Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18859 del 28/07/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 28/07/2017, (ud. 27/04/2017, dep.28/07/2017),  n. 18859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI ENRICO – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8324-2016 proposto da:

B.A. & C. SNC, in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.CIVININI, 12, presso lo

studio dell’avvocato FEDERICO STOPPANI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FABIO ROSSI;

– ricorrente –

contro

ACQUARIO SNC DI BA.BR. & C., in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE B. BUOZZI

77, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO TORNABUONI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ACHILLE MACRELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 354/2015 della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA,

depositata il 23/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

A.F. & C. s.n.c. (poi B.A. & C. s.n.c.) convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Ravenna Acquario di Ba.Br. & C. s.n.c. chiedendo l’accertamento dell’arbitrarietà dell’escussione della fideiussione di Euro 25.000,00 e la condanna al risarcimento del danno ed all’indennizzo per le opere addizionali eseguite nel locale relativo all’affitto dell’azienda ristorante – pub – birreria. Si costituì la convenuta concedente assumendo di aver escusso la garanzia perchè dopo la riconsegna dei locali l’affittuaria non aveva provveduto al ripristino dell’arredamento del locale e proponendo domanda riconvenzionale per il pagamento della penale pari ad Euro 21.000,00. Il Tribunale adito, all’esito dell’istruzione mediante prove orali e CTU, accolse parzialmente la domanda attorea, disponendo la restituzione da parte della concedente della differenza pari ad Euro 3.500,00 tra l’ammontare della fideiussione ed il costo dei lavori di ripristino stimato dal CTU, ed accolse integralmente la domanda riconvenzionale. Avverso detta sentenza propose appello B.A. & C. s.n.c.. Con sentenza di data 23 febbraio 2015 la Corte d’appello di Bologna rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale che era da escludere l’indennizzabilità di opere il cui carattere di miglioramento era solo soggettivo ed opinabile e che invece costituivano alterazione degli arredi antieconomica dal punto di vista della riparazione e che la clausola penale non aveva carattere vessatorio.

Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi B.A. & C. s.n.c. e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta fondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.

Con il primo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che è stato allegato e provato mediante testimonianze che l’azienda, nello stato modificato in termini di attrezzature e arredamenti in cui era stata riconsegnata in data 24 febbraio 2003, era stata nuovamente affittata da aprile 2003 ad agosto 2004 per un canone mensile di Euro 5.200,00 e dunque con un canone complessivo di Euro 83.200,00.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta la ricorrente che nella liquidazione dei costi di ripristino del locale non era stata fatta applicazione del principio di compensatio lucri cum danno.

I motivi, da valutare unitariamente, sono inammissibili. Il Collegio non condivide la proposta del relatore di accoglimento per manifesta fondatezza.

Sulla base di quanto prospettato nel ricorso, essendo inibito l’accesso agli atti non risultando denunciato un vizio processuale, in relazione alla questione oggetto dei motivi di ricorso nell’atto appello si afferma che la locatrice non aveva effettuato alcun rimessione in pristino del locale e che era stato stipulato altro contratto di locazione mantenendo lo stesso arredamento e attrezzature. La deduzione del motivo di appello a pag. 9 del ricorso è parziale e inframmezzata da puntini di sospensione. Dalla esposizione del motivo di appello non emerge quanto effettivamente devoluto con l’atto di appello. Peraltro il giudice di primo grado, sempre secondo quanto risulta dall’atto di appello, ha statuito che la circostanza della nuova locazione dell’immobile nello stato in cui si trovava era irrilevante, potendo rilevare solo sul punto della non debenza della somma quantificata dal CTU per il mancato affitto del locale nel periodo necessario alla esecuzione delle opere di ripristino. Non si comprende, dalla scarna trascrizione del motivo di appello, se la doglianza avesse ad oggetto la rilevanza di attrezzature e arredamenti ai fini della neutralizzazione del danno emergente, considerato dal giudice primo grado in sede di determinazione del costo dei lavori di ripristino, o di un lucro cessante, rispetto al quale non risulta, sulla base della sommaria esposizione dei fatti di causa in ricorso, una statuizione del giudice di primo grado, nè tanto meno una valutazione del giudice di appello (ed invero la circostanza oggetto di ricorso, soprattutto per ciò che concerne il secondo motivo, avrebbe potuto rilevare ai fini della liquidazione di un lucro cessante, ma tale profilo non emerge dal vicenda processuale così come risultante dal ricorso e dall’accertamento del giudice di appello).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA