Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18851 del 03/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 03/07/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 03/07/2021), n.18851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4102/2015 R.G. proposto da:

Plasitlux srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Puccioni e Francesco

Senaldi, con domicilio eletto in Roma, via Alessandro Vessella n. 30

presso lo studio del primo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 5749/14/2014, depositata il 7 novembre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 marzo

2021 dal Consigliere Enrico Manzon.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Lombardia, quale giudice del rinvio, rigettava l’appello proposto dalla Plastilux srl avverso la sentenza n. 117/1/08 della Commissione tributaria provinciale di Varese che ne aveva parzialmente accolto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2003.

La CTR osservava in particolare che, cassata con rinvio la prima sentenza di appello avverso detta decisione della CTP varesina per vizio motivazionale, il punto nodale della questione devoluta in appello e più in generale dell’impugnazione dell’atto impositivo de quo, era la determinazione della percentuale di ricarico sul costo del venduto e che quella operata dall’agenzia fiscale doveva considerarsi corretta, basandosi sulle stesse dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società contribuente in ordine al diverso (minore) margine di guadagno concretizzabile nella vendita di sacchi per rifiuti rispetto a quello (maggiore) derivante dalla vendita di altri prodotti ottenuti con materia prima non riciclata.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Plastilux deducendo tre motivi, poi illustrati con una memoria.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), poichè la CTR ha ritenuto valida la percentuale di ricarico determinata dall’agenzia fiscale, esclusivamente basandosi sulle dichiarazioni rese dal legale rappresentante della ricorrente medesima in ordine alla diversa, minore/maggiore, redditività della lavorazione con utilizzo di materia prima riciclata (sacchi per rifiuti) ovvero con materia prima “vergine” (gli altri prodotti), senza invece ricorrere all’utilizzo di una “media ponderata” rappresentativa del complesso delle merci prodotte/vendute dall’azienda verificata, non considerando infine la modestia dello scostamento tra i ricavi accertati e quelli dichiarati (4,63%).

La censura è fondata.

Va anzitutto ribadito che “In tema di accertamento dell’IVA, per presumere l’esistenza di ricavi superiori a quelli contabilizzati ed assoggettati ad imposta, non bastano semplici indizi, ma occorrono circostanze gravi, precise e concordanti. Ne consegue che non è legittima la presunzione di ricavi, maggiori di quelli denunciati, fondata sul raffronto tra prezzi di acquisto e di rivendita operato su alcuni articoli anzichè su un inventario generale delle merci da porre a base dell’accertamento, nè si rende legittimo il ricorso al sistema della media semplice, anzichè a quello della media ponderale, quando tra i vari tipi di merce esiste una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentano una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio” (Cass., n. 4312 del 04/03/2015, Rv. 635062 – 01; Cass. n. 13319/2011).

La sentenza impugnata è chiaramente contrastante con tale principio di diritto.

La pronuncia infatti basa la sua argomentazione circa la correttezza della determinazione della percentuale di ricarico applicata dall’agenzia fiscale – esclusivamente – sulle dichiarazioni rese, in sede di contraddittorio endoprocedimentale, da A.G., legale rappresentante della società contribuente verificata.

Tuttavia a tali dichiarazioni non può attribuirsi, come invece il giudice tributario di appello ha fatto, un valore probatorio sostitutivo del criterio della “media ponderata”, consolidatamente ritenuto nella giurisprudenza di questa Corte quale criterio indefettibile per avvalorare la ricostruzione induttiva indiziaria della percentuale di ricarico sul costo del venduto.

L’ A. infatti si è limitato ad asseverare che “Il margine di guadagno sui sacchi dei rifiuti è inferiore in quanto è ottenuto con materiale più povero, attraverso un processo di lavorazione più elementare e con un valore aggiunto più basso”.

Trattasi all’evidenza di dichiarazioni generiche, le quali appunto non possono ritenersi, come invece ha opinato la CTR lombarda, di per sè sole idonee a reggere una determinazione coinvolgente i ricavi nel loro complesso, pacifico che comunque le stesse si riferiscono ad una parte nettamente minore (11%) del costo del venduto.

E non può certo considerarsi a tal fine determinante il fatto che l’applicazione della percentuale ipotizzata per questa parte del fatturato aziendale nel periodo d’imposta de quo sia stata estesa, più favorevolmente, alla parte, maggiore, del fatturato.

Ciò in quanto la determinazione percentuale ipotizzata dall’Ente impositore (104,55%) non ha in ogni caso una base determinata secondo il criterio della “media ponderata”, bensì della “media semplice”, il che appunto non è un metodo di calcolo idoneo a fornire una presunzione “grave, precisa, concordante”, quale quella richiesta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nonchè dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, per poter legittimamente rettificare con metodo analitico-induttivo il reddito di impresa ed il volume d’affari dichiarati dai contribuenti.

Da ultimo va in ogni caso rilevato che la portata probatoria della induzione dell’agenzia fiscale sulla percentuale di ricarico non è nemmeno supportata dal risultato finale, posto che lo scostamento “dichiarato/accertato” è – pacificamente – appena del 4,63%, il che rende appunto ancor meno verosimile la presunzione affermata dall’agenzia fiscale stessa.

L’accoglimento del primo motivo è assorbente dei restanti due (rispettivamente, vizio motivazionale e violazione/falsa applicazione di legge in relazione alla mancata considerazione delle difese in sede amministrativa della società contribuente e violazione/falsa applicazione del principio generale codicistico sull’onere della prova in ordine alle quantità di “venduto” ri-determinate induttivamente dall’agenzia fiscale).

In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti il secondo ed il terzo, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito, deve essere accolto il ricorso introduttivo della lite nella parte ancora oggetto di giudizio.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti il secondo ed il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo della lite nella parte ancora oggetto del giudizio.

Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2021

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