Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18855 del 26/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 26/09/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 26/09/2016), n.18855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28218/2010 proposto da:

I.N.S.P. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale del l’Istituto rappresentato e difeso dagli

avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.A.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE ANGELICO 97, presso lo studio dell’avvocato DANIELA INCALZA,

rappresentata difesa dall’avvocato GIANLUCA SERRA, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA DELLE FINANZE, C.f. (OMISSIS), COMUNE DI

TORRE S SUSANNA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2065/2010 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 20/07/2010 R.G.N. 3293/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilltà o rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7.7 – 20.7.2010 la Corte d’appello di Lecce, in parziale accoglimento dell’appello proposto da P.A.L. avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi in data 24.9.2007 (nr. 2244/2007) – con la quale era stata respinta la domanda dell’appellante per il riconoscimento del diritto alla pensione di invalidità civile – dichiarava il diritto della P. a percepire la prestazione assistenziale dall'(OMISSIS).

La Corte territoriale condivideva le valutazioni medico legali operate dal consulente tecnico nominato in grado di appello, che aveva fatto risalire lo stato di totale invalidità a circa un anno e mezzo prima della sua valutazione in ragione del carattere progressivo-evolutivo del quadro patologico.

Rilevava che il requisito reddituale era stato provato con la esibizione del certificato della Agenzia delle Entrate di Brindisi del 26.4.2010.

Per la Cassazione della sentenza ricorre l’INPS, articolando un unico motivo.

Resiste con controricorso P.A.L..

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo l’INPS denunzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione degli artt. 345, 414, 416, 420, 434 e 437 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., della L. n. 118 del 1971, art. 12 nonchè – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Censura la sentenza per avere ritenuto provato il requisito reddituale della prestazione assistenziale sulla base di un documento prodotto in appello, omettendo di rilevare la decadenza dalla produzione di documenti in cui la parte era incorsa.

I documenti avrebbero potuto essere acquisiti quanto meno all’atto del deposito del ricorso in appello (in data 4.12.2007) mentre l’esercizio dei poteri officiosi del giudice in materia di ammissione delle prove era subordinato ad una specifica richiesta della parte e doveva essere sorretto da adeguata motivazione, requisiti entrambi carenti.

Sotto il profilo del vizio motivazionale l’Istituto censura la carenza di una motivazione atta a giustificare la produzione tardiva dei documenti.

Il motivo è infondato.

Giova premettere, in conformità con una consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cassazione civile, sez. un., nr. 8203/2005 – nr. 2379/2007; nr. 6753/2012; nr. 9707/2013 nr. 20614/2013), che nel rito del lavoro, caratterizzato da un ruolo del giudice accentuato ed incisivo nella direzione e nell’impulso del processo, l’ammissione in appello ad opera del giudice di nuovi mezzi di prova, per essere espressione del suo potere d’ufficio non è condizionata da una espressa richiesta in tali sensi della parte interessata (cfr. art. 437, comma 2, “…Non sono ammessi nuovi mezzi di prova… salvo che il collegio, anche d’ufficio, li ritenga indispensabili….”).

Peraltro nella fattispecie di causa la richiesta di parte era implicitamente contenuta nella richiesta di rinvio formulata dalla difesa dell’appellante alla udienza del 21.4.2010 per la integrazione della documentazione del reddito, seguita dalla presentazione, nella udienza a tal fine fissata (udienza del 7.7.2010), della certificazione della Agenzia delle Entrate rilasciata il 26.4.2010.

Il Collegio nel consentire la produzione ha poi correttamente esercitato il suo potere di ammettere – ex art. 437 c.p.c. – documenti indispensabili alla decisione.

Deve in questa sede darsi continuità al principio già ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. civ., Sez. lav. 4/05/2012 nr. 6753; 26/05/2010, n. 12856; 05/02/2007, n. 2379; 10/01/2005, n. 278) secondo cui nel rito del lavoro, e in particolare nella materia della previdenza e assistenza, stante l’esigenza di contemperare il principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale, allorchè le risultanze di causa offrono significativi dati di indagine, il giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 c.p.c., ove reputi insufficienti le prove già acquisite, può in via eccezionale ammettere, anche d’ufficio, le prove indispensabili per la dimostrazione o la negazione di fatti costitutivi dei diritti in contestazione, sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati o contestati e sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti, meritevoli di approfondimento.

Nella fattispecie di causa risultava prodotto in primo grado il CUD dell’anno 2003 sicchè il requisito reddituale non era del tutto sfornito di dimostrazione.

Nè può tacersi che il requisito economico è soggetto a variazione nel corso del giudizio sicchè la indispensabilità della prova si poneva proprio in relazione al momento della decisione, in cui veniva acquisito il certificato dei redditi aggiornato; anzi una documentazione prodotta unitamente all’atto di appello, come preteso dalla parte ricorrente, sarebbe stata inidonea alla prova giacche nella fattispecie di causa la decorrenza del diritto veniva fissata in epoca (dal settembre 2008) successiva alla proposizione dell’appello (ricorso depositato in data 4.12.2007).

Quanto alle censure sollevate sotto il profilo del difetto di motivazione, deve convenirsi sul rilievo che l’uso dei poteri istruttori da parte del giudice del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli art. 421 e 437 c.p.c., costituisce un potere-dovere del cui esercizio – o mancato esercizio – il giudice è tenuto a dar conto sicchè esso è suscettibile di sindacato in sede di legittimità tanto sotto il profilo del controllo sulla motivazione quanto sotto quello della violazione o falsa applicazione di legge (Cassazione civile, sez. un., 17/06/2004, n. 11353); tuttavia, per idoneamente censurare in sede di ricorso per cassazione la motivazione sul punto occorre allegare il fatto controverso e decisivo rispetto al quale sussiste la lacuna motivazionale.

Nella fattispecie di causa,invece, la parte ricorrente non indica un fatto processuale controverso e decisivo rispetto al quale sussisterebbe la insufficienza della motivazione.

Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti della parte costituita.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese nei confronti di P.A.L. che liquida in Euro 100 per spese ed Euro 2.600 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione al difensore.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2016

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