Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18857 del 28/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 28/07/2017, (ud. 11/04/2017, dep.28/07/2017),  n. 18857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9078-2016 proposto da:

ESSE AUTO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA 26,

presso lo studio dell’avvocato SAVERIO STICCHI DAMIANI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 774/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 09/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/04/2017 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Esseauto s.r.l. propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, contro la sentenza n. 774 del 9.10.2015 con la quale la Corte d’Appello di Lecce ha dichiarato inammissibile il suo appello per tardività del deposito.

Resistono l’Agenzia per le Dogane e i Monopoli con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., su proposta del relatore, in quanto ritenuto manifestamente infondato.

Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, tenuto anche conto delle argomentazioni contenute nella memoria della parte ricorrente, ritiene di condividere la soluzione proposta dal relatore.

La controversia tra le parti aveva ad oggetto la domanda di risoluzione di un contratto di locazione non abitativa, introdotta con citazione dall’odierna ricorrente. Il tribunale adito disponeva il mutamento del rito e, all’esito del primo grado, con sentenza in data 21.10.2013, dichiarava l’inadempimento della conduttrice Agenzia delle dogane rispetto al suo obbligo di restituzione dell’immobile e la condannava a corrispondere alla locatrice una somma a titolo di risarcimento del danno, rigettando per il resto la domanda attorea.

La locatrice faceva appello con atto di citazione, notificato il 16.4.2014 e depositato in cancelleria il 23.4.2014 (due giorni dopo la scadenza del termine semestrale per impugnare). La corte d’appello riteneva tardivo l’appello in quanto avverso la sentenza di primo grado, pronunciata all’esito di un procedimento svoltosi secondo il rito del lavoro, l’impugnazione avrebbe dovuto essere introdotta con ricorso, da depositarsi in cancelleria entro i sei mesi dal deposito della sentenza impugnata, ovvero, ove introdotto con citazione, avrebbe potuto ritenersi tempestivo solo se l’atto fosse stato depositato in cancelleria entro il predetto termine.

Il ricorso è infondato.

La sentenza impugnata si è conformata al principio di diritto secondo il quale nelle controversie soggette al rito del lavoro, l’inammissibilità dell’impugnazione, perchè depositata in cancelleria oltre il termine di decadenza previsto dell’art. 434 c.p.c., comma 2, o, in caso di mancata notifica della sentenza, nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, non trova deroga nell’ipotesi in cui l’appello sia stato irritualmente proposto con citazione anzichè con ricorso, laddove l’atto, pur suscettibile di convalida ai sensi dell’art. 156 c.p.c., u.c., non venga depositato entro il termine per proporre impugnazione. (Cass. n. 14401 del 2015; Cass. n. 1020 del 2017), non essendo le argomentazioni introdotte con il primo motivo di ricorso pertinenti nè idonee a scalfirlo.

Dal rigetto del primo motivo consegue il rigetto del secondo motivo, relativo alla liquidazione delle spese nel giudizio di appello.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in un tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza della ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese di giudizio sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 6.000,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali al 15%.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2017

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