Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18857 del 15/09/2011

Cassazione civile sez. I, 15/09/2011, (ud. 23/05/2011, dep. 15/09/2011), n.18857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29760-2006 proposto da:

Z.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEL VIGNOLA

5, presso l’avvocato RANUZZI LIVIA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TULUI FRANCO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PACUVIO

34, presso l’avvocato ROMANELLI GUIDO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FRAU LUIGI, giusta di procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 140/2006 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 09/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/05/2011 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato ROMANELLI GUIDO che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine il rigetto dei motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 17-11-1990. A.S., autotrasportatore, conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Cagliari, Z.D., gestore di un distributore AGIP, per sentirlo condannare al rimborso della somma di L. 31.000.000 – avendo questi abusivamente compilato e posto all’incasso tre assegni da lui firmati e consegnati allo Z., a garanzia di pagamento di un debito nei suoi confronti – alla restituzione di tre assegni protestati per mancanza di fondi, anch’essi come i precedenti, abusivamente compilati e posti all’incasso dallo Z., nonchè al risarcimento del danno.

Con altro atto di citazione, notificato il 26-11-1990, l’ A. conveniva in giudizio lo Z., in opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti per l’importo di L. 10.080.025; ne chiedeva la revoca, affermando di aver saldato anteriormente ogni debito nei confronti dello Z..

Costituitosi regolarmente il contraddittorio in entrambi i procedimenti, lo Z. chiedeva il rigetto della domanda, affermando che gli assegni non erano stati consegnati a titolo di garanzia, ma come mezzo ordinario di pagamento per debiti pregressi, per l’importo complessivo di L. 61.000.000, che erano stati compilati da lui stesso, alla presenza dell’ A. che li aveva sottoscritti;

precisava che quest’ultimo era ancora debitore nei suoi confronti per la somma di L. 30.000.000, corrispondente all’importo degli assegni protestati. Il Tribunale di Cagliari riuniva le cause e le istruiva con prove testimoniali ed interrogatorio formale dello Z., e, con sentenza 14-29/3/2004. accoglieva le domande dell’ A., revocando il decreto ingiuntivo opposto, e condannando lo Z. al pagamento della somma di L. 31.000.000, nonchè alla restituzione dell’importo di L. 13.038.000, somma versata dall’attore in corso di causa, ai fini di eventuale transazione.

Proponeva appello lo Z., chiedendo il rigetto di ogni domanda contro di lui proposta.

Costituitosi il contraddittorio, l’ A. chiedeva rigettarsi l’appello. La Corte d’Appello di Cagliari, con sentenza 17-3/9-5- 2006, rigettava l’appello.

Ricorre per cassazione lo Z., sulla base di dodici motivi.

Resiste, con controricorso, l’ A..

Lo Z. ha presentato memoria per l’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per ragioni sistematiche, si esamineranno dapprima i motivi primo, secondo ed ottavo.

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., R.D. n. 1736 del 1933, artt. 1 e 2 (art. 360 c.p.c., n. 3), sostenendo che la domanda di accertamento di abusivo riempimento del titolo non era stata formulata, mentre essa doveva costituire il necessario ed imprescindibile presupposto logico-giuridico della domanda di restituzione di somme di cui ai titoli contestati. Il motivo va rigettato, in quanto infondato.

Come chiarisce il giudice a quo, l’ A., fin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, aveva sostenuto che gli assegni in questione erano stati da lui consegnati allo Z. in bianco, con l’accordo di riempimento per un importo totale di L. 6.000,000. Affermava l’ A. che lo Z. aveva illecitamente e fraudolentemente compilato ed incassato gli assegni, in assenza di un rapporto sottostante che giustificasse l’incasso stesso. E’ evidente pertanto che nella domanda di restituzione della somma portata dagli assegni, era implicita quella di abusivo riempimento di essi.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2721 c.c.. Afferma il ricorrente che i limiti di valore stabiliti dal predetto articolo operano in pieno, quando il contratto è dedotto come fonte di reciproche obbligazioni. Ancora, il ricorrente precisa che appare violato il secondo comma, non tenendosi conto della prova scritta del credito, costituita dagli assegni.

Il motivo va rigettato, in quanto infondato.

Come è noto, l’art. 2721 c.c. esclude la prova testimoniale, quando il valore dell’oggetto dedotto superi (oggi) l’importo di Euro 2,58 (senza che sia stata mai effettuata rivalutazione, dall’entrata in vigore del codice civile). Il comma 2 del predetto articolo ammette peraltro la possibilità di prova, attribuendone la valutazione all’autorità giudiziaria, che dovrà considerare la qualità delle parti, la natura del contratto e ogni altra circostanza.

Il giudice a quo, richiamando argomentazioni della pronuncia di primo grado, precisa, con valutazione di fatto insuscettibile di controllo in questa sede, che ricorre la deroga al divieto di cui all’art. 2721 c.c., in quanto, considerata l’assenza totale di documentazione scritta, era da presumersi che le parti intendessero regolare verbalmente i loro rapporti commerciali.

Va per di più precisato che la letteralità del titolo (con l’importo portato dagli assegni) non impedisce certo, tra le parti del rapporto sottostante, di provare con ogni mezzo l’effettivo contenuto dell’accordo tra esse intervenuto (al riguardo tra le altre, Cass. n. 2677 del 1999).

E’ appena il caso di precisare che, una volta superato il divieto, non si ravvisano limiti all’ammissibilità della prova, e dunque potrà provarsi per testi anche l’esistenza di un contratto, come fonte di reciproche obbligazioni (nella specie, la sussistenza di un rapporto di garanzia).

Con l’ottavo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1988 e 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3).

Il quesito di diritto, di cui all’art. 366 bis c.p.c., abrogato ma ancora operante per i rapporti pregressi, appare inadeguato, e il motivo va pertanto dichiarato inammissibile.

Precisa il ricorrente, nel predetto quesito, che ove la parte agisca in giudizio, assumendo di non essere tenuta a pagare un assegno bancario, privo di efficacia cartolare ed al quale venga conseguentemente attribuito valore di promessa di pagamento, ma non sia dimostrato dall’attore l’abusivo riempimento dell’assegno stesso relativamente all’importo, viola le norme degli artt. 1218, 2697 e 1988 c.c. la decisione che consideri estinto il debito senza che sia stata fornita, in causa, la prova dell’avvenuto pagamento della somma portata dall’assegno.

Non considera il ricorrente che la sentenza impugnata precisa, con chiarezza, che è stata raggiunta piena prova, fornita dall’ A., dell’estinzione di ogni debito nei confronti dello Z. per avvenuto pagamento, e dunque dell’attuale inesistenza del rapporto giuridico sottostante. E’ evidente che, a questo punto.

l’asserita violazione di legge si converte necessariamente in vizio di motivazione. Avrebbe dovuto il ricorrente formulare una sintesi (come indicato da giurisprudenza consolidata: per tutte, Cass. n. 2694 del 2008), con riferimento al fatto controverso (nella specie la prova dell’insussistenza del rapporto sottostante) e la sua rilevanza ai fini della decisione, “sintesi” del tutto mancante. Tutti gli altri motivi attinenti a vizi di motivazione, stante l’assenza delle “sintesi”, come sopra indicate, vanno dichiarati inammissibili.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese de presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2011

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