Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18853 del 12/07/2019

Cassazione civile sez. I, 12/07/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 12/07/2019), n.18853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26924/17 proposto da:

H.O., elettivamente domiciliato in Parma, vicolo dei Mulini

n. 6, presso l’avvocato Claudio Defilippi, che lo rappresenta e

difende in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno 6.6.2017 n. 550;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9

maggio 2019 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. H.O., cittadino nigeriano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4, il riconoscimento della “protezione internazionale” (il ricorso non precisa se D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 o ex art. 14).

Secondo quanto riferito nel ricorso, a fondamento dell’istanza dedusse di essere stato sorpreso “dai vicini” mentre aveva rapporti omosessuali; di essere stato picchiato per questa ragione; che la persona che si trovava insieme a lui era deceduta a causa delle percosse ricevute; che “data la propria situazione” aveva deciso di lasciare la Nigeria; che temeva per la propria vita se fosse rientrato in Nigeria.

2. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

Avverso tale provvedimento H.O. propose opposizione dinanzi al Tribunale di Salerno, che la rigettò con ordinanza del 15.3.2016.

L’ordinanza venne impugnata dal soccombente.

3. La Corte d’appello di Salerno, con sentenza 6.6.2017, rigettò il

gravame.

La Corte d’appello ritenne che:

-) il racconto del ricorrente non era coerente, nè attendibile; in particolare, non vi era coincidenza tra la data di nascita del ricorrente e l’età che questi aveva dichiarato di avere all’epoca dei fatti;

-) il ricorrente indicò, quale data di svolgimento dei fatti, un momento addirittura successivo alla data indicata quale momento di partenza dalla Nigeria;

-) il ricorrente era rimasto orfano, per sua stessa ammissione, in età adulta, e ciò rendeva implausibile la sua allegazione di essere stato accolto e sovvenuto dall’uomo col quale aveva avuto relazioni sessuali;

-) il ricorrente aveva dichiarato di non essere omosessuale, e ciò escludeva il rischio di persecuzioni per tale ragione;

-) non sussisteva, infine, nè il pericolo di “danno grave” di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, per la concessione della protezione sussidiaria, nè i motivi residuali che potessero giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

4. La sentenza è stata impugnata per cassazione da H.O. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Questioni preliminari.

1.1. Prima di esaminare il merito delle censure proposte dal ricorrente, va rilevata l’irricevibilità della memoria di cui all’art. 380 bis 1 c.p.c., spedita dal ricorrente per posta, e pervenuta l’8.5.2019.

Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che nel giudizio di legittimità le memorie ex art. 380 bis c.p.c. non possono essere depositate a mezzo posta, poichè a tale giudizio non è applicabile l’art. 134 disp. att. c.p.c., dettato esclusivamente per il deposito del ricorso e del controricorso (ex multis, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8835 del 10/04/2018, Rv. 648717 – 01).

1.2. Va altresì rilevato, in via preliminare, che il ricorso è stato notificato all’Avvocatura Distrettuale dello Stato, invece che

all’Avvocatura Generale, in violazione del precetto di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11, comma 1.

Tuttavia poichè, per quanto si dirà, il ricorso va dichiarato improcedibile, è inutile ordinare la rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c., in virtù del principio di economia dei giudizi e ragionevole durata del processo (cfr., per la prima affermazione del principio, già Sez. 1, Sentenza n. 2823 del 06/05/1985, Rv. 440586/01).

2. Improcedibilità del ricorso.

2.1. Il ricorso per cassazione è stato notificato per mezzo della posta elettronica certificata.

Le regole sul processo civile telematico sono ancora inapplicabili al giudizio di legittimità, e di conseguenza dinanzi alla Corte di cassazione è ancora necessario il deposito di copie cartacee (che la legge e la prassi definiscono “analogiche”) di tutti gli atti processuali.

Dinanzi la Corte di cassazione, pertanto, se gli atti processuali sono stati formati e trasmessi con modalità informatiche, la produzione in giudizio deve avvenire:

(a) stampando e depositando il documento elettronico;

(b) attestando, da parte del difensore, che la copia depositata è conforme all’originale.

Quando, perciò, il ricorso per cassazione sia notificato per mezzo della posta elettronica certificata, il ricorrente deve assolvere l’onere di deposito di cui all’art. 369 c.p.c., depositando:

(a) il ricorso;

(b) il messaggio di posta cui era allegato;

(c) la relazione di notificazione;

(d) la ricevuta di avvenuta consegna;

ed attestando con sottoscrizione autografa la conformità di tutti i suddetti documenti ai rispettivi originali.

Tutti i principi appena riassunti sono già stati ripetutamente affermati da questa Corte, ed in particolare da Sez. U, Sentenza n. 22438 del 24/09/2018, Rv. 650462 – 01, la quale ha affermato che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ex L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter, della o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, è improcedibile a meno che il controricorrente, anche tardivamente costituitosi, non depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale notificatogli ex D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23, comma 2.

2.2. Nel caso di specie, la copia del ricorso depositato dal ricorrente è corredata dalla relata di notifica e dalla ricevuta di accettazione, ma tutti questi documenti recano in calce la dichiarazione di conformità all’originale non sottoscritta dal difensore, richiesta dal combinato disposto della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, commi 1-bis ed 1-ter, a norma dei quali:

(a) in tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1 bis;

(b) la L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1-bis prescrive che quando non si possa depositare telematicamente un atto telematicamente notificato, “l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte”.

Il ricorso quindi va considerato privo di una valida dimostrazione della sua avvenuta notificazione, e va dichiarato improcedibile.

2.3. Ad abundantiam, ritiene utile il Collegio in ogni caso rilevare che:

(a) il primo motivo, se lo si fosse potuto esaminare nel merito, sarebbe stato comunque inammissibile, in quanto ha prospettato un vizio di omesso esame del fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, nonostante nel merito vi fosse stata una doppia decisione conforme, il che impedisce la censura di omesso esame del fatto, ex art. 348 ter c.p.c., comma 5, applicabile agli appelli proposti dopo l’11.9.2012 (Sez. 5 -, Ordinanza n. 11439 del 11/05/2018, Rv. 648075 – 01);

(b) il secondo motivo, se lo si fosse potuto esaminare nel merito, sarebbe stato del pari inammissibile, in quanto ha prospettato un vizio (quello di “insufficiente e contraddittoria motivazione”) che non è più denunciabile in sede di legittimità, salve le residue ipotesi ammesse da Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, e cioè la mancanza di motivazione anche come “segno grafico”, la motivazione totalmente incomprensibile, o la motivazione insanabilmente contraddittoria, nessuna delle quali sussistente nel caso di specie.

3. Le spese.

3.1. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

3.2. La circostanza che la parte ricorrente sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del decreto sopra ricordato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826 – 01).

P.Q.M.

La Corte di cassazione:

Dichiara improcedibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di cassazione, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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