta SO.FI
Coop dedusse che la mancata stipula del contratto definitivo
fosse da imputare all’inadempimento del Ferrari, il quale non
aveva corrisposto tutto ciò che era previsto nel preliminare,
per cui domandò la risoluzione del contratto stesso. Con
sentenza del 16 ottobre 2003 il Tribunale di Napoli rigettò sia
la domanda ex art. 2932 c.c. che la domanda riconvenzionale
di risoluzione. La SO.FI Coop s.r.l. propose appello, dolendosi
del mancato accoglimento della domanda riconvenzionale,
mentre Giuseppe Ferrari avanzò appello incidentale, chiedendo
la dichiarazione di nullità del contratto preliminare. Con
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collegio la sua rimessione all’udienza pubblica ove quest’ultimo

sentenza del 5 novembre 2008 la Corte di appello di Napoli
dichiarò la nullità del giudizio di primo grado ex art. 354 c.p.c.,
rimettendo la causa al Tribunale di Napoli, sul presupposto che
il contraddittorio avrebbe dovuto essere integrato nei confronti
degli originari proprietari delle aree sulle quali era stato

l’appartamento all’origine della controversia, come anche
dell’ente espropriante. Secondo la Corte d’Appello di Napoli,
poiché il contratto preliminare di vendita in favore di Giuseppe
Ferrari era stato stipulato dalla SO.FI Coop. in attuazione della
convenzione intercorsa in data 14 dicembre 1979 ai sensi
dell’art. 35, legge n. 865/1971, ed avendo il Ferrari proposto
domanda diretta ad ottenere sentenza ex art. 2932 c.c., si
rendeva indispensabile l’accertamento della titolarità del diritto
di proprietà dell’area occupata dall’edificio in cui è sito
l’appartamento compromesso. Stante il conflitto esistente in
ordine al diritto di proprietà dell’area in questione tra gli
originari proprietari, l’ente pubblico espropriante e la SO.FI
Coop., delegata all’espropriazione e cessionaria, per patto
espresso, del diritto di proprietà ad aedificandum solo all’esito
del procedimento ablativo e delle correlative trascrizioni, la
sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 5 novembre 2008
ritenne così necessaria la partecipazione al giudizio di tutte le
parti interessate, con conseguente nullità del processo di primo
grado e rimessione al primo giudice ai sensi dell’art. 354,
comma 1, c.p.c. Venne proposto ricorso per cassazione dalla
SO.FI Coop. s.r.l. e dalla Città del Mare s.r.I., alla quale la
prima aveva venduto l’appartamento oggetto del giudizio con
atto del 13 febbraio 2006.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 8388/2011 del 12
aprile 2011, accolse il primo motivo di ricorso (con
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realizzato il complesso immobiliare di cui faceva parte

assorbimento del secondo), riaffermando il seguente principio:
“Al di fuori dei casi in cui la legge espressamente impone la
partecipazione di più soggetti al giudizio instaurato nei
confronti di uno di essi, vi è litisconsorzio necessario solo
allorquando l’azione tenda alla costituzione o alla modifica di

una prestazione inscindibile comune a più soggetti; pertanto
non ricorre litisconsorzio necessario allorché il giudice proceda,
in via meramente incidentale, ad accertare una situazione
giuridica che riguardi anche un terzo, dal momento che gli
effetti di tale accertamento non si estendono a quest’ultimo ma
restano limitati alle parti in causa”.
La Corte d’Appello di Napoli, giudice di rinvio, ha respinto
l’appello della parte originaria SO.FI Coop s.r.I., cui è
succeduta nel corso del giudizio la Città del Mare s.r.I.,
richiamando i numerosi precedenti giurisprudenziali che hanno
definito il contenzioso tra la medesima SO.FI Coop s.r.l. ed altri
promissari acquirenti di immobili compresi nel medesimo
complesso di edilizia residenziale sito nel Comune di Somma
Vesuviana. L’infondatezza della domanda di risoluzione
avanzata dalla SO.FI Coop s.r.l. è stata valutata sulla base dei
comportamenti reciproci dei contraenti, non essendosi la
società procurata la proprietà dell’area per il mancato
perfezionamento, entro il termine stabilito del 1° gennaio
1994, della procedura espropriativa cui era delegata, ciò
comportando l’ineseguibilità del contratto preliminare. Circa il
vantato acquisto dell’area per accessione invertita in favore
della SO.FI Coop s.r.I., il relativo accertamento avrebbe
imposto per la Corte di Napoli la necessità di autonomo
giudizio. I giudici di rinvio esclusero altresì la fondatezza della
domanda subordinata ex art. 2932 c.c., sempre per
Ric. 2014 n. 12000 sez. 52 – ud. 19-04-2018
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un rapporto plurisoggettivo unico, ovvero all’adempimento di

l’ineseguibilità del preliminare; negarono che la questione
dell’ineseguibilità incontrasse preclusioni di sorta ad essere
dedotta dal promissario acquirente, il quale era stato
destinatario della domanda di risoluzione avanzata dalla SO.FI
Coop;

respinsero anche la domanda di restituzione

1.1.11 primo motivo del ricorso della SO.FI Coop s.r.l. e della
Citta del Mare s.r.l. deduce la “violazione delle norme di cui agli
artt. 102, 112 e 354 c.p.c. – violazione della norma di cui
all’art. 2932, II comma c.c.”. Le ricorrenti censurano la
sentenza della Corte di Napoli quale giudice di rinvio per aver
rigettato la domanda di risoluzione del contratto preliminare
per inadempimento del promissario acquirente Giuseppe
Ferrari, sull’erroneo presupposto dell’impossibilità per la SO.FI
Coop. di adempiere all’obbligazione nascente dal contratto
preliminare, non essendo la promittente venditrice mai
divenuta proprietaria del suolo sul quale insiste l’immobile
compromesso. Le ricorrenti, invocando gli artt. 345 e 184
c.p.c., si dolgono che la Corte di Napoli abbia esaminato nel
merito le domande nuove proposte dl Ferrari con l’appello
incidentale, di cui si discute nella parte finale della sentenza.
Ancora, il primo motivo di ricorso lamenta la contraddittorietà
della condotta processuale del Ferrari, il quale in primo grado
aveva richiesto l’esecuzione del preliminare ed in secondo
grado ha dedotto la nullità dello stesso. Di seguito, le ricorrenti
hanno introdotto il tema dell’avvenuto acquisto a titolo
originario dell’area in questione per effetto di occupazione
acquisitiva in favore del Comune di Somma Vesuviana (e
quindi poi della SO.FI Coop.), conseguente all’utilizzazione
dell’area per scopo di pubblica utilità, e così inseriscono in
ricorso l’integrale fotocopia di una sentenza della Corte
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dell’immobile, stante il rigetto della pretesa risoluzione.

d’Appello di Napoli intercorsa tra parti diverse. Poi le ricorrenti,
per giustificare altrimenti l’acquisto dell’area sulla quale insiste
l’immobile per cui è lite, passano a discutere della convenzione
stipulata con il Comune di Somma Vesuviana ai sensi dell’art.
35 della I. n. 865 del 1971 (della quale anche viene inserita

degli atti aggiuntivi del 19 novembre 1984 e del 29 giugno
1987 (anch’essi fotocopiati nell’atto di impugnazione). Le
ricorrenti evidenziano come sia la convenzione che i successivi
atti aggiuntivi, concernenti le aree per l’edificazione, ai sensi
dell’art. 35, commi 11 e ss. della I. n. 865 del 1971,
prevedessero espressamente la cessione dal Comune alla
SO.FI.Coop. della proprietà

ad aedificandum,

così

giustificandosi la facoltà di quest’ultima di promettere in
vendita il diritto di proprietà superficiaria ad essa trasferito.
D’altra parte, lo stesso contratto preliminare, all’art. 3,
stabilisce che gli appartamenti promessi in vendita avrebbero
dovuto essere trasferiti con l’esclusione del sottosuolo, del
piano interrato, del piano terra e dell’area sovrastante gli
edifici, in quanto oggetto di riserva di proprietà in capo
all’impresa di costruzioni. Infine, aggiunge il primo motivo,
l’irreversibile trasformazione dei luoghi operata dalla pubblica
amministrazione, in relazione ad un’opera pubblica presidiata
dalla dichiarazione di pubblica utilità, come nel caso
dell’approvazione del piano per l’edilizia economica e popolare,
avrebbe determinato l’acquisto della proprietà dei suoli, per
accessione invertita, in favore dell’ente territoriale e, quindi,
della stessa SO.FI .Coop., la quale, pertanto, avrebbe dovuto
essere ritenuta titolare del diritto di alienare a terzi l’immobile
compromesso in vendita.

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l’integrale riproduzione fotografica nel corpo del ricorso), e

1.2.11 secondo motivo di ricorso denuncia la “violazione della
norma di cui all’art. 2932 c.c. e dell’art. 112 c.p.c. – per
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
essenziale della controversia ex art. 360 n° 3 e n° 5 c.p.c.”. Le
ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in

contratto nonostante che il Ferrari, già immesso nel possesso
dell’appartamento, si fosse poi reso inadempiente rispetto
all’obbligo di pagare il saldo del prezzo, le rate di mutuo, gli
interessi di preammortamento e gli oneri di cui all’art. 7 del
preliminare, trascurando, altresì, di esibire la certificazione
regionale attestante il possesso dei requisiti per l’accollo di
mutuo ai tassi agevolati.
1.3.11 terzo motivo di ricorso denuncia la “violazione della
norma di cui all’art. 35 della L. 865/1971 per omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
essenziale della controversia ex art. 360 n° 3 e n° 5 c.p.c.”
chiedendo che sia accertata la nullità del contratto preliminare
per violazione della citata norma, non avendo l’acquirente
Ferrari dimostrato il possesso dei requisiti reddituali da essa
previsti, meramente dichiarati nella scrittura. Si assume che “le
appellanti hanno in primo luogo concluso perché l’adito Collegio
dichiarasse la nullità”.
II. I tre motivi di ricorso rivelano tutti profili di inammissibilità
e sono comunque manifestamente infondati, riproponendo
questioni di diritto già più volte decise da questa Corte nel
contenzioso sviluppatosi tra la SO.FI .Coop e i promissari
acquirenti di altri immobili compresi nello stesso complesso
edilizio (da ultimo, si vedano Cass. Sez. 2, 04/04/2018, n.
8225; Cass. Sez. 2, 26/03/2018, n. 7470; Cass. Sez. 2,
06/07/2017, n. 16703; Cass. Sez. 2, 27/02/2017, n. 4923).
Ric. 2014 n. 12000 sez. 52 – ud. 19-04-2018
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cui la Corte d’appello ha rigettato la domanda di risoluzione del

Sono inammissibili le censure di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, in quanto, nel vigore del nuovo
testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., introdotto dal d.l. 22
giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7
agosto 2012, n. 134, un tale vizio non è più configurabile come

suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra
le parti.
Il primo motivo del ricorso, in particolare, appare privo dei
necessari caratteri della tassatività, della specificità e della
riferibilità alla sentenza impugnata, ex art. 366, comma 1, n.
4, c.p.c., risolvendosi in una inammissibile critica generica
della pronuncia della Corte di Napoli, formulata sotto una
molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente
combinati, sovente non collegabili ad alcuna delle fattispecie di
vizio enucleate dall’art. 360, comma 1, c.p.c.
Lo stesso primo motivo è confezionato mediante inserimento di
copie fotostatiche di atti (sentenze, testi di convenzioni), non
precedute da una chiara sintesi dei punti rilevanti per la
risoluzione delle questioni dedotte, atti che introducono talvolta
profili di diritto e di fatto di cui non vi è cenno nella sentenza
impugnata, e dei quali neppure si allega, come imposto
dall’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., l’avvenuta tempestiva
allegazione nelle difese svolte innanzi ai giudici di merito, con
ciò rimettendo alla Corte di cassazione una delibazione
immediata di tali documenti, ovvero un loro diretto
apprezzamento in fatto, attività del tutto esulanti dai limiti
propri del giudizio di legittimità.
11.1. Il primo motivo è comunque privo di fondamento. Esso
non individua neppure correttamente la ratio decidendi della
Ric. 2014 n. 12000 sez. 52 – ud. 19-04-2018
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autonoma causa di ricorso per cassazione, atteso che la norma

sentenza impugnata: il rilievo relativo alla impossibilità di
esecuzione del preliminare per mancato esperimento della
procedura espropriativa era stato infatti svolto già dal
Tribunale nella pronuncia che definì il primo grado di giudizio.
La Corte di appello si è limitata a confermare la fondatezza di

analoghi precedenti giurisprudenziali in cui il mancato
perfezionamento della procedura espropriativa aveva sorretto
la conclusione della ineseguibilità del preliminare ex art. 2932
c.c. Non si comprende come possa quindi ipotizzarsi una novità
della questione in appello, essendo stata la stessa già posta a
base della decisione del Tribunale.
D’altro canto, poiché l’acquisto della proprietà del bene
promesso in vendita, appartenente a terzi (nella specie, per
effetto dell’ultimazione del procedimento di espropriazione)
costituisce condizione dell’azione di esecuzione in forma
specifica ex art. 2932 c.c. (Cass. Sez. 2, 22/06/2004, n.
11572), la contestazione dell’esistenza di tale condizione si
configura quale mera difesa del convenuto e può dunque
rilevarsi in ogni stato e grado del giudizio e, dunque, anche in
appello.
Circa il secondo profilo del primo motivo di ricorso, attinente
all’acquisizione del terreno da parte della SO.FI.Coop. in forza
di accessione invertita, ovvero a seguito di occupazione
legittima” per scopo di “pubblica utilità”, la Corte d’Appello ha
convincentemente replicato che, per poter così affermare che
la società promittente venditrice avesse per tale strada
acquistato la proprietà del bene compromesso (onde rendere
eseguibile il preliminare ex art. 2932 c.c.), sarebbe occorso un
accertamento giudiziale da svolgere tra il Comune ed i
precedenti proprietari dell’area. Peraltro, le ricorrenti invocano
Ric. 2014 n. 12000 sez. 52 – ud. 19-04-2018
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questo rilievo, già svolto dal primo giudice, richiamando

in tal modo un titolo di acquisto ormai considerato
univocamente inidoneo, da sé solo, a determinare il
trasferimento della proprietà in favore della P.A., in tal senso
deponendo la costante giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo, la quale ha affermato la contrarietà alla

indiretta” e negato la possibilità di individuare sistemi di
acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e da
quello autoritativo del procedimento ablatorio (Cass. Sez. U,
19/01/2015, n. 735; Cass. Sez. 1, 19/03/2014, n. 6301; Cass.
Sez. 1, 28/01/2013, n. 1804; Cass. Sez. 2, 14/01/2013, n.
705). Inoltre, le ricorrenti negano rilievo al mancato
perfezionamento del procedimento espropriativo ai fini di dar
corso alla vendita ed invocano in proposito la convenzione con
il Comune di Somma Vesuviana, in maniera da giustificare il
proprio potere dispositivo sul bene promesso in vendita
(questione del tutto priva di decisività), laddove è qui in
discussione il mancato acquisto della proprietà da parte della
promittente venditrice, perciò impossibilitata a ritrasferire il
bene stesso in quanto ancora appartenente a terzi. Altrettanto
priva di decisività, stante l’individuato

thema decidendum,

attinente al conclamato inadempimento della promittente
venditrice rispetto all’obbligo di procurare l’acquisto della
proprietà del bene al promissario acquirente, è la deduzione
posta sul finire del primo motivo di ricorso, secondo cui non
sarebbe stato dimostrato l’annullamento del piano edilizio
economico e popolare.

11.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato perché non
merita censure il ragionamento della Corte di Napoli circa il
grave e prevalente inadempimento della promittente venditrice
dovuto alla mancata definizione delle procedure espropriative
Ric. 2014 n. 12000 sez. 52 – ud. 19-04-2018
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Convenzione dell’istituto della cosiddetta “espropriazione

entro il termine contrattualmente previsto, laddove il
promissario acquirente aveva già versato la complessiva
somma di lire 116 milioni, a fronte di un prezzo globalmente
determinato in lire 123,5 milioni. Nei contratti con prestazioni
corrispettive, al fine di stabilire di quale parte sia

valutazione comparativa della condotta di entrambi i
contraenti, in maniera da accertare la sussistenza delle
reciproche dedotte inadempienze ed apprezzarne l’effettiva
gravità ed efficienza di fronte alla finalità economica
complessiva del programma obbligatorio e alla conseguente
influenza sulla sorte dello stesso. Tale accertamento, fondato
sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del
giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se,
come nella specie, congruamente motivato (da ultimo, cfr.
Cass. Sez. 2, 30/05/2017, n. 13627). E’ del tutto logico,
invero, stimare che l’inadempimento dell’obbligo del
promittente venditore di procurare l’acquisto della proprietà
della cosa, così da trasferirla al promissario acquirente, incide
in misura prevalente nell’economia complessiva del rapporto in
relazione al pregiudizio subito dal promittente venditore che
attende soltanto il versamento di un modesto importo a saldo
del corrispettivo pattuito.
111.3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. Non trova
riscontro nella sentenza impugnata l’allegazione riportata nella
censura secondo cui “le appellanti hanno in primo luogo
concluso perché l’adito Collegio dichiarasse la nullità”. La Corte
di Napoli ha dato conto, piuttosto, di una conclusione delle
convenute in riassunzione perché venisse “accertato e
dichiarato l’inadempimento del contratto preliminare non
essendo stato dimostrato il possesso, da parte del promissario
Ric. 2014 n. 12000 sez. 52 – ud. 19-04-2018
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l’inadempimento colpevole, occorre procedere ad una

acquirente, dei requisiti reddituali prescritti dall’art. 35 della I.
865/71”. Le ricorrenti dovevano, in ogni caso, lamentare
l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in
ordine ad una delle domande proposte, denunciando la
violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento al n. 4 del primo

riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa
omissione. Deve perciò dichiararsi inammissibile il motivo,
perché esso sostiene da un lato che la motivazione è mancante
o insufficiente, e si limita altrimenti ad argomentare sulla
violazione dell’art. 35, legge n. 865/1971 (cfr. Cass. Sez. U,
24/07/2013, n. 17931). Né è ammissibile nel giudizio di
cassazione prospettare nuove questioni di diritto, ovvero nuovi
temi di contestazione, che, come nella specie, implichino
indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di
merito, nemmeno se si tratti di questioni, quale quella delle
nullità del contratto, rilevabili d’ufficio (Cass. Sez. 1,
25/10/2017 , n. 25319; Cass. Sez. U, 12/12/2014, n. 26242).
IV.Consegue il rigetto del ricorso. Non occorre regolare le
spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato Giuseppe
Ferrari non ha svolto utili attività difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da
parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente
rigettata.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ric. 2014 n. 12000 sez. 52 – ud. 19-04-2018
-13-

comma dell’art. 360 c.p.c., o quanto meno fare univoco

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento,
da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda

del comma 1-bis dello stesso art. 13.

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