Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18860 del 15/09/2011

Cassazione civile sez. I, 15/09/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 15/09/2011), n.18860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.C., elettivamente domiciliata in Roma, alla via Arezzo

n. 49. presso l’avv. CONDOLEO ROCCO BRUNO, unitamente all’avv.

ZANGARI LORENZO MARIA, dal quale è rappresentata e difesa in virtù

di procura speciale a margine del ricorso;

– RICORRENTE –

contro

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente della Giunta regionale

p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla piazza Barberini n. 86,

presso l’avv. CRISCUOLO Patrizio, unitamente all’avv. FILIPPELLI

Giuseppe, dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza de Tribunale di Locri n. 469/04, pubblicata il 27

ottobre 2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26

maggio 2011 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. CESQUI Elisabetta, il quale ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con sentenza del 18 marzo 2002, il Giudice di pace di Bianco condannò la Regione Calabria al pagamento in favore di C. R. della somma di Euro 2.028,13, a titolo d’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento derivante dall’esecuzione di lavori di trasporto di attrezzi e materiali presso i cantieri forestali del (OMISSIS).

2. – L’impugnazione proposta dalla Regione è stata accolta dal Tribunale di Locri, che con sentenza del 27 ottobre 2004 ha rigettato la domanda.

Premesso che l’appello doveva considerarsi ritualmente proposto, in quanto autorizzato con Delib. 13 aprile 2004, n. 205, con cui la Giunta regionale aveva ratificato tutti i provvedimenti adottati dal direttore dell’avvocatura regionale in materia di liti attive e passive, ai sensi dell’art. 27. lett. f). dello statuto regionale, il Tribunale, per quanto ancora rileva in questa sede, ha ritenuto insussistenti i presupposti necessari per l’accoglimento dell’azione di ingiustificato arricchimento, non risultando che la Regione avesse riconosciuto, a mezzo dei propri organi rappresentativi, l’utilità della prestazione, nè esplicitamente nè attraverso la consapevole utilizzazione della stessa, e non potendosi attribuire rilievo, a tal fine, alle deposizioni rese dai testimoni, i quali non erano legittimati a formare e rappresentare la volontà dell’ente nei rapporti con i terzi.

3. – Avverso la predetta sentenza la R. propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi. La Regione resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del controricorso, in quanto notificato successivamente alla scadenza del termine di cui all’art. 370 c.p.c., comma 1.

Il ricorso per cassazione è stato ritualmente notificato al procuratore della Regione Calabria costituito nel giudizio di merito presso la cancelleria civile del Tribunale di Locri, ai sensi del combinato disposto dell’art. 170 cod. proc. civ. e del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, non risultando il predetto procuratore assegnato al Tribunale adito e non avendo eletto domicilio nel luogo dove lo stesso ha sede. La notificazione ha avuto luogo a mani dell’impiegato addetto in data 5 novembre 2005, con la conseguenza che il termine per la proposizione del controricorso è venuto a scadere il 15 dicembre 2005, vale a dire il giorno precedente a quello in cui l’atto, notificato a mezzo del servizio postale, è stato consegnato per la notifica all’ufficiale giudiziario.

2. – Con il primo motivo del ricorso, la R. denuncia la violazione dell’art. 1387 c.c. e segg., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto ammissibile l’appello in virtù della Delib. Giunta regionale n. 205 del 2004, la quale, avendo ad oggetto la ratifica di tutti i provvedimenti adottati dal direttore dell’avvocatura regionale dal 7 luglio 1999 al 2004.

costituiva un provvedimento generale di conferimento di competenze in blocco, emesso al di fuori delle procedure di modifica statutaria, e quindi inidoneo a sanare l’attività posta in essere dal direttore.

2.1. – A sostegno del proprio assunto, la ricorrente richiama la sentenza 15 dicembre 2004, n. 23321, con cui questa Corte dichiarò inammissibile un appello proposto dalla Regione Calabria in virtù di un provvedimento di autorizzazione adottato dal dirigente dell’avvocatura regionale e ratificato dalla Giunta con la medesima delibera, affermando che il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 16, comma 1, lett. 1), secondo cui i dirigenti generali promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e di transigere, non trova diretta applicazione nei confronti delle Regioni a statuto ordinario, in quanto la sua operatività è subordinata all’adeguamento dei rispettivi statuti alla regola da esso dettata, e precisando che, fino a quando la Regione non avesse modificato l’art. 27, lett. f), del proprio statuto, approvato con Legge Repubblica 28 luglio 1971, n. 519 (con le procedure previste dall’art. 123 cost., comma 2, nel testo sostituito dalla Legge Costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, art. 3, la Giunta non avrebbe potuto delegare al dirigente dell’avvocatura la competenza a deliberare sulle liti attive e passive, ad essa spettante per statuto, nè avrebbe potuto ratificare in blocco le migliaia di provvedimenti precedentemente adottati dal medesimo dirigente, neppure mediante una delibera recante la loro indicazione nominativa, realizzandosi altrimenti un conferimento di competenze al di fuori delle procedure costituzionali di modifica statutaria (cfr. al riguardo, anche Cass. Sez. 3^, 15 luglio 2003 n. 11071).

Tale orientamento è stato tuttavia oggetto di revisione ad opera delle Sezioni Unite, le quali, con tre sentenze dell’8 maggio 2007, nn. 10371, 10372 e 10373, hanno affermato che la competenza a deliberare sulle liti attive e passive, attribuita alla Giunta dall’art. 27. lett. l), dello statuto regionale, deve ritenersi comprensiva della facoltà di conferire ad altri il medesimo potere, senza necessità di procedere alla modifica dello statuto stesso;

ciò posto, e rilevato che con precedente Delib. 31 ottobre 2001, n. 890 la Giunta regionale aveva delegato all’avvocatura regionale l’adozione degli atti in materia di liti attive e passive, in tal modo conferendole il potere di decidere se promuovere o resistere ai giudizi, hanno ritenuto che l’appello fosse stato ritualmente proposto, in quanto autorizzato dal dirigente dell’avvocatura sulla base del potere conferitogli con la predetta delibera.

Con la successiva sentenza dell’11 gennaio 2008, n. 480, poi, è stato compiuto un passo ulteriore, riconoscendosi che, una volta venuta meno la premessa secondo cui lo statuto impediva il conferimento all’avvocatura regionale del potere di decidere in materia di liti attive e passive, non sussiste alcuna valida ragione per escludere che l’instaurazione di un giudizio o la resistenza allo stesso sulla base di un’autorizzazione del dirigente possa costituire oggetto di ratifica ad opera della Giunta, in quanto quest’ultima, così come avrebbe potuto conferire il potere prima della lite, ben può far propria l’attività deliberativa compiuta dalla dirigenza in assenza di conferimento del potere, e quindi con vizio di incompetenza relativa. Nessun rilievo può assumere, a tal fine, la circostanza che la ratifica abbia avuto ad oggetto un gran numero di giudizi, la cui indicazione nominativa esclude peraltro la possibilità d’inquadrare il provvedimento tra gli atti amministrativi a carattere generale, riferendosi questi ultimi ad una pluralità di soggetti non individuati, ma che si trovino in una situazione specificamente determinata dal provvedimento.

Alla stregua di tale orientamento, che il Collegio condivide ed al quale intende dare seguito, non merita pertanto censura la sentenza impugnata, la quale ha ritenuto che l’appello fosse stato ritualmente proposto sulla base della produzione in giudizio della citala Delib.

n. 205 del 2004, con cui la Giunta regionale, nel ratificare i provvedimenti adottati dal direttore dell’avvocatura regionale, aveva autorizzato la costituzione in giudizio della Regione, in tal modo convalidando l’attività processuale svolta in precedenza.

3. – E’ parimenti infondato il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2041 cod. civ. nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto insussistente il riconoscimento dell’utilità della prestazione, desumibile invece, indipendentemente dalle deposizioni rese dai testi, da varie lettere indirizzate ai difensori di essa ricorrente, con cui organi appartenenti alla struttura amministrativa e burocratica della Regione, e quindi investiti di responsabilità gestionali, avevano riconosciuto l’avvenuta esecuzione della prestazione, fornendo rassicurazioni in ordine alla liquidazione del corrispettivo dovuto.

3.1. – Nel rigettare la domanda di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento, il Tribunale si è attenuto all’orientamento ormai consolidalo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’accoglimento della predetta domanda nei confronti della Pubblica Amministrazione presuppone, oltre al fatto dell’esecuzione di un’opera o una prestazione economicamente vantaggiosa per l’ente pubblico, anche il riconoscimento dell’utilità della stessa da parte dell’ente, il quale può risultare non solo da una dichiarazione espressa, ma anche per implicito dall’utilizzazione dell’opera o della prestazione (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1^, 24 settembre 2007, n. 19572; 2 settembre 2005, n. 17703; 12 novembre 2003, n. 17028).

Nella specie, la sussistenza di tale presupposto è stata esclusa in virtù della mancata prova di un atto formale proveniente dagli organi rappresentativi della Regione, con cui fossero stati riconosciuti gli effetti vantaggiosi delle prestazioni eseguite dall’attrice, e dell’inidoneità delle testimonianze assunte a dimostrare la consapevole utilizzazione di tali prestazioni da parte dell’ente, osservandosi che i testi escussi non erano legittimati a formare e rappresentare la volontà della Regione nei rapporti con i terzi, non essendo titolari e non facendo parte di alcun organo rappresentativo della stessa.

La ricorrente contesta la predetta valutazione, richiamando alcune note ad essa trasmesse dal capo dell’ufficio provinciale lavori forestali della Regione, dalle quali si desumerebbero l’ammissione del mancato pagamento delle prestazioni e l’impegno a liquidarne il corrispettivo non appena ottenuta l’erogazione dei fondi necessari, nonchè l’avvenuta trasmissione delle relative informazioni all’Assessorato alla forestazione ed agli uffici regionali competenti per l’accelerazione della pratica. Tali documenti, trascritti peraltro solo parzialmente nel ricorso, non possono essere tuttavia considerati decisivi ai fini dell’accoglimento della domanda, provenendo da uffici titolari di competenze meramente tecniche e non contenendo alcun elemento dal quale possa ricavarsi un giudizio positivo dell’Amministrazione in ordine alla prestazione ricevuta, nonchè l’effettiva volontà di provvedere al pagamento.

E’ stato infatti precisato che il riconoscimento implicito dell’utilità della prestazione, pur non dovendo necessariamente promanare dagli organi competenti a formare la volontà dell’ente pubblico, presuppone pur sempre atti formali di questi ultimi, indirettamente attestanti una consapevole valutazione circa il vantaggio derivante dall’esecuzione dell’opera o del servizio, o comportamenti posti in essere dagli organi rappresentativi in assenza delle formalità prescritte, volti a mettere a disposizione dell’ente i risultati della prestazione, non essendo a tal fine sufficienti la semplice conoscenza dell’avvenuta esecuzione dell’opera o del servizio, soprattutto se emergenti, come nella specie, da atti imputabili a soggetti cui non spetta alcun potere d’impegnare l’Amministrazione nei rapporti con i terzi (cfr. ex plurimis, Cass. Sez. 1^, 12 febbraio 2010, n. 3322: Cass. Sez. 3^, 14 ottobre 2008, n. 25156: Cass. Sez. 2^, 31 gennaio 2008, n. 2312).

4. – Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo all’irrituale costituzione della controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2011

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