Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18851 del 30/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/08/2010, (ud. 23/06/2010, dep. 30/08/2010), n.18851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ESSEBI GESTIONE MENSE PUBBLICHE ED AZIENDALI S.r.l., in persona del

legale rappresentante pro tempore, Sig.ra S.R.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Pietro Borsieri n. 3, presso

lo studio dell’Avv. Giuseppe Corapi, rappresentata e difesa dall’Avv.

RENATO SIMONE del foro di Avezzano, per procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma,

Via della Frezza 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’istituto,

rappresentato e difeso, tanto congiuntamente che disgiuntamente,

dagli Avv.ti CORETTI Antonietta, Lelio Maritato e Fabrizio Correra

per procura in atti;

– costituito con procura –

per la cassazione della sentenza n. 216/06 della Corte di Appello

L’Aquila del 23.02.2006/9.03.2006 nella causa iscritta al R.G. n. 965

dell’anno 2004.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23.06.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Ludovico Grassi, per delega dell’Avv. Renato Simone, per

il ricorrente e l’Avv. Antonino Sgroi, per delega dell’Avv. Lelio

Maritato. Per L’INPS;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. FUCCI

Costantino, che ha concluso per l’inammissibilità o estinzione per

rinuncia e, in subordine, per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Essebi Gestioni Mense Pubbliche Aziendali S.r.l. impugnava la sentenza del Tribunale di Avezzano n. 214 del 2004, che aveva respinto l’opposizione di tale società avverso il decreto ingiuntivo n. 561 del 1995, con cui era stato intimato ad essa società il pagamento a favore dell’INPS di somma pari a L. 70.843.467 per contributi e somme aggiuntive ex L. n. 48 del 1988, art. 4, comma 1, lett. A) e comma 2 per il periodo 1.03.1992/31.05.1994.

Il Tribunale rigettava l’opposizione, rilevando che lo sgravio decennale, di cui al D.P.R. n. 218 del 1978, art. 59, comma 9, era stato sostituito con lo sgravio annuale D.L. n. 71 del 1993, ex art. 1, comma 2 (convertito nella L. n. 151 del 1993).

L’appellante riproponeva le doglianze già mosse in primo grado contro il decreto ingiuntivo, che la Corte di Appello di L’Aquila con sentenza n. 216 del 2006 disattendeva, osservando che alla fattispecie dell’occupazione di lavoratori assunto dopo il 1.12.1991 non era più applicabile il precedente sgravio decennale, ma quello annuale, introdotto con la richiamata normativa del 1993.

La stessa Corte rilevava che era infondata anche l’altra censura circa la non applicabilità delle sanzioni e somme aggiuntive della L. n. 388 del 2000, ex art. 116, comma 18, in quanto il meno gravoso regime sanzionatorio non faceva venir meno quello precedente al 30.09.2000.

La Essebi ricorre per cassazione con due motivi.

L’INPS si è costituito con procura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare è da disattendere la richiesta della ricorrente, contenuta nell’atto 18 giugno 2010, depositato il 19 giugno 2010 volta ad ottenere pronuncia di estinzione del giudizio di cassazione per rinuncia al ricorso.

L’atto di rinuncia risulta infatti reso dal difensore invece che dalla parte, come prescrive l’art. 390 cod. proc. civ., nè il difetto di legittimazione è sanato dall’apposizione di un timbro con la ragione sociale della ricorrente, accompagnato da una firma, che per illeggibilità e per assenza di indicazioni sul timbro, non permette di riconoscere nè la persona nè la qualifica dell’autore.

2. Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 59, comma 9 e della L. n. 151 del 1993, art. 1.

Sostiene al riguardo che il legislatore, contrariamente a quante ritenuto ex adverso non ha voluto far discendere automaticamente dall’introduzione dello sgravio annuale la soppressione di quello decennale, che trova applicazione in settori più larghi (compreso quello in cui opera essa ricorrente) e non già solo nel settore industriale, cui si applica lo sgravio annuale.

La ricorrente aggiunge che l’impugnata sentenza non ha tenuto conto soprattutto della relazione di accompagnamento del Senato della Repubblica. Il Commissione permanente del 14.03.1993, che non conferma affatto la tesi dell’abrogazione dello sgravio totale decennale.

La Essebi tiene a sottolineare inoltre che i due sgravi decennale ed annuale sono perfettamente compatibili fra loro avendo finalità diverse e settori di intervento diversi, e rimarca anche la diversità delle date di riferimento per la verifica dell’incremento dell’occupazione (L’una il 30.06.1976 e l’altra il 30.1.1.1991).

La Essebi trae ulteriori argomenti al suo assunto da D.M. 5 agosto 1994 (emanato su delega del Parlamento della L. n. 21 del 1994, ex art. 2), che provvede alla definizione all’attribuzione degli sgravi contributivi di cui all’art. 59 T.U. n. 218 del 1978: da ciò deduce che tale norma era considerata ancora vigente, non potendo ritenersi abrogata tacitamente.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha affrontato e risolto il contrasto insorto sulla questione, che a ricorrente ha sollevato con l’esposto motivo, enunciando il principio secondo cui il nuovo sistema dello sgravio contributivo totale introdotto con il D.L. n. 71 del 1993, art. 1, comma 2 (convertito nella L. n. 151 del 1993) ha sostituito quello regolato dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 59, comma 9, essendo stata la nuova disposizione di legge dettata per disciplinare una materia già regolata dalla legge precedente, la cui abrogazione è quindi intervenuta per manifesta incompatibilità, ai sensi dell’art. 15 preleggi.

La stessa Corte ha escluso, in base al generale criterio ermeneutico di cui all’art. 12 preleggi, che nel momento in cui ha dettato una disciplina inerente allo sgravio totale ed in relazione a fattispecie, che potrebbe, in teoria, essere regolata non solo dalla norma sopravvenuta, ma anche dalla precedente, abbia inteso creare un sistema di “doppio binario”, che consentirebbe che l’imprenditore, a suo piacimento, possa scegliere la disciplina a lui più favorevole.

La conclusione è quindi nel senso che la proroga generalizzata fino al periodo in corso al 31 maggio 1993 prevista dal D.L. n. 71 del 1993, art. 1, comma 1, non riguarda lo sgravio totale decennale di cui al citato D.P.R. n. 218 del 1978, art. 59, comma 9 (Cass. S.U. n. 11252 del 18 luglio 2003 seguita da Cass. n. 13211 del 22 maggio 2008: in precedenza Cass. 3082 del 2001 difforme).

Orbene la Corte aquilana ha ritenuto di adeguarsi al richiamato orientamento, che si ritiene di condividere, tenendo conto dell’incompatibilità dei due regimi, posto che lo sgravio totale annuale si differenzia da quello precedente sia con riferimento alle categorie destinatane (solo imprese industriali) sia con riferimento alla durala (da dieci anni ad un anno) sia alla data delle assunzioni (1.12.1991-30.11.1992, poi esteso al 30.6.1994) che dell’incremento occupazionale (30.11.1991).

2. Con il secondo motivo la ricorrente, nel dedurre violazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 18, e vizio di motivazione, sostiene che l’impugnata decisione ha errato nel ritenere che il sopravvenuto e meno gravoso regime delle sanzioni non facesse venir meno quello precedente al 30.09.2000.

Anche questa censura non ha pregio e va disattesa, giacchè il giudice di appello ha fatto proprio su punto l’orientamento espresso da questa Corte, che ha interpretato la norma anzidetta nel senso della sua non applicabilità alle vicende precedenti alla sua entrata in vigore (cfr Cass. S.U . n. 4808 del 7 marzo 2005: Cass. n. 14771 del 2005. Cass. n. 6972 del 2004).

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Ricorrono giustificate ragioni per compensare le spese del giudizio di cassazione, in considerazione del fatto che l’INPS ha svolto ridotta attività difensiva, essendosi limitato a depositare procura ed avendo discusso su questioni già più volte definite da questa Corte.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Cosi deciso in Roma il 23 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2010

 

 

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